Umorismo ebraico 2 – Introduzione
«Se vuoi far ridere Dio,
parlagli dei tuoi progetti».
Woody Allen
(da un proverbio yiddish)
Umorismo ebraico 2 – Nel testo biblico,
l’umorismo è un aspetto fondamentale
dello svolgimento della Storia.
In effetti,
il termine ebraico per “Storia”,
taledot, significa «il generare».
La dinastia ebraica
comincia con Abramo l’ebreo,
Avraham haivri.
La vicenda biblica è nota:
Abramo ha sposato Sara,
che purtroppo è sterile.
Dopo dieci anni di vita coniugale,
e dopo che la serva Agar
gli ha partorito un figlio
di nome Ismaele,
ad Abramo viene annunciato
che avrà un figlio da Sara.
Abramo reagisce
scoppiando a ridere
e domandandosi in cuor suo:
«Potrà mai nascere un figlio
da un centenario?
E Sara potrà mai
diventare madre a novant’anni?».
E Dio in persona gli risponde:
«Sara ti darà un figlio
e tu lo chiamerai Isacco,
Yitsh’aq, colui che rise»
(Genesi 17,17),
anche il futuro sia accompagnato
da eterne risate…
Dopo Abramo, anche Sara
viene informata del fatto
che avrà un figlio.
«Come è possibile?»,
si domanda lei
scoppiando a ridere a sua vola.
«Ho novant’anni!».
E ancora,
parlando a se stessa:
«Dopo essere appassita,
tornerò a sbocciare!
E il mio sposo è un vecchio!»
(Genesi 18,12).
Umorismo ebraico 2
Nel testo biblico
è Dio a scegliere il nome di Isacco
– il messaggero del riso –
per sottolineare non solo
la reazione stupefatta
dei futuri genitori,
ma anche il fatto
che la fecondazione
(avvenuta per volontà procreativa divina)
è all’insegna del riso:
Dio rise e il mondo fu.
Abramo,
ovvero il primo riso biblico:
il partorire.
***
Umorismo ebraico 2 – Rashi (XI secolo),
uno dei massimi commentatori
della Bibbia e del Talmud,
commenta così:
YiTSHaQ è il riso di Abramo
ed è anche il nome del figlio,
che nascerà dopo questo episodio.
In origine non è una parola
o un nome,
ma un insieme di lettere
che hanno ciascuna un significato in sé,
prima ancora
di delinearne uno in quanto parola.
In ebraico
si scrivono solo le consonanti
e a ogni consonante
corrisponde una cifra,
mentre le vocali vengono aggiunte
durante la lettura.
Lo studio delle equivalenze
tra le lettere e le cifre
si chiama ghematria.
La sua funzione non consiste
nel fornire dimostrazioni,
ma nello stimolare il pensiero.
***
Umorismo ebraico 2 – Rashi spiega così
le consonanti Y, TS, H, Q:
Y = 10: sono le dieci prove
sostenute da Abramo,
ma anche i dieci anni
che sono trascorsi
prima di avere un figlio da Sara,
TS = 90: l’età di Sara
alla nascita di Isacco.
H = 8: l’ottavo giorno,
il giorno della circoncisione.
Q = 100: gli anni di Abramo
alla nascita di Isacco.
In questo senso,
la prima risata della storia biblica
è un fragoroso
«scoppio di riso e di lettura»:
Avrò un figlio
dopo dieci anni di attesa?
Ma lei ha novant’anni!
Un figlio che verrà circonciso
l’ottavo giorno.
Ma ho già cent’anni!
Umorismo ebraico 2
L’umorismo e il riso
offrono tempo al tempo
e schiudono le porte della storia…
Per Rashi,
l’essenza di YiTSHaQ
– ovvero l’essenza del riso
e di tutto il ridere futuro –
risiede nella parola,
nel gioco di parole.
All’incirca un millennio
prima di Freud,
Rashi enuncia quell’articolazione
di riso e parola
che con il padre della psicoanalisi
assumerà l’importanza
che tutti conosciamo.
Il riso,
il motto di spirito,
il witz…
***
Umorismo ebraico 2 – Il riso
sarebbe dunque in primis
questo «scoppio di riso e di lettura»,
un modo particolare di dis-leggere,
di slegare la lingua
per accedere alla parola.
Il gioco di parole,
il giocare con le parole,
è un modo per restituire
vita e dinamismo
alla lingua e all’essere
che ha dimenticato
come si vive
e come si gioisce.
Il riso
è ciò che produce lo scoppio,
l’esplosione,
introducendo nella parola un soffio,
un moto di allontanamento.
Questo soffio
allenta in confini della parola,
la schiude ad altre parole,
ad altre frasi,
la inserisce in contesti instabili.
Impulsi, variazioni, stravaganze.
Ci sono in questi
«scoppi di riso e di lettura»
degli scivolamenti continui
che irrompendo travolgono
ogni staticità, ogni limite,
ogni margine calcolabile
e ogni frontiera invalicabile.
La nascita di Isacco
è una grande risata,
un joke, un evento
che sfida la logica e spezza
le consuetudini del pensiero,
rendendo così possibile la storia.
La Storia.
Cioè una vita ridanciana
che sottrae significato
al senso costituito.
Una vita che non propone
un senso costituito
o precostituito.
La vita ridanciana è nomade,
vagabonda, non conosce mai
la propria direzione,
si inventa strada facendo
«Partire, questa è la sua meta».
L’illogica nascita di Isacco,
la nascita del riso,
fa scoppiare qualsiasi pensiero
che si illuda di contenere in sé
logica definitiva e verità.
Come nel commentario di Rashi,
questo «abbattimento»
dei ruoli della logica
passa attraverso l’abbattimento
dei canoni della lingua:
operazione esplosiva
che ci insegna
– o ci insegna di nuovo –
a parlare
«restituendo la parola alla lingua».
***
Umorismo ebraico 2 – Imparare a parlare
significa innanzitutto
imparare ad ascoltare.
Il gioco di parole
ci offre un orecchio nuovo:
riusciamo così ad ascoltare
ciò che, per via dell’abitudine,
non era più udibile.
Succede spesso
che le idee e i pensieri
si smorzino e vengano alterati
dall’usura e dall’uso,
come le monete che,
a forza di circolare,
perdono l’effige.
La tecnica del doppio senso
e l’omonimia
producono spesso dei malintesi
che ci aprono le orecchie.
Prendiamo, per esempio,
la storia del cieco e del paralitico
citata da Freud ne Il motto di spirito:
«Come va?»,
dice il cieco al paralitico.
«Come vede»,
risponde il paralitico al cieco.
Lo svolgimento della storiella
fa sì che le parole
vengano comprese
nel loro significato originario.
«Il motto di spirito
crea le condizioni
nelle quali le parole,
il cui senso primitivo era sbiadito,
recuperino il loro senso pieno».
Umorismo ebraico 2
Questo aspetto
relativo al funzionamento dell’umorismo
è particolarmente interessante
se messo in relazione
con le storielle ebraiche,
perché si possono incontrare
molte affinità metodologiche
con il Midrash,
il commentario dei testi biblici.
Questi commentari
si fondano
sull’omonimia o sull’omofonia
di due parole che vengono accostate
per trovare nel testo nuove sonorità
che possano dischiuderlo
e condurlo verso nuovi orizzonti.
Spesso ciò conferisce
ad alcune traduzioni della Bibbia
un aspetto comico,
che deriva dalla restituzione
del significato originario alle parole,
liberando il testo dal senso abituale.
Si consideri per esempio la traduzione
proposta da André Chouraqui
dell’episodio del Diluvio
e dell’Arca di Noè.
Dio disse a Noè:
«Vieni,
tu e tutta la tua famiglia,
nella cassa».
La cassa di Noè!
***
Umorismo ebraico 2 – Veniamo
precipitati in pieno umorismo,
e tuttavia anche in qualcosa
di estremamente serio.
Chouraqui semplicemente
restituisce
il suo significato originario
alla parola ebraica tevah,
tradotta in latino
con il termine arca,
che a sua volta
è la traduzione
della parola greca kibotos.
Tevah è propriamente
la scatola, la cassa.
Usare come traduzione
il significato originale di «cassa»
vuol dire imprimere
un tocco di umorismo
ma anche di novità
a ciò che è segnato
dall’usura del tempo
e dalla consuetudine.
Grazie alla cassa,
il lettore o l’ascoltatore
è costretto a riflettere.
Ma certo! Cassa
e non arca eccetera.
Quando il Ba’al Shem Tov,
il fondatore del chassidismo
movimento mistico sviluppatosi
nel XVIII secolo nell’ambito
dell’ebraismo dell’Europa orientale),
traduce tevah
con il termine «parola»,
ci ricorda che tevah
è sicuramente cassa,
secondo l’interpretazione
di Chouraqui,
ma significa anche parola,
il che porta alla seguente traduzione:
«Dio disse a Noè:
“Vieni, tu e tutta la tua famiglia,
nella parola”».
Meraviglioso umorismo
del commentario, che scova
una parola sotto un’altra parola
producendo un eccezionale
rinnovamento del senso!
Il traduttore non è necessariamente
un traditore, come suggerisce
il gioco di parole traduttore/traditore:
«tradurre è tradire».
Al contrario,
tradurre può talvolta «guarire»
il linguaggio originario
e conferirgli un respiro imprevisto.
Umorismo ebraico 2
Un altro esempio di doppio senso
evidenziato dall’esegesi midrashica
riguarda l’episodio
della creazione della donna.
Il testo dice:
«Non è bene per l’uomo
essere solo,
creerò di fronte a lui
un aiuto».
Tutti i commentari,
e Rashi in particolare,
sottolineano che la parola kenegdo,
tradotta come «di fronte a lui»,
ha come significato originario
«contro di lui».
Dio disse: «Farò una donna
contro di lui».
Come possibilità
di frattura dell’essere:
versione filosofica.
«Sono contro le donne,
anzi gli sto
praticamente appiccicato!»:
versione umoristica
di Sacha Guitry.
(2 continua)
Marc-Alain Ouaknin, «E Dio rise.
La Bibbia dell’umorismo ebraico
da Abramo a Woody»,
pubblicato per Libreria Pienogiorno
da FullDay Srl, Milano, 2021,
pp. 16-22.
Foto: Copertina di «E Dio rise» /
pienogiorno.it