Odorico da Pordenone (? -1331)
Sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali
14 gennaio
Odorico da Pordenone
La sua biografia
non è ben nota
nei suoi dettagli,
le fonti coeve
sono assai limitate
e quanto sappiamo
su di lui
è stato influenzato
fortemente da profili
di carattere agiografico,
tracciati fin
dalla metà del Trecento,
per essere raccolti
in un quadro compiuto
alla metà
del secolo XVIII,
in occasione del processo
di beatificazione.
Una recente ricognizione
medico-antropologica
compiuta sul cadavere
del beato (2002)
ha permesso di stabilire
un’età approssimativa
al decesso
di circa 45/50 anni,
il che riconduce
la nascita di Odorico
attorno al 1280/1285.
Odorico da Pordenone
Frater Odoricus
de Foro Iulii,
così Odorico
nomina se stesso.
Il notaio Guecello
che a Udine
ne constaterà la morte
e i miracoli
specifica de Portunaone.
Il cronista trecentesco
Johan von Viktring
(1270 ca. – 1347),
lo dice
nato a Villanova
(a 28,8 km
da Pordenone),
da una delle famiglie
lasciate a presidio
della cittadina friulana
da Ottocaro II, re di Boemia,
nei primi anni Settanta
del Duecento.
Forse da questo
ha origine la voce,
non confermabile,
che Odorico
sia di stirpe boema.
Certamente, Odorico
non nasce nel 1265,
data proposta da padre
Girolamo Golubovich,
mosso
da preoccupazioni ostili
alla supposta
ascendenza boema
di Odorico.
Quanto
al nome di battesimo,
solo il Martirologio
del 1543 ricorda
che gli è imposto
quello di Ludovico.
Il cognome Mattiussi
o Mattiuzzi
(casata del Pordenonese)
è un’aggiunta tarda
e non fondata.
Entrato in convento
egli assume il nome
del patrono di Villanova
Odorico (Ulrico/Ulderico),
santo vescovo di Augusta
(890-973).
Nulla si sa
della sua famiglia.
***
Odorico da Pordenone
Non si sa nemmeno
come e dove
egli aderisca all’ordine
dei frati minori conventuali.
Mancano conferme,
ma è forte la suggestione
di riconoscere in lui
un «Odolricus puer
fratrum Minorum”,
testimone
con altri quattro frati
a un atto redatto
a Gemona del Friuli
il 9 febbraio 1296.
Allo stato attuale
si possono reperire
solo due o, al più,
tre documenti
che ritraggono
Odorico vivente
e che permettono
di aggiungere
qualche dato biografico
a quelli che si ricavano,
qua e là,
dal testo dell’opera
per cui diviene celebre:
Itinerarium, o Relatio
del viaggio
in estremo Oriente,
Il primo è un documento
del 12 maggio 1316,
nel quale Odorico,
con un altro frate
e con il guardiano
del convento di Cividale,
ascolta la “protestatio”
dell’appello fatto
da Guido di Manzano
contro una decisione
di alcuni
canonici di Aquileia,
che si oppongono
alla nomina sua
e di altri cinque chierici
al canonicato aquileiese.
Il secondo documento
è del 24 marzo 1317,
redatto a Castello
di Porpeto,
ove Odorico è testimone
all’affrancazione
di un servo
di Artico di Castello.
Il terzo,
del luglio 1318,
presenta qualche
maggiore incertezza:
un frate Odorico,
forse da Pordenone,
si trova nel convento
di Portogruaro
alla consegna
del denaro dovuto
dall’abate Branca
di Summaga
per la procurazione
del legato apostolico.
Odorico da Pordenone
“Benché molti raccontino
numerose notizie
sugli usi e costumi
di questa epoca,
si deve sapere
che volendo andare
nei paesi degli infedeli
che sono oltremare,
per guadagnare
qualche frutto
a vantaggio delle anime,
vidi e ascoltai
cose grandi e meravigliose
che ora posso raccontare
veracemente”.
Sembrano parole tratte
dall’incipit di un romanzo
di avventure;
invece, sono parole
del racconto di viaggio
di Odorico da Pordenone.
Quelle pagine costituiranno
la Relatio de mirabilibus
orientalium Tartarorum,
una delle prime
descrizioni medievali
dell’Estremo Oriente.
Il racconto è dettato
da Odorico al confratello
Guglielmo da Solagna,
nel convento padovano
di Sant’Antonio:
“Fra’ Guglielmo da Solagna
ha messo per iscritto
fedelmente
quanto Fra’ Odorico
ha narrato
con la propria bocca,
nell’anno del Signore 1330,
nel mese di maggio (….).
Non si è preoccupato
di scrivere
in un latino difficile,
ricercato ed elegante,
ma come quello raccontava,
così questi scriveva,
in modo che tutti
potessero più facilmente
comprendere le cose
che venivano dette”.
L’opera conosce
una straordinaria diffusione
manoscritta latina,
con almeno
dieci edizioni a stampa
a partire dal 1513,
sebbene manchi
un’edizione critica
migliore di quella di
Anastaas
van den Wyngaert,
del 1929.
Precoci sono
i volgarizzamenti
(molti editi):
sette in italiano,
due in francese
e in tedesco,
uno in catalano-
castigliano e in gallese,
fino a versioni
più recenti
in inglese e in ceco.
***
Odorico da Pordenone
«Frate Odorico di Friuli,
d’una terra chiamata
Porto di Naone»
(come si definisce lui stesso
nel suo Itinerarium)
chiede di partire
per il leggendario Catai,
l’attuale Cina,
allora sotto il dominio
dei Mongoli.
Non è il primo europeo
a raggiungere
quel lontano Paese
(il veneziano Marco Polo
salpa per la Cina
nel 1271)
e neppure
il primo missionario:
il francescano
Giovanni da Montecorvino
vi è inviato
dal papa Niccolò IV.
Arrivato a Khanbaliq
(la «città del re»,
attuale Pechino) nel 1294,
vi fonda
la prima comunità cristiana
e, probabilmente nel 1313,
è consacrato vescovo
e patriarca
dell’Estremo Oriente.
Odorico da Pordenone
Per comprendere però
come il racconto
del viaggio di Odorico
si inserisca
nelle pieghe storiche
del Medioevo,
è necessaria
una precisazione
storico-politico
della situazione
della Chiesa
dell’epoca.
La Curia pontificia
si trova ad Avignone
ed è particolarmente
interessata
a tessere rapporti
col mondo orientale
a seguito
delle invasioni tartare
(fine del ‘200
e inizi del ‘300)
che arrivano persino
ai confini dell’odierna
regione del Friuli,
la stessa terra d’origine
del frate francescano.
In questa preoccupante
situazione geopolitica
è, dunque, necessario
un contatto diplomatico
con l’Oriente
per contrastare le invasioni.
È l’epoca
in cui vengono affidate
molte missioni “esplorative”
ai due ordini religiosi
più attivi del tempo:
i Frati Minori Francescani
e i Frati Predicatori
(Domenicani),
con l’intento
di raccogliere informazioni
per stabilire eventuali
contatti diplomatici.
Il viaggio di Odorico
è anticipato già
da due missioni:
una, di frate Giovanni
da Pian del Carpine,
compagno
di S. Francesco d’Assisi,
autore
dell’Historia Mongalorum,
un resoconto del suo viaggio
in Mongolia nel 1245-47,
non ha il successo sperato;
l’altra, del 1253,
di frate Guglielmo
da Rubruck,
è descritta nel suo
Viaggio in Mongolia –
Itinerarium.
Si tenga presente, inoltre,
che il concilio di Vienne,
(1311-1312),
dispone la costituzione,
a Bologna, Parigi,
Oxford e Salamanca,
di scuole di arabo,
ebraico e caldeo
per istruire missionari
disposti a evangelizzare
i popoli orientali
(canone 24).
***
Odorico da Pordenone
Il racconto del viaggio
di Odorico
si può dividere,
(secondo l’Itinerarium),
in cinque parti.
La prima
riguarda il viaggio
da Trebisonda a Hormuz;
la seconda,
il soggiorno e il viaggio
lungo le coste
dell’India occidentale
e meridionale
da Thane di Salsetta
a Meliapur
e all’isola di Ceylon;
la terza, il viaggio
per le isole malesi
e il regno di Ciampa
ossia
alla penisola indocinese;
la quarta, il viaggio
e il soggiorno nel Catai,
ossia in Cina;
l’ultima, brevissima,
il viaggio di ritorno.
Odorico da Pordenone
La partenza di Odorico
per il lungo viaggio
verso l’Oriente
non può essere collocata
in un periodo anteriore
al 1317-1318.
Odorico s’imbarca
a Venezia
per Costantinopoli
insieme a frate
Giacomo d’Irlanda
e a Michele da Venezia.
Dal rione Pera
di questa città,
nuovo imbarco
con destinazione
Trebisonda,
sulla costa nord-orientale
dell’odierna Turchia,
affacciata sul Mar Nero.
Da Trebisonda
per via terra,
ossia la via ritenuta
più sicura all’epoca,
arriva a Erzurum,
nell’Anatolia orientale.
Qui vive
per un certo periodo
presso un convento
della sua comunità
per approfondire
la conoscenza
delle lingue orientali.
Passa nei territori
dell’attuale Iran,
prima a Tabriz
e poi a Soltaniyeh,
soggiornandovi
presso un convento
del suo ordine.
Scende poi a sud
toccando
varie città persiane,
tra cui Kashan, Yazd,
Persepoli e Shiraz,
per raggiungere Hormuz
sul Golfo Persico.
Odorico fornisce
brevi note descrittive
dei luoghi toccati,
segnala peculiarità
culturali, religiose,
sociali, produttive
e commerciali,
e indica i tempi
di percorrenza medi
che separano
una località dall’altra.
***
Odorico da Pordenone
A Hormuz
s’imbarca per l’India,
ove giunge
dopo 28 giorni
di navigazione,
a Thane di Salsette,
nei pressi
dell’attuale Bombay.
In questa città, apprende
che quattro suoi confratelli:
Tommaso da Tolentino,
Giacomo da Padova,
e Demetrio da Tiflis
sono martirizzati
tra il 9 aprile 1321;
Pietro da Siena,
due giorni dopo.
Il padre domenicano
Jordanus Catala de Sévérac
ne porta i corpi
a Supera,
cittadina
a una quarantina
di chilometri
a nord di Bombay,
dove vengono sepolti.
Odorico recupera le ossa
di Tommaso, Giacomo
e Demetrio
(ma non il corpo di Pietro)
e le porterà fino a Quanzhou,
all’epoca sede vescovile.
Una lettera
del vescovo francescano
del luogo,
Andrea da Perugia,
datata 1326,
conferma la loro ricezione.
Da Thane, Odorico
prosegue via mare
verso Malabar,
Fandaraina (Koyilandy)
Cranganor e Chennai
(Madras),
con una digressione
di pellegrinaggio
a Mylapur,
per visitare la tomba
dell’apostolo Tommaso.
Odorico ne è deluso,
perché la vede caduta
nelle mani degli indù
e trascurata
dai neghittosi
cristiani nestoriani.
Continua il viaggio
lungo la costa occidentale
dell’India,
raggiungendo Ceylon
(Sri Lanka).
Odorico da Pordenone
Da Ceylon,
risalito in nave,
Odorico attraversa
l’Oceano Indiano,
passa per le isole
Andamàne, Nicobàre;
raggiunta
l’isola di Sumatra,
tocca
vari porti meridionali
di questa isola
e poi raggiunge
l’isola di Giava
e probabilmente
del Borneo.
È il primo occidentale
a mettere piede sul Borneo.
Pare sia il primo sacerdote
a toccare l’arcipelago filippino.
Recenti scoperte
(frutto della ricerca
dello stimmatino
p. Luigi Malamocco)
permettono di sapere
che Odorico,
arrivato nelle Filippine,
nella cittadina di Bolinao,
celebra la prima Messa
in quella regione.
Risale verso la penisola
dell’Indocina;
visita il regno del Champa,
(nell’attuale Vietnam
centro-meridionale).
Infine giunge
alle coste del Catai
(antico nome
dato alla Cina)
e più precisamente
al paese di Mansi,
col qual nome
egli designa
la Cina meridionale.
***
Odorico da Pordenone
Il viaggio lunghissimo
non ha riferimenti
cronologici sicuri
per calcolarne la durata.
Certamente è colmo di disagi,
sebbene Odorico tenda
a segnalare di preferenza
gli aspetti positivi,
con episodi
di buona accoglienza
e di favore incontrato.
Egli non manca tuttavia
di stigmatizzare credenze
e usanze riprovevoli,
come l’idolatria,
l’antropofagia
e la promiscuità sessuale
viste e descritte
in più luoghi.
La prima città cinese
ricordata è Cescala,
l’attuale Canton
(in cinese Guangzhou),
all’epoca sede vescovile
e di due conventi minoritici,
(dove lascia
le reliquie dei martiri).
Odorico racconta dei piedi
rimpiccioliti ad arte
– mediante fasciature
strette e progressive –
alle stremità inferiori
delle donne cinesi,
per conservarli
piccoli e aggraziati;
delle unghie delle mani
smodatamente lunghe
delle persone
di nobile lignaggio,
persone quindi non dedite
a lavori manuali.
Scopre che i cinesi
pescano con l’aiuto
degli uccelli (cormorani),
addestrati a tuffarsi
e afferrare
le prede in acqua.
Parlando sempre di animali,
non può fare a meno di notare
che in Cina esistono
galli, galline e anatre
diversi da quelli
conosciuti in Italia.
La Canton del tempo
è descritta così:
“Cescala è grande almeno
tre volte più di Venezia…
possiede tanto naviglio
e così grande che ad altri
sembrerebbe incredibile.
Ivi sono anche
i maggiori serpenti
che abitino il mondo”.
Odorico da Pordenone
Nel suo viaggio
ad arco verso nord,
Odorico raggiunge
Zaiton (Quanzhou)
dove depone le reliquie
dei martiri di Thane.
Lo colpisce
la grande quantità
di monasteri presenti
in quest’area,
abitati da oltre
tremila monaci
che adorano
oltre undicimila idoli!
Tocca Fuzhou
e attraverso i monti giunge
nella provincia di Zhejiang
ad Hangzhou.
Qui è accolto
da un potente locale,
convertito dai frati,
e apprende della credenza
della metempsicosi
materializzata
nell’episodio
delle scimmie nutrite
da un bonzo
e ritenute anime
di nobili defunti.
Proseguendo poi
per la provincia
di Jiangsu,
giunge a Nanchino,
sede di un
convento francescano.
Nello Jiangsu
osserva l’usanza
di invitare gli ospiti
a un banchetto
non in casa propria
ma in quello
che noi chiameremmo
ristorante.
Passa quindi
lo Chang Jiang
(il fiume Azzurro),
ch’egli, usando
la terminologia mongolica,
chiama Talay.
Giunge a Camsay
(Hangzhou),
che descrive così:
“…se alcuno volesse dire
e narrare la grandezza
di codesta città e le grandi
e meravigliose cose
che sono in essa,
non basterebbe a contenerle
un buon quaderno di bottega.
Poiché è codesta terra
la migliore e maggiore
e più nobile per mercature
che vi sia al mondo”.
Odorico raggiunge
Chilefo (Nanchino)
grande città
che possiede mura
che la circondano tutta
per circa
40 miglia di lunghezza.
Chilefo è anche città
ricca di acque
e quindi di ponti;
Odorico ne conta ben 360.
Proseguendo il viaggio,
fonda una comunità cristiana
nello Shandong,
segno evidente che,
durante il cammino,
egli predica, battezza,
organizza delle comunità.
***
Odorico da Pordenone
Infine, raggiunge Khanbaliq
(l’attuale Pechino),
sede imperiale
e sede vescovile
del francescano
Giovanni da Montecorvino
È ricevuto dall’imperatore
Yesün Temür Khan (Taiding)
pronipote di Kublai Khan,
che aveva conosciuto
Marco Polo
(allora la Cina è ancora
sotto il dominio dei mongoli).
È verosimile che Odorico
incontri il vescovo,
sebbene non ne parli
nell’Itinerarium,
come non parla di attività
propriamente missionarie.
Dice espressamente
di essersi trattenuto
per tre anni
nella capitale imperiale.
Odorico da Pordenone
Insieme con il suo “socius”,
riprende il cammino
verso l’Italia,
questa volta
prendendo la via di terra,
la “Via della seta”
più breve e veloce
ma altrettanto rischiosa.
Da Chang’an (oggi Xi’an)
attraversa le province cinesi
di Shaanxi, Gansu e Xinjiang.
Da Qarqan,
attraverso la pista a sud
del deserto del Taklamakan,
arriva a Kashgar
(Regione autonoma
dello Xinjiang Uygur).
Di lì,
attraverso il Pamir
(Tagikistan),
giunge nel Tibet.
Di questa terra descrive
le tende dei popoli nomadi,
la relativa abbondanza
di pane e di vino,
la capitale (Lasha),
dove risiede
il “papa dei pagani”,
ossia il Dalai Lama.
Scende in Afghanistan
attraverso il Badakhshan,
passa per Bamyan,
Kabul, Herat.
Di nuovo in Persia (Iran):
Mashhad, i monti Elburz,
Teheran, o, secondo alcuni
nel Khorāsān,
donde attraverso l’Armenia
giunge a Trebisonda.
Da qui, con una nave,
nel 1330 arriva a Venezia.
Odorico da Pordenone
Riprende il cammino
per raggiungere
la curia papale
ad Avignone.
L’itinerario prescelto
prevede un viaggio
via terra fino a Pisa
poi via mare
fino a Marsiglia
e quindi ad Avignone.
Giunto a Pisa, però,
si ammala.
Fa allora ritorno
presso il convento
di San Francesco
che lo vide novizio
a Udine.
Qui arriva
stremato e irriconoscibile.
Muore
il 14 gennaio del 1331
“circa l’hora di nona” (ore 15),
per complicanze cardiache
causate
da insufficienze respiratorie,
secondo gli esiti
dell’autopsia praticata
sui resti mummificati
della salma.
Riposa nella chiesa udinese
della Madonna del Carmelo,
La festa liturgica
è il 14 gennaio.
È beatificato
il 2 luglio 1755
da Benedetto XIV.
La fase diocesana
del processo di canonizzazione,
aperta formalmente
il 14 gennaio 2002,
è chiusa positivamente nel 2006.
Gli atti, trasmessi a Roma,
non hanno ancora dato
esito conclusivo.
Foto: Odorico da Pordenone /
oubliettemagazine.com