Legge (La Torah)
La prima Lettura appartiene al primo dei discorsi che costituiscono il libro del nel Deuteronomio e che sarebbero stati pronunciati da Mosè nel paese di Moab, al termine dei quarant’anni di cammino nel deserto, nel giorno stesso della sua morte (Dt 1,1-5). Si presentano come le sue ultime parole, come il testamento spirituale in cui egli ricorda gli avvenimenti passati ed esorta gli israeliti a mantenersi fedeli alla Legge del Signore, per costruire una vita felice nella terra in cui stanno per entrare.
L’attribuzione a Mosè è però un artificio letterario, impiegato dall’autore sacro per conferire autorevolezza alle sue parole: il libro, infatti, non ha ricevuto la sua stesura definitiva prima del V secolo a.C.
Il brano della nostra Lettura è stato composto a Babilonia, probabilmente da un sacerdote del tempio di Gerusalemme, ed è rivolto agli israeliti delusi e rassegnati al loro triste destino. L’autore li invita a rendersi conto che non tutto è perduto perché, anche se sono stati sconfitti e umiliati, anche se sono lontani dalla loro terra e non hanno più un tempio dove offrire primizie e olocausti al Signore, sono pur sempre in possesso del suo più grande dono, la Torah, la Legge per la quale sono rinomati fra tutti i popoli della terra.
Della Legge il nostro brano sottolinea tre punti essenziali.
1. La Legge, sorgente di vita.
L’autore sacro non parla di “promulgazione”, ma di insegnamento della Legge: “Ascolta le norme e le leggi che io ti insegno”. Non è tanto questione di imporre, ma di far capire. Non siamo sul terreno del codice, ma della sapienza.
La Legge, così, diventa istruzione, e quindi sorgente di vita, come la sapienza. I comandi del Signore, lungi dal complicare la vita, mortificarla, limitarla, la favorisce, le assicura una possibilità di sviluppo.
L’autore sacro, in altre parole, intende soprattutto far comprendere che “quelle norme e leggi” coincidono con il nostro vero bene.
2. Il secondo punto essenziale della Legge è l’intangibilità: “Non aggiungerete nulla e non ne toglierete nulla”.
Sono qui segnalate due tentazioni perenni da parte dell’uomo:
– attenuare, eliminare ciò che risulta sgradito;
– aggiungere, abusivamente, una quantità di prescrizioni supplementari e minuziose facendo perdere alla Legge il suo carattere di universalità e rendendola praticamente irriconoscibile rispetto all’intenzione del Legislatore.
In ambedue i casi, l’uomo si rivela sostanzialmente disobbediente, perché si sostituisce a Dio maneggiando arbitrariamente la sua Legge.
3. Il terzo punto è che, anche attraverso la Legge, Dio realizza una speciale intimità e “vicinanza” con il suo popolo, in quanto in tal modo è in continuo e diretto dialogo con lui (“Quale grande nazione ha la divinità così vicina a sé?”).
Proviamo ora a tradurre in termini concreti e attuali l’insegnamento della Prima Lettura.
È facile per noi opporre la legge alla libertà, l’osservanza alla fede, le opere alla grazia. È nota anche la polemica che san Paolo apre nei confronti del legalismo che illude l’uomo di salvarsi da solo. Ed è netto anche da parte di Gesù il rifiuto di una religiosità rigida che rende irrespirabile la vita spirituale trasformando l’adesione a Dio in una cappa di piombo di norme da rispettare. “Tu non scendesti dalla croce quando ti si gridava; Scendi dalla croce e crederemo che sei tu – scrive Dostoevskij -. Perché una volta di più non volesti asservire l’uomo. Avevi bisogno di un amore libero e non di servili entusiasmi, avevi sete di fede libera non fondata sul prodigio”.
La Prima Lettura di oggi si presenta proprio come un felice tentativo di coniugare legge e cuore, culto ed esistenza.
La Torah, cioè la Legge biblica è qui presentata non come un castello di aride prescrizioni, ma come espressione dell’incontro tra la volontà di Dio “vicino” e l’adesione gioiosa della libera volontà dell’uomo.
La Torah, come dice il più lungo dei Salmi, il 119 tutto dedicato alla Parola di Dio, “è lampada per i miei passi, è luce sul mio cammino”. Osservando liberamente questa parola il credente scopre la presenza del Dio Salvatore. Il Signore, infatti, non è tanto da cercare in cieli lontani, ma nella Legge che egli ha offerto al suo popolo.
Foto: Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli, Testamento e morte di Mosè, affresco del 1482 ca. e facente parte della decorazione del registro mediano della Cappella Sistina, in Vaticano / it.wikipedia.org