Il dolore

Il dolore – Perché dobbiamo soffrire?
Perché il dolore?

 

Il dolore – Gli abissi,
in cui il dolore travolge l’uomo,
se non lo salva la fede,

sono solitamente,
o la furente ribellione
contro il fato avverso,
o la disperazione
altrettanto furibonda,
al fine di sottrarsi ai suoi assalti.

Così il dolore,
dopo aver seminato nel cuore dell’uomo
l’agitazione, l’oscurità,
la mestizia, la debolezza,
alla fine con un colpo mortale
l’uccide moralmente,
in un parossismo di rabbiosa pazzia.

Egli infatti
– contro quanto affermano i liberi pensatori
e gli uomini senza fede –
sente benissimo che il dolore non è,
per legge di natura,
un debito necessario dell’esistenza,

né un effetto,
che esca fatalmente dalla nostra stessa natura,
come un frutto del suo germe.

Egli sente che esso
non è che un male contro natura,
ossia un ospite intruso e ingrato della terra,
un forestiero sinistro e malaugurato,
ovvero un cancro doloroso,
introdotto sull’albero dell’umana famiglia
da qualche suo nemico giurato.

No, grida egli,
io non sono nato per soffrire,
ma al fine di godere.

Tutto me lo dice in me.
Me lo dice,
in maniera indiscutibile,
l’aspirazione più irrefrenabile
e profonda del mio essere
verso la felicità.

Me lo dice l’orrore istintivo,
anch’esso invincibile,
di tutta la mia natura
nei confronti della sofferenza
e del dolore.

Perché dunque debbo io soffrire?
Chi mi insegna, chi mi aiuta a liberarmi
dalle strette di questo ingiusto assalitore?

Ed allora escogita tutti i mezzi più ingegnosi,
invoca tutti i sistemi più arditi inventati dagli uomini,
compie gli sforzi più disperarti al fine di riuscire
nel suo intento – tanto ragionevole del resto,
tanto umano e naturale! – di uscire dal dolore,
o almeno di renderne più rari gli assalti
e soprattutto di mitigarne le ferite.

Ma tutto è vano,
se voi non credete in Dio.

Ossia se voi non sapete
che noi siamo creati per Lui
e siamo qui in cammino al fine di raggiungerLo;
se voi guardate questo vasto mondo
come un campo chiuso, in cui lottano forze fatali,
oh! allora il dolore non ha più alcun senso per voi.

Nel vostro scoramento,
nello strazio della vostra anima,
che volete che vi dica?

Non vi resta, infatti,
che soffrire in silenzio il vostro dolore,
senza peraltro importunare
con i vostri lamenti
un cielo vuoto e persone
che non possono nulla per voi.

Che tale è infatti la punizione
di chi vive senza Dio:
soffrire senza conforto.

Il dolore,
finché non si assurge a valori più alti,
quali sono quelli della fede,
rimane un fato tanto misterioso
e inesplicato, quanto inevitabile.

Esso, in effetti, è un carnefice
che ci strazia, ci fa gemere e piangere,
ma non ci fa dire il segreto delle lacrime
che ci strappa dagli occhi;
non ci fa destare con i nostri gemiti
una voce liberatrice.

Come il naufrago,
abbandonato in un’isola deserta,
in mezzo all’immensità dell’oceano,
getta invano su quelle profondità silenziose
il suo sguardo disperato,
senza nulla vedere attorno a sé
che acqua e cielo;

così l’uomo interroga invano
la notte cupa e senza stelle del suo dolore,
e nel gran vuoto implora soccorso
con grida disperate,
che non hanno né eco né risposta.
Tutto, infatti, è buio,
tutto è silenzioso intorno a lui.

Antonio Oldrà, «Il dolore.
Perché dobbiamo soffrire?
Perché il dolore?».

Foto: William Blake, Illustrazione del libro di Giobbe /
pinterest.it

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