Pentecoste

Pentecoste – Atti 2,1-11 – Anno B

Pentecoste. Introduzione

Pentecoste. Gesù ha promesso ai suoi discepoli
che non li avrebbe lasciati soli
e che avrebbe inviato lo Spirito (Gv 14,16.26).
Oggi celebriamo la Pentecoste: la festa di questo dono del Risorto.

Pentecoste. Difficoltà presentate dal testo

Leggendo il brano degli Atti anzitutto rimaniamo stupiti
di fronte ai numerosi «prodigi» accaduti nel giorno di Pentecoste:
tuoni e vento impetuoso, fiamme che scendono dal cielo,
gli apostoli che parlano tutte le lingue.

Ci domandiamo anche per quale motivo
Dio ha atteso cinquanta giorni
prima di mandare sui discepoli il suo Spirito.

Al fine di comprendere questa pagina di teologia (non di cronaca)
dobbiamo addentrarci un poco nel linguaggio simbolico impiegato dall’autore.

Luca colloca la discesa dello Spirito nel giorno di Pentecoste.
Tuttavia, proprio nel vangelo di oggi,
Giovanni racconta che Gesù ha comunicato lo Spirito
il giorno stesso della risurrezione (Gv 20,22).
Come si spiega questo mancato accordo sulla data?

Diciamo subito con chiarezza: il mistero pasquale è unico.
Morte, risurrezione, Ascensione e dono dello Spirito
sono avvenuti nel medesimo istante,
nel momento della morte di Gesù.
Raccontando ciò che è accaduto sul Calvario in quel venerdì santo,
Giovanni dice infatti che, chinato il capo, Gesù diede lo Spirito (Gv 19,30).

Perché allora quest’unico, sublime, ineffabile mistero pasquale
è stato presentato da Luca come se fosse accaduto in tre momenti successivi?
Lo ha fatto per aiutare a comprenderne i molteplici aspetti.

Giovanni ha posto l’effusione dello Spirito nel giorno di Pasqua
per mostrare che lo Spirito è dono del Risorto.
Ora vediamo per quale ragione Luca la colloca nel contesto della festa di Pentecoste.

Pentecoste. Festa ebraica

La Pentecoste era una festa ebraica molto antica,
celebrata cinquanta giorni dopo la Pasqua:
commemorava l’arrivo del popolo di Israele al monte Sinai.

Tutti ricordiamo cosa è accaduto in quel luogo:
Mosè dapprima sale sul monte,
poi incontra Dio e infine riceve la Legge
da trasmettere al suo popolo.

Gli israeliti erano molto orgogliosi di questo dono:
dicevano che, prima che a loro,
Dio aveva offerto la Legge ad altri popoli,
ma questi l’avevano rifiutata
preferendo continuare con i loro vizi e sregolatezze.
Per ringraziare Dio di questa predilezione,
gli israeliti avevano istituito una festa: la Pentecoste.

Pentecoste cristiana

Dicendo che lo Spirito era sceso sui discepoli
proprio nel giorno di Pentecoste,
Luca vuole insegnare che lo Spirito
ha sostituito l’antica legge
ed è divenuto la nuova legge per il cristiano.

Per spiegare cosa intende dire ricorriamo a un paragone.
Un giorno Gesù ha detto:
«Si raccoglie forse uva dalle spine o fichi dai rovi?» (Mt 7,16).
Sarebbe insensato infatti immaginare
che circondando di premure un rovo, potandolo,
creandogli attorno un clima più mite
potrebbe arrivare a produrre uva.

Tuttavia, se – con un prodigio d’ingegneria genetica –
si riuscisse a trasformarlo in una vite,
allora non sarebbe più necessario alcun intervento esterno.
Il rovo produrrebbe spontaneamente uva.

Prima di ricevere l’effusione dello Spirito,
il mondo era come un grande rovo.

Dio aveva dato agli uomini ottime indicazioni
– un decalogo, dei precetti, tanti consigli –
e si aspettava frutti, opere di giustizia e di amore (Mt 21,18-19),
ma questi non sono arrivati perché l’albero rimaneva cattivo
e «nessun albero cattivo dà frutti buoni…
l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male» (Lc 6,43.45).

Che cosa ha fatto allora Dio?
Ha deciso di cambiare il cuore degli uomini.
Con un cuore nuovo – ha pensato –
essi non avrebbero più avuto bisogno di alcuna legge esterna,
avrebbero compiuto il bene seguendo gli impulsi venuti dal lor intimo.

Ecco cos’è la legge dello Spirito:
è il cuore nuovo, è la vita di Dio
che, quando entra nell’uomo,
lo trasforma e da rovo lo fa divenire un albero fecondo,
capace di produrre spontanea mente le opere di Dio.

Quando l’uomo è riempito dello Spirito,
in lui accade qualcosa di inaudito:
ama con l’amore stesso di Dio.
Da quel momento «non ha più bisogno
che alcuno lo ammaestri» (1 Gv 2,27), non gli occorre altra legge.

Giovanni arriva a dire che l’uomo animato dallo Spirito
diviene addirittura incapace di peccare:
«Chiunque è nato da Dio non commette peccato,
perché in lui dimora un germe divino,
e non può peccare perché è nato da Dio» (1 Gv 3,9).

E i tuoni, il vento, il fuoco?

Ma è chiaro: andiamo a vedere nel libro dell’Esodo
quali fenomeni hanno accompagnato il dono dell’antica legge:

«Al mattino presto ci furono tuoni, lampi,
una nube densa sopra il monte
e un suono fortissimo di tromba e tutto il popolo ebbe paura» (Es 19,16).
«Tutto il popolo udiva le voci, i tuoni, il suono della tromba
e vedeva il monte che fumava» (Es 20,18).

I rabbini dicevano che sul Sinai,
nel giorno di Pentecoste quando Dio aveva dato la Legge,
le sue parole avevano preso la forma di settanta lingue di fuoco,
per indicare che la Torah era destinata a tutti i popoli
(che in quel tempo si pensa fossero appunto settanta).

Se l’antica legge era stata data in mezzo a tuoni,
lampi, fiamme di fuoco… come avrebbe potuto Luca
presentare in modo diverso il dono dello Spirito – nuova legge?
Se voleva farsi capire doveva impiegare le medesime immagini.

E le molte lingue parlate dagli apostoli?

Probabilmente Luca si richiama a un fenomeno
molto comune nella chiesa primitiva:
dopo aver ricevuto lo Spirito,
i credenti cominciavano a lodare Dio in uno stato di esaltazione
e, come in estasi, pronunciavano parole strane in altre lingue.

Luca certamente ha utilizzato questo fenomeno in un senso simbolico
al fine di insegnare l’universalismo della chiesa.
Lo Spirito è un dono destinato a tutti gli uomini e a tutti i popoli.
Di fronte a questo dono di Dio
crollano tutte le barriere di lingua, razza e tribù.

Nel giorno di Pentecoste infatti succede il contrario
di quanto è accaduto a Babele (Gn 11,1-9).
Là gli uomini hanno cominciato a non capirsi
e ad allontanarsi gli uni dagli altri;
qui lo Spirito mette in atto un movimento opposto:
riunisce coloro che si sono dispersi.

In conclusione, chi si lascia guidare dalla parola del Vangelo e dallo Spirito
parla una lingua che tutti comprendono
e che tutti unisce: il linguaggio dell’amore.
È lo Spirito infatti che trasforma l’umanità in un’unica famiglia
dove tutti si capiscono e si amano.

Fernando Armellini, «Ascoltarti è una festa».
Anno B. Le letture domenicali spiegate alla comunità,
Edizioni Messaggero Padova, Padova 2003, pp. 256-259.

Foto: Pentecoste / puntofamiglia.net

Lascia un commento