Spes non confundit1

Spes non confundit1
Bolla di indizione del
Giubileo Ordinario dell’Anno 2025
I Parte, capp. 1-4

 

Francesco
Vescovo di Roma
Servo dei Servi di Dio
a quanti leggeranno questa Lettera
La speranza ricolmi il cuore

Spes non confundit1
1. «Spes
non confundit»,
«la speranza
non delude»
(Rm 5,5).

Nel segno
della speranza
l’apostolo Paolo
infonde coraggio
alla comunità
cristiana di Roma.

La speranza
è anche
il messaggio
centrale
del prossimo
Giubileo,

che secondo
antica tradizione
il Papa indice
ogni
venticinque anni.

Penso a tutti
i pellegrini
di speranza
che giungeranno
a Roma

per vivere
l’Anno Santo

e a quanti,
non potendo
raggiungere
la città degli
apostoli
Pietro e Paolo,

lo celebreranno
nelle Chiese
particolari.

Per tutti,

possa essere
un momento
di incontro vivo
e personale
con il Signore
Gesù,

«porta»
di salvezza
(cfr. Gv 10,7.9);

con Lui,
che la Chiesa
ha la missione
di annunciare

sempre,
ovunque
e a tutti

quale «nostra
speranza»
(1 Tm 1,1).

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Tutti sperano.

Nel cuore
di ogni persona
è racchiusa
la speranza
come desiderio
e attesa del bene,

pur non sapendo
che cosa il domani
porterà con sé.

L’imprevedibilità
del futuro,
tuttavia,

fa sorgere
sentimenti
a volte
contrapposti:

dalla fiducia
al timore,
dalla serenità
allo sconforto,
dalla certezza
al dubbio.

Incontriamo
spesso
persone
sfiduciate,

che guardano
all’avvenire
con scetticismo
e pessimismo,

come se nulla
potesse
offrire loro
felicità.

Possa
il Giubileo
essere
per tutti
occasione

di rianimare
la speranza.

La Parola
di Dio
ci aiuta
a trovarne
le ragioni.

Lasciamoci
condurre
da quanto
l’apostolo Paolo
scrive proprio
ai cristiani di Roma.

Una Parola
di speranza

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2.«Giustificati
dunque
per fede,

noi siamo in pace
con Dio
per mezzo del
Signore nostro
Gesù Cristo.

Per mezzo di lui
abbiamo anche,
mediante la fede,
l’accesso
a questa grazia

nella quale
ci troviamo
e ci vantiamo,

saldi
nella speranza
della gloria di Dio. […]

La speranza poi
non delude,
perché
l’amore di Dio
è stato riversato
nei nostri cuori

per mezzo
dello Spirito Santo
che ci è stato dato»
(Rm 5,1-2.5).

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Sono molteplici
gli spunti
di riflessione
che qui San Paolo
propone.

Sappiamo
che la Lettera
ai Romani
segna un
passaggio
decisivo

nella sua attività
di evangelizzazione.

Fino
a quel momento
l’ha svolta
nell’area orientale
dell’Impero

e ora
lo aspetta Roma,
con quanto
essa rappresenta
agli occhi
del mondo:

una sfida grande,
da affrontare
in nome
dell’annuncio
del Vangelo,

che non può
conoscere
barriere
né confini.

La Chiesa di Roma
non è stata fondata
da Paolo,

e lui sente vivo
il desiderio
di raggiungerla
presto,

per portare
a tutti il Vangelo
di Gesù Cristo,
morto e risorto,

come annuncio
della speranza
che compie
le promesse,

introduce
alla gloria

e, fondata
sull’amore,
non delude.

***

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3. La speranza,
infatti,
nasce dall’amore
e si fonda
sull’amore

che scaturisce
dal Cuore di Gesù
trafitto sulla croce:

«Se infatti,
quand’eravamo
nemici,
siamo stati
riconciliati
con Dio

per mezzo
della morte
del Figlio suo,

molto più ora
che siamo
riconciliati,

saremo salvati
mediante
la sua vita»
(Rm 5,10).

E la sua vita
si manifesta
nella nostra
vita di fede,

che inizia
con il Battesimo,
si sviluppa
nella docilità
alla grazia di Dio

ed è perciò
animata
dalla speranza,

sempre
rinnovata e
resa incrollabile
dall’azione
dello Spirito Santo.

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È infatti
lo Spirito Santo,

con la sua
perenne presenza
nel cammino
della Chiesa,

a irradiare
nei credenti
la luce
della speranza:

Egli
la tiene accesa
come una fiaccola
che mai si spegne,

per dare sostegno
e vigore
alla nostra vita.

La speranza cristiana,
in effetti,
non illude
e non delude,

perché è fondata
sulla certezza
che niente e nessuno
potrà mai separarci
dall’amore divino:

«Chi ci separerà
dall’amore di Cristo?

Forse la tribolazione,
l’angoscia,
la persecuzione,
la fame, la nudità,
il pericolo, la spada? […]

Ma in tutte
queste cose
noi siamo
più che vincitori
grazie a colui
che ci ha amati.

Io sono infatti
persuaso che né
morte né vita,
né angeli
né principati,

neppure
presente
o avvenire,
né potenze,
o altezza
o profondità,

né alcun’altra
creatura
potrà mai
separarci
dall’amore
di Dio,

che è in
Cristo Gesù,
nostro Signore»
(Rm 8,35.37-39).

Ecco perché
questa speranza
non cede
nelle difficoltà:

essa si fonda
sulla fede
ed è nutrita
dalla carità,

e così
permette
di andare avanti
nella vita.

Sant’Agostino
scrive
in proposito:

«In qualunque
genere di vita,
non si vive
senza queste
tre propensioni
dell’anima:

credere,
sperare,
amare». [1]

***

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4. San Paolo
è molto realista.

Sa che la vita
è fatta di gioie
e di dolori,

che l’amore
viene messo alla prova
quando aumentano
le difficoltà

e la speranza
sembra crollare
davanti
alla sofferenza.

Eppure scrive:
«Ci vantiamo
anche
nelle tribolazioni,

sapendo che
la tribolazione
produce
pazienza,

la pazienza
una virtù provata

e la virtù provata
la speranza»
(Rm 5,3-4).

Per l’Apostolo,
la tribolazione
e la sofferenza
sono le condizioni
tipiche

di quanti
annunciano
il Vangelo

in contesti di
incomprensione
e di persecuzione
(cfr. 2 Cor 6,3-10).

Ma in tali
situazioni,
attraverso
il buio
si scorge
una luce:

si scopre
come a
sorreggere
l’evangelizzazione

sia la forza
che scaturisce
dalla croce
e dalla
risurrezione
di Cristo.

E ciò porta
a sviluppare
una virtù
strettamente
imparentata
con la speranza:

la pazienza.

Siamo ormai
abituati
a volere tutto
e subito,

in un mondo
dove la fretta
è diventata
una costante.

Non si ha più
il tempo
per incontrarsi

e spesso
anche
nelle famiglie

diventa difficile
trovarsi insieme
e parlare
con calma.

La pazienza
è stata messa
in fuga
dalla fretta,

recando
un grave danno
alle persone.

Subentrano
infatti
l’insofferenza,
il nervosismo,

a volte
la violenza
gratuita,

che generano
insoddisfazione
e chiusura.

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Nell’epoca
di internet,
inoltre,

dove lo spazio
e il tempo
sono soppiantati
dal “qui ed ora”,

la pazienza
non è di casa.

Se fossimo
ancora capaci
di guardare
con stupore
al creato,

potremmo
comprendere
quanto decisiva
sia la pazienza.

Attendere
l’alternarsi
delle stagioni
con i loro frutti;

osservare
la vita
degli animali
e i cicli
del loro sviluppo;

avere gli occhi
semplici
di San Francesco
che nel suo
Cantico
delle creature,

scritto proprio
800 anni fa,

percepiva il creato
come
una grande famiglia
e chiamava il sole
“fratello”
e la luna “sorella” [2]

Riscoprire
la pazienza
fa tanto bene
a sé e agli altri.

San Paolo fa
spesso ricorso
alla pazienza

per sottolineare
l’importanza della
perseveranza
e della fiducia
in ciò che ci è stato
promesso da Dio,

ma anzitutto
testimonia
che Dio
è paziente
con noi,

Lui che è
«il Dio della
perseveranza
e della
consolazione»
(Rm 15,5).

La pazienza,
frutto
anch’essa dello
Spirito Santo,

tiene viva
la speranza
e la consolida
come virtù
e stile di vita.

Pertanto,
impariamo
a chiedere
spesso
la grazia
della pazienza,

che è figlia
della speranza

e nello
stesso tempo
la sostiene.

[1] Agostino, Discorsi, 198 augm., 2.

[2] Cfr. Fonti Francescane, n. 263,6.10.

*** *** *** ***

Foto: Copertina di
“Spes non confundit”
di Papa Francesco /
ibs.it

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