Pasqua1 – L’Occidente ha bisogno della Pasqua
I conflitti e le coscienze
Pasqua1 – Pausa.
La festa è da sempre una sospensione del tempo.
Non una uscita impossibile dal tempo,
dalla cronaca, dalla vita,
ma uno sguardo nella prospettiva
della concordia, della convivenza.
Il fermo-tempo, che vorremmo,
riguarda la quotidianità,
sia personale che collettiva.
Si sospendano le polemiche
tra partiti e parti sociali.
Finiscano soprattutto le posizioni urlate,
almeno per qualche giorno.
E torni il rispetto delle parti.
Cessi anche l’ansia economica.
Più che vantare ampi risultati
sul calo della disoccupazione,
si trovi il modo
di offrire occupazione stabile
alle giovani generazioni
che hanno deciso di non sposarsi più,
o soltanto molto tardivamente.
E soprattutto
torni una pausa nella guerra,
anzi nelle guerre.
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Pasqua1 – Pacifisti
e fautori dell’intervento armato
hanno di fronte un mondo globale
con almeno 83 conflitti in corso.
Se si tace di una dittatura,
perché più consona alle proprie posizioni,
siano esse di destra o di sinistra,
si offendono gli oppressi.
Se si usa il nome di Dio
per giustificare le proprie cause,
si impasta il divino con le proprie animosità,
non diversamente da quanto combinavano
i nostri antenati greci e romani
che per ogni vizio e virtù
avevano coniato una divinità.
E ancor più appare una beffa
coniugare il crocifisso in chiave etnica,
a difesa dell’identità europea e occidentale.
Se vi è una universalità,
una globalità senza confini,
è il cumulo di dolore
appeso al patibolo del Venerdì santo.
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Pasqua1 – Purtroppo
anche la croce risulta nella storia
una delle torture più universali.
Anzi, gli stessi primi cristiani
la avvertivano come una beffa.
Osservando nei primi secoli
l’assenza di immagini
del Cristo agonizzante o morto,
si ha l’impressione che i credenti stessi
si vergognassero della sorte subita
dal loro stesso Messia,
di fronte alla cultura umanistica,
che esaltava bellezza e potenza,
del mondo greco e romano,
e che venne ripresa dai vari pittori
del rinascimento.
Del resto un graffito,
scoperto il secolo scorso
al Palatino di Roma,
rappresenta un asino crocifisso.
Pare che si tratti di una burla consumata
a danno di un certo Alessameno,
perpetrata dai pagani.
Esprime un disagio profondo,
uno scandalo culturale
rispetto all’idea di un Dio trionfante,
degli eserciti armati e non soltanto spirituali.
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Pasqua1 – Si capisce allora
perché la cultura europea,
cristiana nelle sue vene profonde,
piano a piano
arrivi a pensare l’utopia
di un mondo senza guerre,
e di una società che superi
i conflitti della convivenza,
della interculturalità,
senza ricorso alle armi.
Nei suoi geni sta inciso
come su pietra
la figura di un sepolcro vuoto.
Di un Risorto,
che vince la sua battaglia
senza colpo ferire.
È l’utopia della pace,
che la stessa teologia cattolica
ha trasformato per lunghi secoli
in chiave di guerra giusta
e che il mondo americano,
almeno nella sua provenienza
dalle sette religiose
che giunsero negli Stati Uniti
in polemica con le loro chiese,
ha conservato nei suoi cromosomi.
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Paqua1 – Il Risorto
resta impossibile logicamente.
Lo avevano sostenuto i razionalisti
dell’enciclopedismo francese,
da Voltaire e Diderot,
che pure ammettevano un «dio orologiaio»,
fondatore e regolatore del mondo.
Solo che, per dirla
con la nostra lingua madre, il latino,
«ludit in rebus humanis divina potestas»,
ossia, l’onnipotenza divina
scherza nelle vicende umane.
Il che si applica perfettamente
alla risurrezione,
al Cristo risorto
che inquieta la coscienza illuminata
della civiltà occidentale.
Bruno Cescon, «L’Occidente ha bisogno della Pasqua.
I conflitti e le coscienze», in “L’Arena”, domenica
20 aprile 2003, Anno 138, N. 109, p. 1.
Foto: Jacopo Comin (Tintoretto),
La Resurrezione, Gallerie dell’Accademia,
Venezia / it.m.wikipedia.org