Quale follia

Quale follia salverà l’amore

 

Ascoltando le canzoni
(e le parole) di Sanremo

Quale follia – “Pazzia e amore”
si intrecciano nelle canzoni
di Sanremo 2024.

Il tema è classico,
nella letteratura e nell’arte.
Si pensi al poema
di “Orlando Furioso” di Ariosto.

L’amore è travolgente.
Non c’è logica razionale
che lo tenga.
Scatena emozioni intense,
talvolta incontrollabili.

Porta spesso
a gesti impensati
e parole folli,
spinge oltre i limiti,
senza misura.

Eppure la Mannino
si è impegnata a comunicare
un grande messaggio
sul palco dell’Ariston citando

– tra l’ironico e il faceto –
il filosofo Protagora e il suo
“l’uomo è misura di tutte le cose”.

La critica della comica siciliana
è pungente, ma vera:
la misura è l’uomo bianco,
il maschio,
il ricco dell’Occidente.

Quale follia

Migranti si presentano
sulle nostre coste
a cercare aiuto, salvezza,
cioè l’amore di qualcuno
che sia accogliente, ospitale.

La drammaticità
delle vite dei migranti
è affrontata
da Dargen D’Amico
in Onda alta

e Sanremo
diventa la canzone
dell’amore sociale,

impegnato a riflettere
anche sulle disgrazie
dei lavoratori
che perdono la vita
“in un lampo”.

Parole e musica
di Paolo Jannacci
e Stefano Massini

per onorare
chi è caduto nel lavoro:
“Dovremmo amare di più
i nostri diritti”.

È davvero un ossimoro:
morire sul lavoro
che si svolge con dedizione
perché altri vivano.

La dignità del lavoro
è un diritto
perché la vita della persona
è il diritto sussistente
che nessun’incuranza
può negare.

Nemmeno la malattia
contro cui si deve lottare
con tanta speranza, secondo
la testimonianza commovente
fino alle lacrime
del maestro Allevi.

Cita I. Kant, ma abita
un tema profondamente cristiano,

quello del dolore che
– se accolto e offerto –
può redimere ed elevare
a nuove visioni,
quelle vere, quelle essenziali.

Allevi cita
(senza accorgersene)
Mengoni
in quella canzone
sanremese di successo,
L’Essenziale.

Quasi con le stesse parole:
“Mentre il mondo cade a pezzi,
io compongo nuovi spazi”.

Il dolore essenzializza la vita
e porta con sé
tanti doni di umanità:

ti fa vedere l’alba
dentro l’imbrunire
(Battiato)
e ti fa accorgere
della diversa bellezza
del tramonto rispetto all’aurora.

***

Quale follia – Importante
è la musica,
quel vibrare dell’anima
che “dona ali al pensiero,
impulso alla gioia,

slancio all’immaginazione,
fascino alla tristezza
e armonia a tutte le cose”
per dirla con Platone.

Così, “il cielo stellato
può continuare a volteggiare
nelle sue orbite perfette,

io posso essere immerso
nel mutamento
ma comunque sento
che in me c’è qualcosa
che permane.

Ed è ragionevole pensare
che permarrà in eterno.
Io sono quel che sono”.

Altro che canzonette!

Molte canzoni
sono pezzi di letteratura,
per la loro capacità di intercettare
le profondità dell’umano
e rilanciarle
in una utopia possibile:

la fine della guerra,
la solidarietà tra gli umani,
maggiore giustizia tra la gente
e, soprattutto,

l’urgenza di amare sé stessi,
non tanto per un gioco narcisistico
di chiusura nel proprio mondo
e nel proprio piacere,

ma per esaltare
il dono di sé all’altro,
in quel legame d’amore
che osa la pazzia
di “donare la vita per l’altro”,
di morire per l’altro.

Il Volo con “Capolavoro”
parla di un amore che cresce
dentro ognuno di noi,
spingendoci a gridarlo
al mondo.

Il Tre invita
a riflettere sull’amore
che trasforma la vita
e descrive l’esperienza
di un amore

che sembra arrivare dal cielo
come un capolavoro,
illuminando la vita
di chi lo attendeva.

“Due altalene” di Mr. Rain
esplora l’amore
e la complessità delle relazioni:

riflette su momenti altalenanti,
oscillazioni
di emozioni contrastanti
spesso presenti nel vissuto
di una storia d’amore

come gioia e tristezza,
vicinanza e distanza,
incertezza e speranza.

Così Diodato
nel brano “Ti muovi”
presenta una ballata trascinante

in cui esprime
la ricerca di un legame
che sembra sfuggire,
ma che continua a muoversi
nel cuore dell’artista.

Quale follia

“Cadere sette volte
e alzarsi otto,
questa è la vita” (Goethe)
ed è anche l’amore.

Così la Amoroso
in “Fino a qui”
parla di un amore
che ammette le cadute
ma resiste al cadere definitivo:

anche nella caduta più terribile,
come quella da un grattacielo,
non si deve dimenticare
che tutto va bene;
se ritroviamo noi stessi,
tutto può mettersi a posto.

Credere in sé stessi
senza paura, insomma,
come in “La rabbia non ti basta”
di Big Mama.

Solo se ci amiamo
possiamo amare gli altri,
sembrano concordare tutti,

perciò Loredana Bertè
sostiene che è salutare
una pazzia che ci porta a stimarci.

“Pazza” è un inno
all’amore per sé stessi,
superando aspettative
e giudizi degli altri.

***

Quale follia – Queste canzoni
ci invitano a riflettere
sulla nostra autenticità,
sulle sfide della vita

e sulla forza
che possiamo trovare
nell’amore
e nella consapevolezza.

Tante sono le strade
che percorriamo,
alcune luminose,
spesso invece oscure
e al limite dell’umano,

ma, anche in quei momenti
siamo noi,
non è finito tutto,
possiamo sempre trovare
la strada, la libertà

direbbe la Mannoia
in “Mariposa”,
la libertà di essere sé stessi
nonostante le etichette
che la società ci assegna.

Ecco il ritornello:
“Dicono tante cose di me…
ma in realtà io sono libera,
orgogliosa e canto”.

L’implicito richiamo
agli affondi letterari
di Pirandello in
“Uno nessuno e centomila”
non è per nulla debole.

Quale follia

In questa libertà ritrovata
e offerta agli altri nell’amore,
bisogna volare
“dove osano le aquile”.

L’amore, a volte,
richiede un coraggio folle:
il coraggio di aprirsi,
di amare senza riserve,
di perdonare, di lottare
per ciò che conta veramente.

È la follia
di chi decide di restare
quando tutto sembra crollare,

di chi non si arrende di fronte
alle difficoltà,
di chi crede che l’amore
possa superare ogni ostacolo.

La pigrizia
è una malattia mortale,
come la noia:
“ti lascia in coma
dentro il solito bar”,
grida Angelina Mango
in “La noia”.

La noia nell’adolescenza
è un disagio reale.

Molti giovani
si sentono smarriti e insicuri,
spinti dalla paura del fallimento
e dal bisogno di approvazione.

La noia può sfociare
in un senso
di solitudine e abbandono,

spingendo a cercare
vie di fuga alternative,
per rompere gli schemi
e distrarsi
dalla quotidianità monotona.

Parole che danno a pensare:
“muoio senza morire/
in questi giorni usati/
vivo senza soffrire”
e tutto è noia.

***

Quale follia – Diversamente,
per fermare la noia
(che è la croce più grande),
nel dono di sé agli altri,

“muoio perché morire/
rende i giorni più umani/
vivo perché soffrire/
fa le gioie più grandi”.

Si tratta
di decidersi per la vita,
a costo di ogni sacrificio
e di ogni sofferenza.

Si tratta di
“pensare in grande”
(A. Rosmini),

perché “il mondo
è troppo grande
per pensare in piccolo”,
dice Alfa in “Vai”.

Certo, “ognuno
è artefice del proprio destino”
e bisogna andare sempre avanti,
senza guardare indietro,
puntando “al cielo aperto”,

perché non c’è limite all’andare
se non il cielo,
purché “stai via dai guai
e via dai guai/
tu non guardare indietro
mai e vai”.

Quale follia

La frase “puntare al sole
ma non come Icaro”
suggerisce la necessità
di perseguire i nostri obiettivi
con passione ma senza eccessi
o imprudenza.

Si deve aspirare
a grandi altezze,
ma con consapevolezza dei rischi.

Come Icaro,
si può essere attratti dalla luce,
ma occorre
riconoscere i limiti
e agire con saggezza.

Icaro diviene il simbolo
della trasgressione giovanile,
dell’orgoglio
che spinge i ragazzi
a sentirsi adulti,
benché senza esperienza:

si lancia nel vuoto,
il vuoto di ideali.

Il vuoto esistenziale
è una spirale senza fine,
una sensazione straziante
in cui scompare
il senso della vita
e rimane solo la sofferenza.

È “l’incapacità di trovare
un significato alla vita”
o la sensazione
di non avere un motivo
per vivere, combattere
o avere speranza.

È “il nichilismo,
l’ospite inquietante dei giovani”
(U. Galimberti).

Il monito di Alfa è chiaro:
cercare l’eccellenza e l’audacia,
ma farlo con cautela
e consapevolezza.

Attenzione
a non bruciare le ali
nello slancio verso il sole,
ma piuttosto
trovare un equilibrio
tra ambizione e prudenza.

Sarà paradossale,
ma quell’equilibrio
si trova proprio nell’amore
che spinge il dono della vita
fino a morire per l’altro.

Nell’amore che si lascia
salvare dalla follia
che ci spinge a oltrepassare
i confini della ragione,

a rischiare tutto
pur di preservare
ciò che sentiamo.

***

Quale follia – È la follia
che ci fa lottare
anche quando sembra impossibile,
che ci spinge
a percorrere strade impervie
e a sfidare il destino.

Cocciante
lascia il pubblico di Sanremo,
cantando a cappella:

“Vivere per amare /
Amare quasi da morire/
Morire dalla voglia di vivere/
Amare, dare l’anima alla vita/
Morire dalla voglia di vivere/
Con la voglia di vivere”.

È quella follia che ci fa credere
nell’impossibile,
che ci fa sognare e sperare
nonostante le avversità.

Così questo amore
è un viaggio
che ci porta a scoprire
noi stessi e gli altri.

È un’esperienza
unica e preziosa
che arricchisce e trabocca
di energia vitale,
ci fa sentire vivi.

È “l’amore che move il sole
e le altre stelle”,
o “sempre l’amore
che queta questo cielo”
(Dante Alighieri).

È l’amore a cui Karol Wojtyla
ha dedicato versi bellissimi:
“l’amore mi ha spiegato tutto/
l’amore è stato tutto per me/
e io contemplo questo amore
ovunque esso si trovi”.

Anche nelle canzoni di Sanremo?

Antonio Stagliano, «Quale follia
salverà l’amore», in
“L’Osservatore Romano”,
sabato 10 febbraio 2024, p. 7.

Foto: Quale follia salverà l’amore /
theologhia.com

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