Zerocalcare

Zerocalcare, «Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia»
e «Strappare lungo i bordi»

Zerocalcare. Le rivolte delle persone detenute nelle carceri italiane
(in particolare in quelle di Rebibbia e Santa Maria Capua Vetere)
a seguito del dilagare dell’emergenza sanitaria da covid-19,
le proteste di un gruppo di semplici cittadini
contro la chiusura di un presidio di sanità territoriale
in piena periferia romana,

la cosiddetta cancel culture
con le conseguenze – a volte distorte – che ne derivano,
il bombardamento in un campo profughi del Kurdistan iracheno,
la lunga digressione sulla vita.

Sono cinque i “capitoli” in cui è suddiviso
l’ultimo pregevole lavoro di Zerocalcare,
all’anagrafe Michele Rech, classe 1983,
fumettista di successo, nonché autore
e interprete di un corto animato di altrettanta fortuna.

E sono pure cinque i temi – non a caso,
quelli appena richiamati – che vengono affrontati
in Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia
(Milano, Bao Publishing, 2021, pagine 224, euro 18),

raccolta di tavole e disegni già pubblicati, da dicembre 2020
a luglio 2021, da Zerocalcare (Michele Rech)
su riviste quali «Internazionale» e «L’Espresso»
(soltanto Il castello di cartone risulta essere inedito).

Perché, dunque, il volume piace?
Non c’è dubbio.

In primis, Zerocalcare riesce a raccontare – per immagini
e sì, pure tramite le parole – fatti di vita quotidiana
verso cui spesso si rimane indifferenti
(è bello che il fumettista vada lì
dove accadono le cose
e poi le metta nero su bianco)

e verso cui le giovani generazioni – che poi sono principalmente
il target di pubblico “raccolto” da Zerocalcare (Michele Rech) –
possono (finalmente) approcciarsi,
maturando una propria opinione,
stimolando il confronto con l’altro, con gli altri.

Poi, ancora, in riferimento al secondo motivo
per il quale l’ultimo libro a fumetti di Zerocalcare interessa
(certo, ci sarebbero alcune riserve
sul linguaggio utilizzato
e che lo stesso fumettista definisce «sporco»
poiché trattasi di quello «parlato»)

sta nel messaggio finale che vi ricorre
e che attiene, lo si accennava, alla vita.

Vita intesa come dono; vita da affrontare appieno,
nonostante le ansie, i dubbi, le paure.

Un concetto, questo, che, tra l’altro, è presente,
oltre che nelle prime pubblicazioni
(basti pensare al libro d’esordio,
del 2011, La profezia dell’armadillo),

anche nella serie tv Strappare lungo i bordi,
firmata sempre da Zerocalcare,
prodotta da Movimenti Production
in collaborazione con Bao Publishing
e disponibile dallo scorso novembre su Netflix

(il prodotto animato è stato pure presentato, in anteprima,
al Festival del cinema di Roma nel mese di ottobre).

Ebbene, in sei episodi, di circa 20 minuti ciascuno,
nella serie – parimenti a ciò che accade
in Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia
ci si focalizza su quei fatti “importanti”,
fatti che hanno strascichi
a livello sociale e a livello politico

(dal G8 di Genova,
passando per il precariato e la crisi finanziaria,
fino alle tematiche di genere e ai migranti),
per poi focalizzarsi sull’esistenza.

L’esistenza, cioè, di chi è trentenne
e quindi Millennials e, tra l’ascolto
di Clandestino di Manu Chau
e Sere nere di Tiziano Ferro,
guarda i “mondi” perfetti e vincenti degli altri,
vergognandosi del proprio.

Sempre in Strappare lungo i bordi,
il protagonista Zero – accompagnato dagli amici Secco
e Sarah e dall’immancabile armadillo,
che altro non è che la sua coscienza
(la voce è quella di Valerio Mastandrea) –

si mette in cammino, da Roma a Biella,
per prendere parte a un appuntamento
a cui non può mancare e che ha a che fare
con l’abisso delle rispettive delusioni,
aspettative mancate, timori e struggimenti:

per tutto il gruppo, compiere questo viaggio
che è anche introspettivo, in altre parole,
sarà catartico perché gli aprirà gli occhi
e farà in modo che guardino se stessi
in modo più indulgente.

Tra citazionismo pop e molta ironia,
anche lo spettatore, come il lettore,
insieme ai personaggi che si muovono sulla scena,
si rende conto di essere come quei
«fili d’erba in un grande prato»,

dunque di non essere invincibile
e di poterselo perdonare;
di potersi perdonare, più in particolare,
il fatto di non aver saputo, negli anni,
strappare, con meticolosità e precisione, lungo i bordi
e di non aver saputo ancora trovare
un posto nel mondo.

Ecco la ragione ultima per cui Zerocalcare piace:
pone al centro del suo interesse,
e ce n’è davvero bisogno
in una società come quella attuale,
coloro che non sono considerati “vincenti”.

Nella serie tv, come nell’ultimo libro,
c’è, infatti, chi perde,
i “rifiuti”, gli “scarti” e gli “scartati”,
chi, insomma, è un po’ “ammaccato” dagli eventi
e a cui il fumettista sembra dire:

«Vai bene così come sei,
perché, alla fine,
la vita l’hai affrontata di petto,
non hai scelto di non vivere
e a, ogni modo, le cicatrici contano,
sono realmente importanti.

La cosa da evitare sta, al contrario,
nel non mettersi in gioco,
con la paura di fallire».

C’è una frase, in ultima analisi,
nella parte conclusiva
di Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia
che è emblematica e suona così:

«Uno pensa che nella vita a volte
devi fare un salto nel vuoto,
per vedere come va avanti.
Come se la vita e il salto
fossero due cose diverse.

Ma non funziona così.
La vita è quel salto (…).
È quella caduta.
La vita.

Sono tutti gli altri momenti,
quelli in cui non salti,
che si dovrebbero chiamare in un altro modo».

Imperdibile libro.
Per chi vuole conoscere ciò che succede
lontano dal proprio divano; per chi
vuole riprendere in mano la propria vita;
per chi vuole imparare dai propri sbagli
e soprattutto dai propri rimpianti.

Enrica Riera, «Le cicatrici contano.
”Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia”
e “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare»,
in “L’Osservatore Romano”, martedì 4 gennaio 2022, p. III.

Foto: Copertina di Zerocalcare,
Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia /
baopublishing.it

Lascia un commento