I rischi della popolarità2 – Prima parte
I rischi della popolarità2 – Jorge Maria Bergoglio
è stato subito popolarissimo.
Un consenso esploso
già nel momento in cui,
annunciato dal cardinale protodiacono,
si è saputo il nome
che aveva avuto il coraggio di assumere,
quello del Poverello di Assisi.
E poi,
quando s’è affacciato dal balcone
della basilica vaticana,
in tanti hanno scoperto
quella sua faccia aperta,
solare, simpatica.
E quell’incredibile «Buonasera!»,
che buttava giù di colpo muri,
incomprensioni, ostilità,
arrivando ben oltre i «confini» cattolici.
E anche,
venendo il nuovo Papa
dall’altra parte dell’oceano,
il poter pensare
che non avesse avuto niente a che fare
con la drammatica situazione
in cui era scivolata la Chiesa:
i contrasti tra cardinali,
le lotte di potere
all’interno della Curia romana,
gli scandali finanziari, Vatileaks,
le vicende scabrose della pedofilia,
fino alle traumatiche dimissioni
di Benedetto XVI.
I rischi della popolarità2
I rischi della popolarità2 – Poco prima,
nella Sala Lacrimatoria,
al cerimoniere che lo aiutava
a indossare l’abito bianco
e le insegne pontificie,
Francesco aveva rifiutato
sia di mettere la croce pettorale d’oro,
mantenendo la sua d’argento,
sia di indossare la mozzetta rossa
bordata di ermellino.
Mentre Giovanni Paolo II
– erano passati soltanto trentacinque anni,
e invece sembrava un’eternità –
aveva dovuto vincere
le dure resistenze del capo cerimoniere.
Il quale, invocando la prassi,
il si-è-sempre-fatto-così,
aveva tentato in ogni maniera
di impedirgli
di parlare alla folla in piazza san Pietro;
e alla fine,
con la gente che applaudiva impazzita
per quel «Se sbaglio, mi corigerete»,
si era permesso
di dire in un orecchio al Pontefice
che era stato appena eletto:
«E adesso, basta!!!».
Gesti clamorosi
I rischi della popolarità2 – Ma,
quel vastissimo consenso di popolo
attorno a Francesco,
non era solo un effetto mediatico,
né era dovuto solamente
alle tante novità
che quella elezione significava.
Ad affascinare tutti,
credenti e non credenti
è stato immediatamente
lo stile stesso di Bergoglio
il suo nuovo modo di «fare il Papa».
È stata la sua spontaneità,
il senso di prossimità che ti dava,
la sua empatia,
come se condividesse
la tua quotidianità, i tuoi problemi,
le tue sofferenze, insomma,
come se fosse uno come te.
E tutto questo ha,
per così dire,
sciolto l’antica «rigidità»
del ministero pietrino,
o, almeno,
di come era stato interpretato.
I rischi della popolarità2
Per la verità,
si trattava di un cambiamento
ch’era già stato avviato
da altri pontefici – come Giovanni XXIII,
Giovanni Paolo I, e Karol Wojtyla –
ma che ha fatto registrare
una fortissima accelerazione
con il Papa argentino.
Si pensi
ai tanti gesti clamorosi
che ha compiuto.
Come,
nel primo Giovedì santo,
la lavanda dei piedi
non in San Pietro
ma in un carcere,
e a due donne,
una delle quali musulmana;
e la novità
è stata poi «ufficializzata»
(tra molte resistenze)
nelle rubriche del Messale romano.
E le visite alle tombe
di don Mazzolari e don Milani,
a sanare definitivamente una ferita
che ancora faceva sanguinare
la storia della Chiesa italiana,
ancora divideva gli animi.
***
I rischi della popolarità2 – Gesti
non solo simbolici, e con dentro
un’enorme carica di provocazione,
di denuncia morale.
Come quel primo viaggio,
a Lampedusa,
senza il solito codazzo
di politici e di autorità,
per gettare i suoi fiori
e pronunciare la sua preghiera,
su quel mare
diventato un tragico cimitero
per tanti esseri umani,
che avevano lasciato
le loro case, i loro Paesi,
in cerca di una vita diversa,
di una vita migliore.
E proprio da lì,
dall’esperienza di Lampedusa,
è venuta poi l’ispirazione
per tanti altri viaggi
nelle pieghe più angosciose
e dimenticate dell’umanità.
Alcune «ombre»
I rischi della popolarità2 – Dunque,
un Papa con una popolarità
mai prima conosciuta
dai suoi predecessori,
e, in breve tempo,
ampliatasi a livello universale.
Ma anche, e probabilmente
a causa dei meccanismi
non sempre virtuosi
che la alimentano,
una popolarità
che in certe occasioni
ha finito per gettare delle «ombre»
sulla figura di Bergoglio,
o per restringerla in certi cliché:
come sentire il Papa
che ormai comincia
i suoi discorsi al popolo
con un «Buongiorno!»
analogamente al famoso
e accattivante «Buonasera!»
di quel 13 marzo;
o vedere che si porta da solo
la borsa durante i viaggi,
dopo quella prima volta
che lo aveva fatto
– con un seguito di grandi titoli sui giornali –
salendo sulla scaletta dell’aereo
per il Brasile.
***
I rischi della popolarità2 – Ma
quel che più colpisce
– bisogna pur avere il coraggio di dirlo –
è che questo consenso
sia arrivato talvolta
a punte oggettivamente eccessive,
se non trionfalistiche.
E lasciamo stare gli inizi,
quando venivano pubblicati
centinaia di libri,
uno se non due al giorno
il primo anno.
Ma adesso,
passata la febbre della novità?
***
I rischi della popolarità2 – Mesi fa
è uscito un libro
su chi il Papa ha abbracciato.
Poi, un docu-film ha mostrato
tutta una serie di persone
che si sono fatte un selfie
(che è il massimo del narcisismo)
con lui.
E, dopo aver visto il documentario,
uno storico come Alberto Melloni
ha scritto così di Francesco:
«(…) Un prete disincantato
fra tiepidi bigotti,
un leader mondiale
fra gli gnomi globali,
un maschio risolto
in mezzo ad insicuri arroganti,
un uomo reso padre
da un celibato senza febbricitazioni…».
(Qualche tempo dopo però,
a vedere durante la Messa
tutti quei telefonini alzati
per fare la fotografia,
il «prete disincantato»
non ce l’ha fatta più,
ed è sbottato:
«E non solo fedeli,
anche alcuni preti
e anche vescovi.
Ma per favore! (…)».
***
I rischi della popolarità2 – E
sulla «Civiltà cattolica»,
a commento della visita
del presidente americano
Donald Trump in Vaticano,
così scriveva il direttore,
Antonio Spadaro:
«Con Francesco
si va concludendo quel processo,
avviato ai tempi dell’imperatore Costantino,
in cui si attua un legame organico
tra cultura, istituzioni e Chiesa.
Un tratto netto
della geopolitica bergogliana
consiste
nel non dare
sponde teologiche al potere
perché possa imporsi
o per trovare un nemico
da combattere (…)».
I rischi della popolarità2
Per obiettività storica,
bisognerebbe ricordare
come già il Vaticano II
avesse sanzionato
un notevole cambio di direzione
rispetto alla cosiddetta
«epoca costantiniana».
Ma a sorprendere di più,
nell’articolo della rivista dei gesuiti,
non è tanto
la dimenticanza del Concilio
quanto il tono generale così enfatico,
così amplificato, così tutto.
Ai limiti
di un culto della personalità.
Gian Franco Svidercoschi, «Un Papa
che divide? Le inevitabili contraddizioni
di un pontificato rivoluzionario»,
Rubbettino Ed., Soveria Mannelli
(Catanzaro), 2018, pp. 11-14.
Foto: Elezione di Papa Francesco /
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