Giovanni Marco – At 13,14.43-52 – Quarta Domenica di Pasqua – Anno C
Giovanni Marco. La prima lettura di oggi consta di due parti:
il versetto iniziale (v. 14)
e poi con un lungo salto,
ossia l’omissione di 29 vv.,
un testo di 10 vv. (vv. 43-52).
Il v. iniziale ci informa dell’arrivo di Paolo
e dei suoi collaboratori ad Antiochia di Pisidia
(distinta da Antiochia di Siria
da cui partono tutti i viaggi apostolici di Paolo).
Il testo di dieci vv.
narra invece l’inizio della grande avventura della Parola,
destinata a raggiungere tutte le genti,
fino agli estremi confini della terra.
Nella sinagoga di Antiochia, infatti,
si manifesta il piano divino di salvezza:
l’indurimento del cuore di Israele diviene ora occasione
per aprire nuove strade all’annuncio del Vangelo.
Giovanni Marco. Prendo in considerazione solo l’unico versetto
che rappresenta l’inizio della prima lettura:
«In quei giorni, Paolo e Barnaba,
proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiochia di Pisìdia.
E, entrati nella sinagoga nel giorno di sabato,
sedettero» (v. 14).
Sembra un versetto di pura e semplice annotazione di cronaca.
In realtà, è il risultato di un, diciamo così, incidente di percorso,
o variazione di un progetto pastorale o missionario.
A parte l’incontro con il proconsole Sergio Paolo,
il racconto degli Atti degli Apostoli
non si dilunga sulla missione svolta a Cipro.
Tutto l’interesse dell’autore
si rivolge al continente, ossia all’Asia Minore.
È Paolo che spinge i suoi collaboratori
a proseguire il viaggio?
Salta subito all’occhio come a questo punto
si parli di «Paolo e i suoi compagni».
Sempre più apertamente
egli prende in mano le redini della missione.
È verosimile che Giovanni Marco, menzionato al cap. 13,5
come aiutante del cugino Barnaba e dello stesso Paolo,
non fosse per nulla d’accordo circa quel brusco mutamento
del campo di lavoro.
Lo vediamo infatti abbandonare il gruppo,
non appena questo toccherà la terra ferma.
Bastano questi brevi cenni
a lasciarci intravedere come anche nella Chiesa primitiva
non mancassero gli inconvenienti dovuti alla debolezza umana.
Posizioni contrapposte e differenze di temperamento
conducono anche qui a tensioni e insofferenza,
Non conviene però essere troppo corrivi
nel fissare la misura della colpa
a carico dell’uno o dell’altro dei nostri personaggi.
Qui interessa concludere
che il dissidio più tardi si è ricomposto.
Infatti, Paolo, nella lettera che in seguito scrisse ai Colossesi,
al cap. 4, versetto 10, afferma che:
«Giovanni Marco, il cugino di Barnaba»,
si trovava ad assistere Paolo prigioniero.
Giovanni Marco. Qual è il messaggio di tutto questo?
Anche noi a volte siamo autori di divisioni o scontri
nella comunità cristiana, o semplici spettatori.
Talvolta accusiamo la comunità cristiana, la Chiesa,
in una parola, gli altri, quasi chiamandoci fuori
dalla situazione di disagio.
Ma se la comunità cristiana, la Chiesa,
è la nostra famiglia di cui siamo membra vive,
è quantomeno deleterio fomentare o favorire
critiche, sospetti, giudizi negativi.
Inoltre perché non pregare e operare
perché gli screzi, le divisioni o il disagio
non siano superati?
In una famiglia normale,
i vari membri si sostengono a vicenda.
Non sarebbe opportuno che lo facessimo
anche tra noi?
Sicuramente per andare d’accordo
occorre essere almeno in due.
Ma se il due non ci sta,
perché non posso cercare anche da solo
a non favorire o fomentare divisioni o disagio?
Che il Signore mi aiuti
a fare perlomeno la mia parte.
Foto: Visione di Trento sud dalla Casa di Riposo
”Civica San Bartolameo” / Foto personale