Yalta 5 – Due tragedie in matita blu
Polonia e Grecia: Storie opposte e parallele
di due vittime di Yalta
È la storia paradossale
degli unici vincitori-vinti.
Colpa di Churchill.
Uno storico, Krzysztof Pomian,
la spiega così
Yalta 5 – Ricca di storia
e povera di geografia.
Il dramma della Polonia
sta racchiuso
in questa contraddizione
che la Seconda guerra mondiale
ha mostrato
in un modo terribile e crudele.
Nel ’45 a Yalta
era naturale
che si parlasse soprattutto
della questione polacca
(su otto incontri fra i Grandi
sette furono dedicati
a questo argomento).
Cos’è oggi Yalta
per i polacchi
del dopo-Solidarnosc?
Ne abbiamo parlato
con Krzysztof Pomian,
già leader del movimento
degli studenti di Varsavia
nel ’56,
escluso
dall’università nel ’68
ed emigrato
in Francia nel ’73.
Storico e sociologo
Pomian è autore
di molti saggi
(l’ultimo,
Polonia sfida all’impossibile
è stato pubblicato in italiano
da Marsilio)
ed è direttore di ricerche
al Cnrs di Parigi.
Yalta 5
“Il Sabato”:
La Polonia
fu definita a Yalta
dai tre Grandi
«il mal di testa dell’Europa».
Lo è ancora oggi?
Krzysztof Pomian:
Forse
non è considerata da tutti
un mal di testa
ma certo esiste ancora
una questione polacca
sostanzialmente aperta.
E questo
per due ragioni.
La prima
è di ordine obiettivo:
la Polonia
presa in una tenaglia
fra Russia e Germania
è sempre stata vista
come un ostacolo
alle loro rispettive politiche.
Oggi i rapporti
fra Germania Federale
e Unione Sovietica
non sono paragonabili
a quelli intercorsi
nella prima metà
del secolo
ma questo non impedisce
che la questione polacca
dia fastidio.
Tutte le volte che Bonn
vuole andare incontro
a Mosca
non può evitare
di trovarsi davanti
Varsavia.
È un dato di fatto.
Vi è poi una ragione
che chiamerei soggettiva
e riguarda il comportamento
dei polacchi che non hanno
mai accettato passivamente
questa situazione.
Per essere chiari:
il mio Paese è l’unico
della coalizione antinazista
che dalla guerra
è uscito come vinto
e non come vincitore.
Se al popolo polacco
non si dà la possibilità
di autodeterminazione
la questione polacca
rimarrà sempre irrisolta.
***
Yalta 5 – “Il Sabato”:
A Yalta Churchill
pose la questione
in termini di onore.
La Gran Bretagna, disse,
non poteva permettere
che la Polonia
non godesse della libertà
e dell’autogoverno.
Stalin rispose
che per i russi
non era solo
questione d’onore
ma anche di sicurezza.
Il contrasto
fra richiesta di libertà
ed esigenze di sicurezza
può spiegare ancora oggi
il dramma polacco?
Pomian: Prima di tutto
vorrei dire
che sulla Polonia
Churchill avrebbe fatto meglio
a tacere quanto all’onore.
Se è esistito uomo politico
che a Yalta è apparso
indietro di un’epoca
è stato proprio
il leader inglese.
Churchill continuava
a pensare i problemi
nei termini
dell’impero britannico
che ormai non esisteva più.
Si è illuso
di essere padrone
di colonie scambiabili
con quelle
di un altro padrone.
Dico questo
pur riconoscendo
i suoi grandi meriti
nei primi anni
del conflitto mondiale.
***
Yalta 5 – Ma per venire
alla domanda:
in nessun modo credo
che oggi il problema polacco
costituisca una sfida
alla sicurezza dell’Urss.
Forse un tempo
si potevano avere
certe apprensioni,
ad esempio nel 1920
(ma non ne sarei
così sicuro).
Oggi è comunque
fuori discussione:
nessuno si sogna di mettere
delle basi americane
sul territorio polacco.
Si vuole solo
l’indipendenza del Paese.
Ci sono
degli esempi storici
nel dopoguerra:
per la Finlandia
e l’Austria si è trovata
una soluzione soddisfacente,
sia in termini
di sicurezza per l’Urss
che in termini di libertà
per i due Paesi.
Da trent’anni
questa soluzione funziona.
La Polonia invece
è sottomessa
al dominio comunista
nella versione
dell’espansionismo sovietico.
Yalta 5
“Il Sabato”: A suo avviso
perché Solidarnosc
non ha mai richiesto
ufficialmente l’applicazione
della Dichiarazione finale
di Yalta
dove si garantisce
il diritto al voto
libero e segreto?
Pomian: Semplicemente perché
Solidarnosc,
contrariamente all’immagine
molto diffusa in Occidente,
è stata molto più responsabile
di quanto si pensasse.
Mettere in discussione Yalta
avrebbe significato inquietare
il Partito comunista
e il vicino alleato.
Vi era invece la possibilità
di un’evoluzione graduale
verso un compromesso
fra esigenze della nazione
e interessi sovietici.
Ma una tale soluzione
fu assassinata
il 13 dicembre ’81,
con il colpo di Stato
di Jaruzelski.
Luigi Geninazzi (a cura di),
«Due tragedie in matita blu»,
in “Il Sabato”,
9 – 15 febbraio 1985, p. 13.
Foto: Una delle fosse di Katyn
dove 15mila ufficiali polacchi,
prigionieri dei russi,
furono trucidati /
avvenire.it