Mt 4-12-23

Mt 4-12-23 – Domenica III del Tempo Ordinario – Anno A

 

Contesto

Mt 4-12-23 – Nel Vangelo secondo Matteo,
questo brano si situa
dopo il racconto iniziale della nascita di Gesù
e i tre racconti che seguono:
predicazione del Battista,
battesimo di Gesù
e tentazione di Gesù (Mt 3,1- 4,11).

Mt 4-12-23 – Sommario

Il Vangelo di oggi si articola in tre momenti:
dapprima l’andata di Gesù a Cafarnao (vv. 12-17);
poi la chiamata dei primi discepoli (vv. 18-22);
infine, un breve riassunto
dell’attività di Gesù (v. 23),
di cui però il nostro brano
omette gli ultimi due versetti (Mt 4,24-25).

Mt 4-12-23 – «Quando Gesù seppe
che Giovanni era stato arrestato…» (v. 12)

Il nostro brano
inizia con un trasferimento di Gesù
che segue l’annuncio
dell’arresto di Giovanni Battista.

Non si dà una spiegazione
del perché Gesù si trasferisca
se non quella di adempimento
della profezia di Isaia.

Ma più che la motivazione soggettiva di Gesù,
è rilevante il legame temporale
con l’arresto di Giovanni.

Anche in Mt come in Lc (dove addirittura
si dà l’informazione dell’arresto di Giovanni
prima ancora di raccontare il battesimo di Gesù),
l’inizio della missione pubblica di Gesù
segue l’uscita di scena del Battista.

Matteo sembra insinuare:
Ecco che cosa capita
ad invitare a un cambiamento:
i potenti non vogliono cambiare,
vogliono conservare,

ma la stupidità del potere è che,
quando mettono a tacere una voce,
perché gli è scomoda,
poi il Signore ne suscita una ancora più potente.
Quindi, messo a tacere Giovanni,
ecco che subentra Gesù.

In altre parole,
Mt come Lc, esprime una “staffetta”
tra la missione del Battista e quella di Gesù.

Mt 4-12-23 – «… si ritirò nella Galilea…» (v. 12)

Questo ritirarsi, che è un allontanarsi,
indica una ritirata in relazione a un pericolo,

In effetti, Gesù inizia la sua attività
non in Giudea (come ci si aspettava),
e non a Nazareth (come avrebbe potuto essere,
visto che stava lì di casa)
ma al nord, nella Galilea
per motivi di prudenza
(hanno appena ucciso il Battista).

Pertanto, Gesù inizia il suo ministero
se non in un clima di persecuzione,
in un clima difficile, di ostilità.

Mt 4,12-23 – «… lasciata Nazaret,
andò ad abitare a Cafarnao» (v.13)

In Galilea, Gesù non si ferma
nel suo villaggio natale,
ma si trasferisce a Cafarnao (Kfar Nahum),
sulla sponda settentrionale
del lago di Genezaret o Tiberiade.

Questa scelta può essere stata motivata dal fatto
che Nazaret, racchiusa tra le colline,
era troppo decentrata e isolata.

Cafarnao, peraltro mai citata nell’AT
è, invece, situata lungo la «via del mare»,
la celebre arteria che congiungeva Damasco
con l’Egitto, e aveva una notevole importanza
come posto di dogana
presidiato da una guarnigione militare.

Mt 4-12-23 – «… perché si adempisse ciò che
era stato detto per mezzo del profeta Isaia…» (vv. 14-16)

Il cambio di residenza di Gesù – fatto in sé
abbastanza banale – è letto da Matteo
nel suo significato teologico,
e ciò per due motivi fondamentali.

Il primo è determinato dal fatto che,
trovandosi Cafarnao nella zona
dove anticamente erano dislocate
le due tribù di Zabulon e di Neftali
(dal nome di due dei figli di Giacobbe),
Matteo vede in questo una realizzazione
della profezia di Isaia (8,23-9,1).

Questa annunciava a quelle popolazioni,
invase e angariate dall’esercito del re di Assiria,
Toglat-Pileser III, (circa l’anno 732 a.C.),
la prossima liberazione:
il tutto è raffigurato
sotto il simbolismo della «luce».

È chiaro che, nella prospettiva di Matteo,
la «grande luce», che rifulse in quei giorni
per quelle regioni, è Cristo
che apporta agli uomini una liberazione
anche più profonda
di quella esclusivamente politica,
che era annunciata da Isaia.

Il secondo motivo è che a Matteo
interessa anche il fatto
che in quelle regioni di confine
abitavano non pochi incirconcisi:
difatti Isaia parla di «Galilea delle genti»,
ossia dei pagani.

Con riferimento a questo particolare, Matteo,
che pur scrive per delle comunità giudeo-cristiane,
vuol dire che Gesù non è il Messia solo di Israele,
ma anche il Salvatore del «mondo».

E, in realtà,
in questa prospettiva universalistica
non solo si apre, ma anche si chiude
il Vangelo che porta il suo nome:
«Andate, dunque, è ammaestrate
tutte le nazioni…» (Mt 28,19).

Mt 4-12-23 – «Da allora Gesù cominciò
a predicare… Convertitevi…» (v. 17)

Si è accennato all’inizio a una possibile “staffetta”
tra Giovanni Battista e Gesù.
Questa diventa ancora più evidente
se si tiene presente che le parole del Battista:
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 3,2)
sono le stesse identiche parole, nella stessa forma,
del nostro brano.

Gesù continua la predicazione di Giovanni Battista,
anche se si dice ancora poco del Regno,
tema che sarà approfondito nel prosieguo del Vangelo.
In questo momento, all’inizio della missione pubblica
di Gesù, all’evangelista preme soprattutto motivare,
con l’annuncio del Regno, la necessità della conversione.

Convertirsi non equivale a «diventare un po’più buoni,
pregare di più e meglio, fare qualche opera buona in più»,
ma «cambiare radicalmente modo di pensare e di agire».
Chi ha coltivato progetti di morte
deve aprirsi a scelte di vita,
chi si è mosso nelle tenebre
deve volgersi verso la luce.

Solo se si è disposti a operare questo cambiamento
si può entrare nel regno dei cieli (non in paradiso,
ma nella condizione nuova
di chi ha scelto di giocarsi la vita sulla parola di Dio.

Mt 4-12-23 – «Mentre camminava…
Gesù vide due fratelli… e disse loro…» (vv. 18-19)

A questo punto, l’evangelista racconta
la chiamata dei primi quattro discepoli.

Non è il resoconto della vocazione dei primi apostoli
(i quattro evangelisti narrano il fatto
in modo assai diverso l’uno dall’altro),
ma è un brano di catechesi che vuole far comprendere
che cosa comporta per il discepolo
dire sì a Cristo che invita a seguirlo.
È un esempio, un’illustrazione di cosa significa convertirsi.

Va notato, anzitutto, che la chiamata dei discepoli
non avviene in una cornica sacra,
come può essere quella del Tempio,
ma in uno scenario profano: il lago di Genezaret

E ciò rientra nello schema abituale delle chiamate:
Mosè è chiamato
mentre sta pascolando il gregge del suocero Ietro.
Gedeone sta battendo il grano sull’aia di casa.
David sta pascolando le pecore del padre.
Anche Amos fa il pecoraio a Tekoa.

Nel NT, Levi è seduto al banco delle gabelle.
E, nel nostro testo,
i discepoli sono intenti a pescare.

In secondo luogo, la chiamata dei primi discepoli
può essere sintetizzata con due verbi:
«vide» e «disse»: uno sguardo e una voce.

Sono gli unici strumenti di cui dispone
Gesù che, a differenza dei Maestri
del giudaismo, si sceglie lui i discepoli,
assume lui l’iniziativa.

Si tratta di uno sguardo che elegge, sceglie.
Non uno sguardo «distaccato», freddo
Il «vide», qui, inoltre, esprime una nota di affetto,
per cui diventa messaggio, proposta di comunione.

Il «disse» sottolinea l’importanza della voce,
di quella voce. con un timbro unico, inconfondibile.

La vita cristiana, allora, è risposta al manifestarsi
della grazia, non decisione autonoma.
Se mi decido, è perché sono stato sollecitato
in questo senso da Qualcuno che si è deciso
nei miei confronti.

La vocazione cristiana non è una conquista.
Ma un essere conquistati.
Il discepolo non cattura il Maestro.
Viene afferrato da Lui.

Mt 4-12-23 – «Vi farò pescatori di uomini» (v. 19)

Gesù non invita quelli che chiama
ad essere pastori, lui è l’unico pastore,
ma pescatori di uomini.
Cosa significa pescare uomini?

Pescare il pesce si sa, significa tirare fuori il pesce
dal suo habitat vitale, l’acqua, per dargli la morte,
per il proprio interesse, per il proprio profitto.
Pescare gli uomini significa invece salvarli,
tirarli fuori dall’acqua che può dar loro la morte,
e non per il proprio, ma per il loro interesse.

Mt 4-12-23 – «Ed essi subito,
lasciate le reti, lo seguirono» (vv. 20.22)

La risposta alla chiamata di Gesù
è espressa ancora con un verbo: «lasciare».
La decisione si manifesta con un distacco:
da un mestiere, dalle cose, da un presente.

Non c’è risposta che non si traduca
in una separazione, in una rinuncia.
E queste operazioni non sono mai indolori.
E neppure si possono considerare compiute
una volta per tutte.
Ci sono distacchi (soprattutto da se stessi),
tagli da compiere ogni giorno.

Tuttavia, non bisogna mai separare
il verbo «lasciare» dal verbo «seguire».
Non si lascia per lasciare. Si lascia per seguire.
Discepolo non è uno che ha abbandonato,
ha rinunciato a qualcosa.
È uno che ha trovato Qualcuno.

La perdita è abbondantemente assorbita dal guadagno.
Il distacco non è il fine,
ma la condizione della «sequela».

Anche per i discepoli quali siamo noi,
che non partecipiamo alla vicenda terrena di Gesù,
resta valida la dimensione di «sequela»,
che qualcuno traduce con «imitazione».

Mt 4-12-23 – «Gesù andava attorno
per tutta la Galilea…» (v. 23).

L’ultimo versetto del nostro brano
riassume con tre verbi ciò che Gesù compie
in favore degli uomini:
insegna, predica, guarisce.

Foto: Marco Basaiti,
La chiamata dei figli di Zebedeo,
151o ca, olio su tavola (386 cm × 268 cm),
Gallerie dell’Accademia, Venezia /
gallerieaccademia.it

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