Lucia Berlin. Racconto di una vita
Tutto è mosso e guizza vita, nell’esistenza di Lucia Berlin che lei stessa ci racconta seguendo il filo di una narrazione arricchita di notevolissime fotografie. Welcome Home (trad. di M. Faimali) narra i primi ventinove anni della vita della scrittrice.
Libro composito, è autobiografia ma anche memoir, racconto e riflessione. Il percorso autobiografico viene ricostruito dall’autrice di La donna che scriveva racconti (Bollati Boringhieri 2016) usando come puntelli dei criteri narrativi precisi, la cui cadenza dà ritmo. Uno su tutti, il tema della casa evocato nel titolo. Casa come luogo che accoglie e protegge. I ricordi sono in primo luogo memorie di spazi, di dimore nelle quali Lucia Berlin ha vissuto, sparpagliate tra luoghi e paesi distanti, frequentati per periodi anche brevi, eppure ogni volta pensati come saldi, definitivi: come radici.
Bella e sanguigna, Lucia Berlin gira il mondo fin da bambina. Viaggiando e spostandosi senza che mai la sua natura alata ma concreta smetta di calpestare la terra con passo robusto e leggero, destinato a lasciare impronte transitorie. Ci sarà la scrittura a radicare davvero, un grande talento riconosciuto postumo.
L’infanzia è nomade, resa monca dall’assenza del padre arruolato come ufficiale su una nave portamunizioni nell’Oceano Pacifico. Un lungo periplo tra Alaska, Montana, Kentucky, Texas, sino a Santiago del Cile. Poi Albuquerque, alla University of New Mexico dove la giovinezza irrompe, porta smania di vivere e di amare. Una forma grave di scoliosi costringerà Lucia Berlin a usare per lunghi periodi un busto di ferro, ma l’handicap nulla toglie alla vitalità di questa donna bella e temeraria, la cui graziosa, impeccabile compostezza del profilo a ogni ritratto vela ombre inquietudini e squilibri che saranno ispiratori del suo scrivere.
Un marito, un figlio, un altro amore con un uomo carismatico nonostante l’addizione alle droghe pesanti parallela all’alcolismo di lei. Altri tre figli maschi, peregrinando tra luoghi dove sempre viene spontaneo “fare casa”. New York, Acapulco, diversi punti del Messico immortalati nelle magnifiche immagini a corredo del racconto. Poi l’ultimo divorzio e la nuova vita a Berkeley, in California, svolgendo lavori di ogni genere e componendo i racconti più importanti.
Gli implacabili occhi azzurri di Lucia Berlin si ostinano a trasmettere dolcezza e ascolto, sensibilità e un addentrarsi nella vita con sana curiosità, nonostante tutto.
La seconda parte di Welcome Home riporta stralci dell’epistolario (per la maggior parte lettere di Lucia Berlin all’amico di tutta la vita, il poeta Edward Dorn, e alla moglie) ed è qui che più si delinea la sua vita di lavoro. Consapevole del proprio talento, Lucia Berlin si considerava tuttavia «troppo sciocca» per essere una vera scrittrice. Eppure continuava a lavorare, appartata, segreta, indefessa. I quasi ottanta racconti concepiti nel corso della vita vibrano un talento assoluto. Da queste pagine emerge il dissidio tra una ricerca di disciplina e un nomadismo compulsivo, un caos nella gestione del tempo. Contrasti che illuminano la potenza della sua prosa, offrendo alla sua vocazione il dono di una vera fisionomia.
Lucia Berlin,
Welcome home,
Bollati Boringhieri,
Pagine 190. Euro 20
Lisa Ginzburg, «Lucia Berlin. Racconto di una vita», in “Avvenire”, venerdì 3 gennaio 2020, p. 12.
Foto: Copertina di Lucia Berlin, «Welcome home» / bollatiboringhieri.it