Tokayev

Tokayev. Kazakhstan, scoppia la rivolta del gas

Tokayev. Si fa sempre più critica la situazione in Kazakistan,
si parla di morti e feriti.

Dopo il dilagare delle proteste
che hanno incendiato la città di Almaty,
Tokayev impone lo stato di emergenza in tutto il Paese
e chiede aiuto militare a Putin: «Attacchi terroristici».
E liquida il mentore suo predecessore Nazarbayev.

Stato di emergenza. Coprifuoco. Assalti, ripetuti, contro edifici pubblici
e inoltre contro una residenza usata dal presidente Kassym-Zhomart Tokayev
che arriva a chiedere apertamente l’intervento militare di Mosca.
Otto vittime tra gli agenti. Internet oscurato.

Il Kazakistan – alleato di ferro della Russia di Putin
ma anche “amico” della superpotenza cinese – ribolle.

A spingere il Paese sull’orlo di un crisi politica e sociale,
sono state anzitutto le proteste, accese dall’aumento del costo del gas,
proteste che hanno assunto progressivamente una pregnanza più politica.

Partite il 2 gennaio dalle città di Zhanaozen e Aqtau,
nella regione occidentale di Mangistau,
le manifestazioni contro l’aumento dei prezzi del carburante
sono successivamente dilagate in tre giorni in diverse zone del Paese.

A causare il contestato aumento
è stata la decisione del governo
di porre gradualmente fine ai sussidi
sui prezzi del carburante alla pompa di benzina,
decisione che ha fatto schizzare i prezzi.

Il presidente Kassym-Zhomart Tokayev sta cercando di contenere
l’urto della rabbia popolare, alternando aperture e minacce.

Dopo le dimissioni del governo,
ha poi dichiarato lo stato di emergenza in tutto il Paese
e il coprifuoco, fino al 19 gennaio.

Nel suo secondo discorso alla nazione in 24 ore,
Tokayev ha riferito che durante gli scontri
sono stati uccisi agenti delle forze dell’ordine
e ha espressamente avvertito che le autorità
«intendono agire nel modo più duro possibile».

Ha parlato inoltre di «gruppi terroristici in azione
addestrati all’estero», chiedendo perciò l’aiuto di Mosca.

«Presto presenterò nuove proposte
per la trasformazione politica del Kazakistan»,
ha detto ancora il presidente,
nel tentativo di offrire una sponda alla protesta di piazza.

Non solo. Tokayev sembra inoltre volere regolare i conti
con l’ex capo di Stato, Nursultan Nazarbayev.
L’81enne “padre della nazione” ha governato il Kazakistan per 30 anni,
continuando anche dopo la sua uscita di scena “ufficiale” nel giugno 2019.

Il suo delfino gli ha strappato la guida
del potente Consiglio di sicurezza del Paese.
Tokayev ha poi nominato un nuovo vice capo
del comitato di sicurezza nazionale
per sostituire Samat Abish, un nipote di Nazarbayev.

Su diversi social, sono circolati video
e immagini dei manifestanti
che cercano di abbattere un monumento dell’ex presidente,
a Taldykorgan, nella regione di Almaty.

Nella città più popolosa del Paese, nonché capitale finanziaria,
sarebbe stata data alle fiamme la sede del Comune.
L’edificio è stato dapprima circondato dai manifestanti,
che hanno successivamente sfondato il cordone delle forze dell’ordine
che bloccava l’ingresso principale.

I manifestanti – bollati come «terroristi» dal presidente –
sono riusciti, quindi, a entrare nell’edificio e a occuparlo,
nonostante l’utilizzo di granate stordenti da parte degli agenti.

Secondo la versione della polizia,
gli «estremisti in azione avrebbero preso il sopravvento,
picchiando fino a 500 civili».

Una versione avvalorata dallo stesso Tokayev,
che ha parlato di «estremisti» manovrati da «potenze straniere»
che vogliono «far saltare la stabilità» nel Paese
e «frantumare l’unità» del popolo.

Almeno duecento persone sono state arrestate,
95 gli agenti rimasti feriti negli scontri.
Anche l’aeroporto di Almaty è stato bloccato da manifestanti.

Dall’alleato russo, sono arrivati appelli alla calma.
«Stiamo seguendo da vicino la situazione in Kazakistan»,
hanno fatto sapere dal ministero degli Esteri russo
aggiungendo che al momento
«non vi sono informazioni di cittadini russi feriti.
Auspichiamo che la situazione si normalizzi al più presto».

«Il Kazakistan non ha chiesto l’aiuto russo per affrontare le proteste»,
ha detto a sua volta il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov,
sottolineando come sia «importante» che nessuno dall’esterno interferisca.

Gli Usa hanno respinto come «folli» le accuse russe
per le quali ci sarebbero gli Usa dietro le proteste:
«È il copione standard della disinformazione russa».

La Ue, da parte sua,
ha chiesto di evitare «un’ulteriore escalation di violenza».

Luca Miele, «Kazakistan, scoppia le rivolta del gas.
Il presidente: “Intervenga la Russia”», in “Avvenire”,
giovedì 6 gennaio 2022, p. 13.

Foto: L’assalto al municipio di Almaty / oggiurnal.com

Da sapere

Una potenza economica

Il Kazakistan, dal 16 dicembre 1991, è il più grande degli Stati
nati dalle ceneri dell’Unione Sovietica, Russia esclusa.
Ha sterminate risorse minerarie – il 60% di quelle dell’ex Urss –
tra cui ferro, carbone, petrolio, metano e diversi metalli usati nell’elettronica.

Risorse che ne fanno la prima economia dell’Asia centrale,
nonché il più importante esportatore di greggio della Csi fedele a Mosca.

Il padre-padrone che ha ceduto al suo «delfino»

Uno degli attori imprescindibili della crisi in atto
è senz’altro l’ex capo di stato, il «padre della nazione»
Nursultan Nazarbayev (la capitale ha preso il suo nome).

Stretto alleato del presidente russo Vladimir Putin,
l’81enne Nazarbayev ha governato il Kazakistan per 30 anni,
ma dopo la sua uscita di scena nel giugno 2019
il suo delfino Tokayev è stato eletto.

Nazarbayev manteneva saldamente il controllo sul Paese
(prima della annunciata rimozione)
in qualità di presidente del Consiglio di sicurezza
e «Leader della nazione», un ruolo costituzionale
che gli consente privilegi unici di definizione delle politiche,
nonché l’immunità.

Da “Avvenire”, giovedì 6 gennaio 2022, p. 13.

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