Il Vangelo al centro4 – Seconda parte
Uscire dai sacri recinti
Il Vangelo al centro4 – Poi,
altra direttrice del disegno riformatore
contenuto nella Evangelii gaudium,
la promozione di una
«conversione pastorale e missionaria»
della Chiesa, a ogni livello.
Cioè, una Chiesa
che rifletta il mistero di Dio,
e si metta in cammino
con gli uomini.
Una Chiesa unita
ma anche diversa
nei suoi carismi,
nella maniera di vivere la fede,
nelle iniziative pastorali.
Una chiesa povera tra i poveri,
povera con i poveri.
Una Chiesa misericordiosa,
dove tutti possano sentirsi
«accolti, amati, perdonati».
Una Chiesa che
«diventi una casa per molti,
una madre per tutti i popoli
e renda possibile
la nascita di un mondo nuovo».
Il Vangelo al centro4
Insomma, come ripete
incessantemente Bergoglio
una «Chiesa in uscita».
Una Chiesa
che diventi missionaria,
non solo, nei Paesi del Terzo Mondo
là dove ancora
non si conosce la parola di Cristo,
ma appena si è fuori
della parrocchia,
tra la gente,,
che vive tiepidamente la fede
o che se ne è allontanata
o che ne è da tempo distante.
Perciò, una Chiesa
che sappia entrare
nella vita concreta
delle singole persone.
Senza porre anticipatamente
dei limiti, delle condizioni,
dei «paletti» morali,
all’incontro con Dio,
all’incontro con un amore
che non respinge nessuno,
non esclude nessuno.
Un amore che «è da sempre»,
come si legge nel libro dei Salmi.
***
Il Vangelo al centro4 – E, per questo,
deve essere una Chiesa
che esca dai sacri recinti,
ma anche dal chiuso
(compiaciuto)
delle sue certezze
(le vere certezze,
e più ancora, ovviamente,
quelle «costruite»
lungo i secoli).
Una Chiesa che pratichi
un’autentica testimonianza
del messaggio
di cui è portatrice,
nella sua pienezza,
nella sua trasparenza gioiosa.
Appunto, Evangelii gaudium.
Dunque, Francesco ripropone
la centralità del Vangelo
nella vita
e nella missione della Chiesa.
Per certi aspetti,
potrebbe sembrare
una novità rivoluzionaria,
se si pensa a un passato
anche recente,
a un cristianesimo
che era circoscritto
a un insieme di dottrine,
di precetti morali,
di norme canoniche, di ritualità.
Ma, di per sé, è una proposta
che viene dal fondamento stesso
della fede cristiana.
Papa Bergoglio, infatti,
non «inventa» nulla.
Non fa altro
che esortare i credenti
a tornare al Vangelo,
a considerarlo nuovamente
come l’unico riferimento,
con il quale confrontare
la propria interiorità,
il proprio vivere da cristiani
nel mondo.
Il Vangelo al centro4
Sembrava perciò scontato
che nel popolo di Dio
ci fosse un riscontro
largamente positivo.
Invece, almeno finora,
almeno da parte
della maggioranza dei credenti,
questa risposta non c’è stata
o è risultata molto ristretta.
Prova ne sia
(pur con tutti i limiti
di un’indicazione del genere)
che al vastissimo consenso popolare
di cui gode Francesco,
ancora oggi,
non ha corrisposto
un aumento significativo
della partecipazione
liturgica e sacramentale,
ossia delle presenze alla Messa.
Qualche commentatore,
un po’ sbrigativamente,
ha parlato di un Papa
che riempie le piazze
ma non le chiese.
Un Papa che piace
più ai laici, agli agnostici,
che non ai cattolici.
Qualcuno è arrivato a proporre
un paragone ardito
– in fatto di grandi riforme,
annunciate ma poi non realizzate,
per mancanza
di un disegno complessivo
e di un necessario gradualismo –
tra la rivoluzione bergogliana
e la perestrojka di Gorbaciov.
C’è un pizzico di verità
in tutto questo;
ma le vere ragioni
sembrerebbero altre,
più problematiche,
più complesse.
Una scandalosa contro testimonianza
Il Vangelo al centro4 – Il fatto è
che molti cristiani
non sono più «abituati»
a vivere il Vangelo.
Naturalmente,
conoscono il Vangelo
dai tempi del catechismo,
lo leggono
(ma non sono tanti),
e lo ascoltano la domenica
durante la Messa;
ma, in genere,
non si può dire che
lo pratichino coscientemente
e concretamente, nella loro vita.
Anche perché
– lo pensano ma non lo dicono
ad alta voce –
dubitano che si possa vivere
oggi il Vangelo
come duemila anni fa.
Sì, certo,
ne hanno una qualche «nostalgia»;
sanno bene che lì dentro
c’è l’«inizio» del loro credere,
della loro fede.
Ma poi si fermano sulla soglia,
non riescono ad andare avanti,
chiedendosi:
come viverlo?,
dove viverlo?
Il Vangelo al centro4
Manca chiaramente
una percezione dei «luoghi»
in cui il Vangelo
debba incarnarsi,
radicarsi.
E questo perché,
prima ancora,
manca una vera comprensione
del valore profondo,
unico, del Vangelo,
oltre che come fonte spirituale,
anche nella sua forza rinnovatrice:
sul piano sociale,
ma, anzitutto, su quello personale.
È evidente che,
per poter davvero riformarsi,
la Chiesa dovrà ripensare
la sua presenza pubblica
in senso evangelico,
e non più in termini mondani,
e, men che mai,
di prestigio, di potere.
Ma a che cosa servirà,
se poi i cristiani,
nella loro vita,
nella loro quotidianità,
continueranno a dare
una scandalosa contro testimonianza
del Vangelo?
***
Il Vangelo al centro4 – Anche qui,
il cardinale Angelo Scola
ha fatto un’analisi
molto acuta, molto azzeccata.
Ha parlato di un
«colpo allo stomaco»,
che lo Spirito Santo,
proprio attraverso Papa Bergoglio,
avrebbe inferto ai cristiani
– specialmente ai cristiani apatici,
superficiali,
quelli che Francesco chiama
«cristiani da salotto» –
appunto per svegliarli,
per farli uscire
dal loro stato di passività,
se non di rassegnazione,
di colpevole assenza
dai problemi della società.
E quindi,
come ha detto una volta
nel suo gergo italo-argentino,
per spingerli a smettere
di «balconare» la vita,
cioè di star lì
a osservare e criticare
l’operato degli altri,
e aspettare solo
di vederli fallire.
Una reazione contraria
Il Vangelo al centro4 – «Francesco
– ha spiegato ancora Scola –
ci ha messo davanti
l’urgenza di assumere
il nostro compito di cristiani
in maniera diversa.
E questo porta con sé
una salutare dose
di destabilizzazione,
perché se uno non è provocato
non cambia…».
Ma c’è anche, purtroppo,
un rovescio della medaglia.
Anzi, sta forse proprio qui
l’aspetto più paradossale
– e contraddittorio –
di una rivoluzione,
per così dire, «immateriale»:
e cioè, una rivoluzione che mira
non tanto a cambiare le strutture,
o a creare un nuovo «sistema»,
bensì a trasformare gli animi
i comportamenti, le mentalità,
i rapporti tra le persone.
E, di conseguenza,
è una rivoluzione
che va inevitabilmente
a toccare, a scuotere,
a «destabilizzare»,
quanto c’è di più intimo,
di più nascosto,
nella coscienza di un uomo.
Il Vangelo al centro4
A questo punto, perciò,
può accadere che
se uno è «provocato»,
come osservava il cardinale Scola,
se uno viene distolto
dal suo tran tran,
dalla sua «tranquillità» spirituale,
può accadere che
abbia una reazione
esattamente contraria.
Anziché rassicurato
nel suo stato d’animo,
e confortato nei sui dubbi,
nei suoi problemi,
c’è il rischio invece che
si senta «colpito»
in quella che considera
la propria scelta cristiana,
la propria maniera di viverla,
e quindi sia portato
a ignorare il richiamo di Francesco
alla conversione,
al cambiamento.
E più ancora –
ecco probabilmente
l’aspetto più grave,
e più nuovo
e sempre più diffuso –
sia portato a respingere
l’invito di Papa Bergoglio
a riscoprire il Vangelo
nella sua proiezione
più attuale, più urgente:
quella della misericordia.
Un Papa che parla di misericordia,
così come ne parla Francesco,
così come la propone,
finisce per spiazzare molta gente,
e – certo non intenzionalmente –
per creare divisioni
all’interno della comunità cristiana.
È una realtà inquietante,
dolorosa,
persino incomprensibile;
eppure,
è quel che sta succedendo.
Gian Franco Svidercoschi, «Un Papa
che divide? Le inevitabili contraddizioni
di un pontificato rivoluzionario»,
Rubbettino Ed., Soveria Mannelli
(Catanzaro), 2018, pp. 31-35.
Foto: Elezione di Papa Francesco /
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