Stefano, primo martire
26 dicembre
Perché Santo Stefano subito dopo il Natale?
Stefano – Venendo all’Eucaristia,
oggi percepiamo un clima diverso
da quello del giorno di Natale.
I paramenti bianchi – candidi
come la veste dell’angelo che ha annunciato
ai pastori la grande gioia: «Oggi,
nella città di Davide, è nato per voi un salvatore»
(Lc 2,11) – sono stati sostituiti da quelli di coloro rosso,
e la liturgia ci pone di fronte il sangue versato
dal primo martire: Santo Stefano.
Potrebbe apparire fuori posto questa festa,
celebrata subito dopo il Natale.
Perché parlare di sangue e di morte
accanto alla culla di Betlemme,
su cui è stata cantata la gloria di Dio
ed è stata annunciata la pace sulla terra?
Eppure, la Chiesa celebra da secoli
questa festa il 26 dicembre,
e intenzionalmente,
al fine di spogliare il Natale
da ogni acquietante romanticismo.
Questa festa, che un tempo era di precetto,
serve a spiegare a noi cristiani distratti
il senso del Natale.
Nel Vangelo di oggi c’è una frase di Gesù
che dissipa ogni equivoco al riguardo:
«Sarete condotti davanti a governatori e re
per causa mia, al fine di dare testimonianza
a loro e ai pagani» (Mt 10,18).
Andare a Betlemme, quindi, significa mettersi alla scuola
di Colui che è venuto come «testimone fedele» del Padre
(Ap 1,5; 3,14): lo ricorderà lui stesso ai suoi genitori
nel tempio (Lc 2,49), e lo spiegherà a chiare lettere
ai suoi discepoli più volte nel corso della sua vita.
Santo Stefano – La sua testimonianza
Il primo martire della Chiesa fu il diacono Stefano
A lui è dedicata la prima lettura della Messa di oggi,
tratta dagli Atti degli Apostoli,
che è opera dell’evangelista Luca.
Sappiamo da lui
che Stefano era un ebreo di nome e di cultura greca
e che dagli apostoli aveva ricevuto l’incarico
di attendere alla distribuzione quotidiana di vitto
e di sussidi ai poveri della comunità di Gerusalemme.
Era «un uomo pieno di fede e di Spirito Santo» (At 6,5);
«pieno di grazia e di fortezza,
faceva grandi prodigi e segni tra il popolo» (At 6,8);
e i Giudei, che disputavano con lui,
«non riuscivano a resistere alla sapienza
e allo Spirito con cui egli parlava» (At 6,10).
Per questo motivo fu accusato di dire bestemmie
contro Dio e contro Mosè:
contro Dio, perché affermava che Gesù era figlio di Dio,
e contro Mosè, perché insegnava che la legge di Mosè
è una preparazione al Vangelo di Cristo.
A questo punto il processo e la morte di Stefano
sono raccontati sul modello del processo
e della morte di Gesù.
Ci sono dei falsi testimoni, che dicono:
«Costui non fa che parlare contro questo luogo santo
e contro la Legge» (At 6,13);
c’è la testimonianza di Stefano:
«Ecco contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo
che sta alla destra di Dio» (At 7,56).
Infine, ci sono le sue ultime parole,
che riecheggiano quelle dette da Gesù sulla croce:
«Signore, non imputare loro questo peccato» (At 7,60)
e «Signore Gesù, accogli il mio spirito» (At 5,59).
Stefano – Legame fra il Natale e la Pasqua
Fin dai primi secoli il Natale è stato legato alla Pasqua.
Nel bambino che nasce la comunità dei credenti
è subito invitata a contemplare
colui che offrirà se stesso sulla croce e risorgerà glorioso.
Lo aveva compreso molto bene Andrej Rublëv
quando a Mosca, intorno al 1420,
dipinse la celebre icona della Natività.
Ritrasse il bambino del presepio
con le proporzioni di un adulto,
avvolto nelle bende della morte
e adagiato in una mangiatoia
che in realtà è un sepolcro di pietra.
Sullo sfondo raffigurò una grotta spalancata e buia:
la tomba in cui Gesù un giorno sarebbe entrato
al fine di sconfiggere la morte
e irradiare sul mondo la luce della risurrezione.
È per farci comprendere il legame fra il Natale e la Pasqua
che la Chiesa ha introdotto la festa di Santo Stefano.
Nella passione e morte del primo martire
possiamo già intravedere gli avvenimenti della Pasqua.
Stefano – Un medesimo destino per maestro e discepolo
Prendendo il Bambino tra le braccia, Simeone annunciò:
«Egli è qui per la rovina e la risurrezione
di molti in Israele, segno di contraddizione
perché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34-35)
Consapevole del conflitto
che il suo messaggio avrebbe provocato nel mondo,
Gesù dichiarò un giorno:
«Non sono venuto a portare la pace,
ma la spada e la divisione» (Lc 12,51).
Di fronte a lui ci saranno sempre alcuni
che si schiereranno per l’amore e la pace
e altri che opteranno per l’odio e la violenza;
alcuni che propugneranno la verità e la giustizia
e altri che sceglieranno la menzogna e il sopruso;
alcuni che preferiranno comportarsi da lupi
e altri che accetteranno il destino che li accomuna all’agnello.
Ecco perché ci è proposta oggi la figura di Stefano,
per il quale la fede in Gesù
«è stata pagata a caro prezzo e in contanti»,
come scrisse il pastore luterano Dietrich Bonhöffer
prima di morire impiccato dai nazisti.
«Una fede a caro prezzo e in contanti»,
ecco la fede che è richiesta ai cristiani,
e quindi anche a me,
ed è questo lo spirito con cui io e voi
dovremmo accostarci al mistero grandioso
e profondo del Natale.
Foto: Scuola di Andrej Rublëv (1410-1430),
Icona della Natività, seconda metà del XV secolo.
Tempera su tavola, Ermitage, San Pietroburgo /
artesvelata.it