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Eustochia Calafato

Eustochia Calafato (1434-1485)
Clarissa
20 gennaio

 

Eustochia Calafato
Le notizie fondamentali
per la ricostruzione
della sua biografia
sono tramandate
dalla Leggenda,

uno scritto,
composto nel 1493,
due anni dopo la sua morte
e rinvenuto solo
negli anni quaranta
del XX secolo.

***

Eustochia Calafato
(al secolo Smeralda),
è quarta dei sei figli
di Bernardo Cofino,
e di Macalda
Romano Colonna.

Il papà,
soprannominato “Calafato”
(destinato a diventare
il cognome
di tutta la famiglia),

perché incatramatore
di barche,

è un commerciante messinese
che esercita anche via mare
il trasporto conto terzi.

La mamma, allora
giovane sposa diciottenne,
si iscrive al
Terz’Ordine Francescano.

Trasfonderà i suoi sentimenti
e le sue aspirazioni
anche alla piccola Smeralda,
iniziandola alla pietà
e all’esercizio
delle virtù cristiane.

Eustochia Calafato

Nell’anno
in cui viene alla luce,
Messina è colpita
da un’epidemia di peste.

I genitori,
per sfuggire alla pestilenza,
decidono di recarsi
fuori dalla città,

presso il vicino villaggio
della S.S. Annunziata
(oggi rione di Messina).

È lì che la madre Macalda
la dà alla luce,
“lo jovedì sancto,
lo giorno de la Anunciata
ad ora de mezzogiorno”
il 25 marzo 1434.

Smeralda
trascorre i primi anni
della fanciullezza
senza notevoli avvenimenti,
nella casa paterna,
emulando le virtù della madre.

Si tramanda
che sin da piccola
la sua bellezza
non passa inosservata.

***

Eustochia Calafato
Il 13 dicembre 1444,
quando Smeralda
ha appena
undici anni circa,

senza neppure
essere interpellata
e secondo
i costumi del tempo,

il padre
la fa fidanzare
con Nicolò Perrone,

un maturo vedovo
trentacinquenne,
mercante di pari
condizione sociale
ed economica.

Il concertato matrimonio,
però, sfuma
per l’improvvisa
e repentina morte
del promesso sposo
nel luglio 1446,

proprio alla vigilia
delle nozze,
quando è già pronta
la casa che deve
accogliere gli sposi.

Due anni dopo,
nel 1448,
è promessa in sposa
ad un altro giovane
che muore addirittura
prima di conoscerla.

Eustochia Calafato

Anche se non pienamente
cosciente di quanto accaduto,
l’evento provoca
nella piccola Smeralda
un tremendo
e comprensibile trauma,

ma la Provvidenza divina
che ha ben altri disegni
su di lei, se ne serve
per attirare
alle cose celesti
il suo cuore,

del resto
già ben disposto
alle più ardite
e sublimi decisioni.

Così la morte
del promesso sposo
spinge soavemente
ma fortemente Smeralda
a considerare
nella sua vera realtà

e alla luce del soprannaturale
la vanità delle cose terrene
e dei piaceri mondani.

Nonostante
reiterate pressioni
dei parenti
e le ottime occasioni
che si presentano
per un nuovo fidanzamento,

rimane sempre tetragona
nel rinunciarvi.

Non ha neppure
quattordici anni,
ma decide di entrare
in convento

per dedicarsi
completamente a Dio
nella vita religiosa,

***

Eustochia Calafato
Netto il rifiuto del papà,
al quale
non mancano certo
altre richieste
di matrimonio,

anche ghiotte,
per quella figlia
tanto bella:

lei rifiuta
ogni proposta,
scalpita,
litiga con papà
e cerca addirittura
di scappare da casa.

Alla fine,
Eustochia Calafato,
riesce a vincere
le resistenze del padre.

Questi promette
che al suo ritorno
da un viaggio commerciale,
farà costruire un convento.

Bernardo, però,
muore improvvisamente
in Sardegna,
verso a fine del 1448.

La strada per il convento
sembra spianarsi,
ma adesso
sono le monache
a non volere Smeralda:

hanno paura
di vedersi incendiare
il convento,
come i fratelli
di Smeralda
minacciano di fare.

L’attesa
si protrae ancora
per un anno,
poiché soltanto
alla fine del 1449,

Smeralda Calafato
è accolta nel monastero
delle clarisse di S. Maria
di Basicò (Messina),
rimanendovi
per undici anni.

Prende un nuovo nome:
da Smeralda
diventa Suor Eustochia,

ispirandosi alla discepola
di S. Girolamo,
Santa Eustochio Giulia
(368-419)).
Ha circa 15 anni e mezzo!

Eustochia Calafato

Fin dal noviziato,
si sobbarca a lavori umili,
vive nella mortificazione
e nella preghiera.

Animata
da un profondo amore
alla povertà,
sceglie per cella
un sottoscala.

Vive penitente,
dormendo
sulla nuda terra
e portando il cilicio.

Ma quello che a lei
sembrava essere
il paradiso in terra,
piano piano, si rivela
completamente diverso
da come lo ha immaginato.

La vita spirituale
è molto rilassata
ed Eustochia
non paga di attendere
alla sua
personale perfezione,

desidera ardentemente
che tutto il monastero
risplenda per l’esemplare
osservanza della regola.

A questo proposito,
ha molte discussioni
con le consorelle
e con la badessa.

Accade che
per venire incontro
alle esigenze delle ragazze
di buona famiglia

che non intendono
rinunciare
alle loro comodità,
vengono date dispense
e fatti dei favoritismi.

Con progressiva
e tenace azione
e con scopi
non del tutto lodevoli,

la badessa,
suor Flos Milloso,
sottrae il monastero
dalla direzione spirituale
degli Osservanti,

e pur non trascurando
le necessità spirituali
delle suore,

è troppo invischiata
ed immersa
negli affari terreni
e temporali.

Va ricordato che
il monastero di Basicò,
a quest’epoca,

è uno dei più importanti
della Sicilia ed asilo
delle nobili fanciulle,
e quindi oggetto
dei privilegi del re.

Eustochia si oppone
a questo stile di vita
e invoca un ritorno
alla Regola originaria,

dando lei per prima
l’esempio di una vita austera,
intessuta di preghiera
e di servizio
alle sorelle anziane
o ammalate.

Ma poiché
a nulla approdano
i suoi sforzi
e i suoi tentativi

decide
di cercare altrove
quanto manca a Basicò.

***

Eustochia Calafato
Inevitabile lo scontro
con la badessa
e lo strappo doloroso,
ma necessario:

il 20 ottobre 1457
inoltra una supplica
a papa Callisto III,

con la quale
chiede il permesso
di fondare
un nuovo monastero.

che più fedelmente
segua la Regola
di Santa Chiara.

Con due Bolle,
del 20 ottobre 1457,
e del 15 aprile 1458,
Callisto III
concede ad Eustochia

di fondare un monastero
di primitiva osservanza
– l’unico in tutta la Sicilia –
e l’autorizzazione
di potervisi trasferire.

Eustochia supera
immensi ostacoli,
sopportando
violente avversità
e contraddizioni
interne ed esterne,

Nel 1460,
grazie agli aiuti finanziari
da parte di sua madre,
della sorella (Mita?)

e la fattiva collaborazione
del nobile messinese
Bartolomeo Ansalone

Si trasferisce
nell’ex ospedale
dell’Accomandata
adattandolo a monastero.

La seguono
sua mamma Macalda,
la sorella Mita (Margherita)
e la nipote Paola,

e inoltre
suor Lisa Rizzo
e suor Jacopa Pollicino,
consorelle nel monastero
di Santa Maria in Basicò.

Eustochia Calafato

I primi anni
della fondazione
sono travagliati.

La badessa di Basicò
Flos Milloso,
e il clero
le osteggiano.

I Frati Minori Osservanti
non sono molto inclini
a estendere
le loro riforme
alle religiose.

Anzi, addirittura,
proibiscono
ai sacerdoti francescani
di celebrare la Messa
nel monastero,

lasciando così
per otto mesi
il nuovo convento
senza assistenza religiosa.

Eustochia allora
si rivolge direttamente
alla Santa Sede,

ricevendo da parte
dell’arcivescovo di Messina
un Breve

in cui si obbligano i frati
a celebrare la Messa
per le suore,
pena la scomunica

e solo una bolla
di Pio II (1461)
riesce ad obbligare
i frati

a seguire
la vita spirituale
delle religiose
del monastero.

***

Eustochia Calafato
Ben presto, nei locali
dell’Accomandata,
il numero delle consorelle
aumenta velocemente

e questi diventano
inadeguati ed insufficienti.

Inoltre,
in seguito al crollo
del tetto della chiesa
e di alcune
parti murarie
del fabbricato,

Eustochia, unitamente
alla sua comunità
di dodici suore,
si trasferisce,
tra il maggio e l’agosto
del 1464

nel nuovo monastero
di Montevergine,
ricavato dall’adattamento
di una casa donata
da Bartolomeo Ansalone.

Con l’aiuto dei Papaleone
vengono acquistate anche
altre abitazioni adiacenti,

e si va a formare
un unico complesso,
denominato
Monte delle Vergini,

e più propriamente,
in onore della Madonna,
Monte della Vergine.

Intanto, Eustochia
riesce a trovare
un manoscritto
della regola di s. Chiara

alla quale si uniforma
per la direzione
della comunità.

Ha inizio così
il monastero
di Montevergine

nel quale, ben presto,
diverse anime
nobili e generose

chiedono di entrare
per condividerne
la vita povera
ed evangelica.

Eustochia si alterna,
nella guida della comunità,
con suor Iacopa Pollicino.

Per fortificare le monache
nella loro fede
e nella loro completa
dedizione all’amore divino,

compone un libro
sulla Passione di Gesù
che è andato perduto.

Serba notizia
delle grazie ricevute
in una sua agenda.

Legge ripetutamente,
tanto da ricordarle
a memoria,
le Laudi di Jacopone,

che canta insieme
ad inni religiosi
dedicati alla Madonna
e a Cristo.

Ha, tra i suoi libri,
il Monte de la orazione,
un trattato ascetico
giuntoci
sia in toscano
che in siciliano.

Infine, non tralascia
gli studi di teologia
cui è stata avviata
fin da ragazza.

Eustochia Calafato

Fattasi cosi
madre spirituale
delle sue figliole,
ella le istruisce,
le educa, le forma
alla vita francescana.

Le sprona
alla meditazione
della passione di Cristo,.

Comunica loro
i frutti delle proprie
esperienze ascetiche,
e infonde
nei loro cuori
l’amore alle virtù

che ella stessa pratica
con ammirabile
costanza ed eroismo.

Quando esercita
le funzioni di badessa
Suor Eustochia
non da ordini perentori.

Preferisce fare appello
alla buona volontà
di ogni religiosa
dicendo semplicemente:
“Chi di voi
vorrà fare questo?”.

Quando vede
qualche consorella
cadere in qualche colpa,
ne soffre tantissimo,
perché detesta
qualsiasi peccato

e non tralascia
di correggerla
amorevolmente.

Finché vive,
Eustochia cerca
di osservare
e far osservare

quanto la liturgia
prescrive riguardo
all’ufficio divino.

Quando
per le frequenti
e lunghe malattie
non può
prendere parte al coro,

si fa recitare
la liturgia delle ore
da qualche consorella.

Ogni notte trascorre
immancabilmente
diverse ore
in adorazione
davanti al SS. Sacramento.

Eustochia trae
un grande amore a Dio
dalla sua
abituale meditazione
sull’incarnazione
e la passione del Signore,

sicure vie,
secondo lei,
per giungere
alla più alta perfezione.

Una sua preghiera
al Crocifisso mostra
da quale desiderio
sia animata:

“O dolcissimo
mio Signore,
vorría morire
per lo tuo santo amore,
così come Tu
moristi per me!

Forami il cuore
con la lancia
e con i chiodi
de la tua
amarissima Passione;

le piaghe
che tu avesti
nel tuo santo corpo,
che io le abbia nel cuore.

Ti domando piaghe,
perché mi è
grande vergogna
e mancamento

vedere Te,
Signore mio,
piagato,
mentre io
non sia piagata
con Te”.

***

Eustochia Calafato
Durante la vita
va soggetta
a misteriose, lunghe
e dolorose malattie

con stupore
dei medici
e delle consorelle.

Si trova più volte
in fin di vita
per sbocchi di sangue,
forse anche per infarti
e reumatismi articolari acuti.

Ma ciò non le impedisce
di continuare la sua opera
di perfezione spirituale
e di animazione
della comunità.

Nel 1472,
ottiene da Sisto IV
il permesso di fondare
un monastero
a Reggio Calabria,

che poi non sorge
per motivi
che ci sono ignoti.

Poco prima di morire
rivolge
alle sue consorelle
questa esortazione:

«Figlie mie abbiate,
il Crocefisso
come un Padre
e ne riceverete
tutti gli insegnamenti
di cui avrete necessità;

ho fatto
anche io così

e, senza mai
cercare conforto
in esseri umani,

mi sono sempre
interamente
abbandonata a Lui
e ne ho ricevuto
tutte quelle consolazioni
che nessuno può dare…».

Eustochia si spegne
il 20 gennaio 1485,
a 51 anni,
nel monastero
di Montevergine.

Lascia una fervente
e stimata
comunità religiosa
di circa 50 suore,

il profumo
delle sue virtù
e la fama
della sua santità.

Eustochia Calafato

Al momento
della sepoltura,
scrive suor Jacopa,
badessa in quegli anni:

«et stava così bella
e vermiglia et palpabile
come dormisse
e non fusse morta
e tucta odorifera».

L’arcivescovo di Messina
Francisco Alvarez de Quinones
scrive nel 1690
alla Sacra Congregazione
dei Riti:

“Il suo corpo, da me
diligentemente veduto
e osservato,

è integro,
intatto e incorrotto
ed è tale che si può
mettere in piedi,
poggiando
sulle piante di essi.

Il naso è bellissimo,
la bocca socchiusa,
i denti bianchi e forti,

gli occhi non sembra affatto
che siano corrotti,
perché sono alquanto
prominenti e duri,

anzi nell’occhio sinistro
si vede quasi
la pupilla trasparente.

Inalterate le unghie
delle mani e dei piedi.

Il capo
conserva dei capelli

e, quello che reca
maggiore meraviglia,
si è che due dita
della mano destra
sono distese
in atto di benedire,

mentre le altre
sono contratte
verso la palma
della mano.

Le braccia
si piegano
sia sollevandole
che abbassandole.

Tutto il corpo
è ricoperto dalla pelle,
ma la carne
sotto di essa
si rivela al tatto
dissecata”.

***

Eustochia Calafato
Sollecitate da personalità
ecclesiastiche e laiche,

le monache
di Montevergine
scrivono una biografia
della loro venerata
fondatrice e madre,

mentre
la fedele compagna
Suor Iacopa Pollicino
ne trasmette toccanti
ed ammirabili cenni

in due lettere
a suor Cecilia Coppoli,
badessa del monastero
di S. Lucia di Foligno,

nelle quali conferma
o completa quanto
di più interessante,
prestigioso e virtuoso
ha notato
in suor Eustochia.

Il corpo di Eustochia,
rimasto incorrotto
da cinque secoli,
brunito dal tempo,

è conservato
in una teca di vetro,
in posizione eretta,

nel Monastero
di Montevergine,
in via XXIV Maggio
a Messina.

Secondo
alcuni critici d’arte,

Eustochia
sarebbe stata ritratta
da Antonello da Messina,
nel quadro che raffigura
l’Annunziata.

Ma su questo
si veda una mia ricerca
che pubblicherò
sempre su questo sito
nella rubrica
Arte Pittura.

È beatificata da Pio VI
nel 1782.

San Giovanni Paolo II,
durante una sua visita
a Messina,
l’11 giugno 1988,
la inscrive
nell’albo dei Santi.

Viene ricordata
il 20 gennaio.

Foto: Eustochia Calafato /
facebook.com

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