Luigi Gonzaga – Mercoledì 21 giugno:
memoria liturgica del Patrono della gioventù cattolica
Luigi Gonzaga – Giovanni Paolo II,
parlando a Manila
nell’Università «Santo Tomas»
il 13 gennaio ’95, diceva:
«In Cristo e nel suo insegnamento
troverete “via, verità e vita”.
In Lui troverete la risposta
a tutte le domande fondamentali.
Il mondo, la Chiesa hanno bisogno di giovani
per i quali la bellezza della vita
sta nel donarsi agli altri.
Lasciate che la luce di Cristo
illumini le vostre coscienze
sul vero bene e sul male del peccato
e su ogni cosa che offusca il vero amore».
Queste affermazioni,
indirizzate ai giovani,
trovano certamente il riscontro
in un giovane ventitreenne
vissuto tanti anni fa,
ma che tuttavia rimane per tutti i giovani
un modello sul quale riflettere e da imitare.
La futilità
e il vuoto delle Corti del Rinascimento
li conosciamo bene dalle pagine della storia;
una mondanità, come quella di oggi
e forse peggiore, che attanagliava
qualsiasi giovane che si apriva alla vita;
su Luigi Gonzaga, invece, non ha fatto presa,
perché ha cercato la sua felicità
nella più profonda amicizia
con Nostro Signore Gesù.
Un giovane di bella presenza,
primogenito di un principe dell’impero,
al quale spettava il diritto di successione,
dotato di grandi qualità intellettuali
e capacità di governo,
che lascia tutto al fine di seguire Cristo
dimostra, anzitutto, di aver capito
«l’unum necessarium»
scegliendo la parte migliore
che «non gli sarà mai tolta».
Fa certamente impressione, inoltre,
che alla corte di Madrid,
nel ritorno di Filippo II
conquistatore del Portogallo
e coronato re di quel paese
oltre che della Spagna,
venisse affidata specificamente
a Luigi Gonzaga
l’orazione di benvenuto
al ritorno tanto glorioso del monarca.
Va considerato che
il giovane Luigi Gonzaga
aveva appena quindici anni.
Certamente si dirà:
ma gli è stata preparata sicuramente
dai maestri della corte di Madrid
e invece è stata farina del suo sacco
perché più volte aveva manifestato
i concetti e le idee espresse
in quella circostanza.
Senz’altro
doveva essere assai stimato,
se il re lo faceva stare
con l’infante di Spagna
al fine di aiutarlo nello studio
e nel comportamento principesco
richiesto dal tempo.
Senza dubbio i maestri
lo hanno illuminato,
ma la sostanza dell’orazione
è del tutto sua personale.
Difensore dei diritti dei più deboli
Fa impressione, inoltre,
che all’età di 17 anni
va a trattare «negozi»
con il senato di Milano,
inviato dal padre trattenuto in casa
da un atroce attacco di gotta,
e meraviglia tutti i Senatori
a causa della padronanza di sé
che non tradisce emozioni
e che, soprattutto, sa difendere,
col dovuto rispetto,
le istanze di governo del suo principato:
un abile diplomatico.
Indubbiamente doveva avere
una predisposizione al governo
per difendere i diritti dei deboli,
come quando ci fu una carestia
in tutta la regione, mentre il fratello,
marchese di Castiglione delle Stiviere,
aveva i granai pieni di ogni ben di Dio.
Ricordava a Rodolfo, suo successore
«è dovere del principe
dare il pane al popolo affamato;
è dovere del principe sovvenire
alle necessità dei poveri».
Luigi Gonzaga, senza dubbio,
aveva capito il ruolo
che deve svolgere il vero governante,
specialmente se si professa credente.
La caratteristica più bella del giovane
era certamente l’umiltà, la mortificazione,
il continuo bisogno di intrattenersi
nelle letture sacre e nella meditazione.
Quando contemplava gli attributi divini,
cioè la bontà, la provvidenza, la misericordia,
l’amore infinito di Dio per gli uomini
e in particolare la loro infinità, Luigi Gonzaga
si astraeva frequentemente dai sensi.
Il dono delle lacrime, la gioia, il gusto di Dio
era accompagnato solitamente
da affetti veementi.
Era solito dire:
«l’anima che nella contemplazione
è combattuta dai venti contrari delle passioni
o agitata da affetti e desideri
non è atta né disposta
a ricevere in sé l’immagine di Dio,
né a trasformarsi nella somiglianza
di Cristo Signore».
La sua preghiera
era soprattutto uno scambio d’amore
con il Dio-Amore.
Sappiamo, infatti, dalla storia che ricevette
la prima Comunione da un santo,
Carlo Borromeo, Cardinale di Milano;
quale sarà stato di sicuro l’insegnamento
ricevuto dall’illustre porporato
al fine di intrattenersi più facilmente con Gesù
dopo la santa Comunione?
E dopo lo studio dell’Eucaristia
con il P. Bellarmino, futuro Cardinale
di S. Romana Chiesa, quali indirizzi
gli sono stati preferibilmente suggeriti
perché accogliesse l’Ospite divino?
II raccoglimento si capisce
soprattutto dal fatto
che non voleva essere disturbato
neppure da persone di alto lignaggio,
perché godeva la gioia del suo Signore:
il suo animo si apriva a Cristo
e Gesù si donava totalmente a Luigi Gonzaga
così da riempirlo della sua grazia
e della sua amicizia.
Era certamente l’incontro più bello
e più desiderato
al fine di esprimere tutto l’affetto
e la gratitudine a Gesù
fattosi pane per nutrirlo.
La gioia e la dolcezza che il Signore
lascia al suo passaggio è indescrivibile
e questo fa capire, anzitutto
il perché delle penitenze
che il giovane faceva
al fine di configurarsi con Cristo.
In effetti, all’amore divino, rispondeva
indubbiamente con l’offerta dei suoi sacrifici.
Uno spirito di sacrificio
vissuto in gioioso abbandono
Ci sono gioie umane:
ad esempio, l’amore sincero di due giovani,
l’intimità e la dedizione di una coppia di sposi,
la tenerezza affettuosa dei genitori verso i figli;
ma la gioia e la dolcezza
che Gesù portava nel suo cuore
era, di certo, straordinariamente profonda e bella.
«Gustate e vedete»: veramente Luigi Gonzaga
aveva gustato le gioie divine.
Hanno tentato di farlo apparire uno psicopatico;
non hanno capito nulla,
perché Luigi Gonzaga viveva nella gioia
dello spirito divino.
In effetti, le ultime due Lettere,
che scrisse alla madre
al fine di annunciarle il passaggio
alla vita eterna
sono, senza dubbio, un capolavoro
di amore a Cristo:
«A me però giova soprattutto il pensare
che nostro Signore mi voglia dare
più perfetta sanità
di quella che possono dare i medici:
e così me la passo allegramente,
con la speranza di essere tra pochi mesi
chiamato da Dio».
In altra Lettera del 10 giugno,
undici giorni prima della morte, scriveva:
«La tua materna benedizione
mi accompagni
e aiuti a passare questo golfo…
lassù ci rivedremo
per non separarci più,
uniti insieme col nostro Redentore…
Non piangere come morto
colui che è vivo».
Sicuramente il marchese
Ferrante Gonzaga
voleva fare del figlio,
conoscendone l’intelligenza
e le capacità volitive,
un grande Capitano;
Luigi invece ha scelto
la «sequela di Cristo
sotto il vessillo della Croce»,
divenendo per migliaia
e migliaia di giovani e anche di Santi
un Condottiero da seguire
e soprattutto da imitare.
Le Cappelle, le Chiese e le Parrocchie
a lui dedicate;
le scuole, i collegi e le università
che si fregiano del suo nome;
le cliniche, gli ospedali e le infermerie
sono, di certo, una rivelazione
del primato di Cristo nella sua vita.
Giulio Libianchi, «San Luigi Gonzaga:
il primato di Cristo
nella missione di testimonianza
e di amore fraterno»,
in “L’Osservatore Romano”,
mercoledì 21 giugno 1995, p. 6.
Foto: Marcello Baschenis,
«San Luigi Gonzaga», 1880,
olio su tela, Catalogo Generale
dei Beni Culturali / it.wikipedia.org