Coleta da Corbie (1381-1447) – Terziaria francescana, riformatrice del II Ordine
7 febbraio
Coleta. La vita di Coleta da Corbie si svolge in un’epoca di crisi
– guerra dei Cent’anni, scisma della Chiesa –
e si inserisce all’inizio del grande rinnovamento francescano del Quattrocento.
La conosciamo attraverso due biografie,
una scritta dal suo confessore Pietro di Vaux poco dopo la sua morte,
l’altra da una delle sue compagne, suor Perrine, intorno al 1471.
Redatte nello stile tipico delle agiografie della fine del Medioevo
e in vista del processo di canonizzazione,
esse pongono l’accento sull’aspetto straordinario della sua vita.
Pietro di Vaux, che è il primo a scrivere, imporrà un’immagine di santità
che le epoche successive si limiteranno a copiare e arricchire,
a dispetto del reale apporto costituito dai documenti contemporanei
utilizzati nel corso dei secoli.
Coleta nasce a Corbie, presso Amiens (Francia), il 13 gennaio 1381, quando i genitori
(Roberto Boylet, carpentiere presso la locale abazia e Caterina), ormai anziani,
non sperano più di avere figli.
La chiamano Nicoletta (familiarmente Coleta) in onore di san Nicola di Bari,
alla cui intercessione attribuiscono la sua nascita.
Coleta, riceve un’istruzione basilare, e, già da bambina,
particolarmente seria, si impegna in opere di carità e mortificazione.
A diciassette anni, morti entrambi i genitori, è affidata all’abate di Corbie.
È ormai libera di scegliere, previo il consenso dell’abate
anche se in realtà non sa bene cosa fare,
se non amare e servire Dio con tutto il suo cuore e la sua forza.
Si consulta con un frate celestino di Amiens,
che le consiglia di far voto di castità
dandole qualche insegnamento sulla preghiera.
Egli è convinto che il desiderio della ragazza
di servire Dio in modo totale sia il segno di una vocazione religiosa.
Coleta, in un primo momento, si unisce a un gruppo di beghine
che prestano servizio nell’ospedale locale,
poi alle benedettine ed infine alle clarisse urbaniste
(che seguono la regola di Santa Chiara rivista da papa Urbano IV)
di Moncel, presso Beauvais.
In nessuno di quegli ordini, però,
trova l’austerità e la ristrettezza di vita che desidera.
Fa ritorno a Corbie dove trascorre un altro periodo di incertezza e indecisione.
Non molto dopo però, il francescano osservante padre Pinet
passa per caso per Corbie e Coleta si reca da lui in cerca di consiglio.
Dopo lunghe preghiere e aver molto ponderato il problema,
egli le suggerisce di unirsi al Terz’Ordine francescano
e di vivere come reclusa.
Coleta non ha titubanze di sorta ed è lo stesso abate di Corbie
a presiedere la cerimonia in cui essa, all’età di ventidue anni,
si impegna a intraprendere quella vita.
L’abate conduce poi personalmente Coleta in un reclusorio
presso la chiesa di Santo Stefano a Corbie ed egli stesso provvede a murarlo.
È il 17 settembre 1402.
Coleta vi rimane rinchiusa dal 1402 al 1406.
Attraverso una piccola finestra,
ascolta e consiglia quanti si rivolgono a lei.
Alcuni amici provvedono a tutte le sue necessità.
Coleta invece si occupa dei lini della chiesa,
cuce i vestiti dei poveri, prega e fa penitenza.
Come per tanti altri eremiti, anche le sue giornate sono alterne;
alcune ricche di grazia e altre di assalti diabolici, come essa li definisce.
Per Coleta, che dopo tanta fatica
è giunta a legarsi con voto di clausura alla vita eremitica,
nulla potrebbe sembrare più inconcepibile
che una chiamata a interrompere quella vita.
Ogni minimo pensiero rivolto a un tipo di vocazione differente
le sembra una tentazione del diavolo
che la vuole spingere ad abbandonare la sua vera vocazione.
Gli ultimi mesi che Coleta trascorre da eremita sono pieni di sofferenza,
visto che cerca di combattere contro le domande che si pone su se stessa,
l’incertezza della loro origine
e la consapevolezza della propria incompetenza.
La grande “lotta” inizia una notte
in cui Coleta ha una visione di San Francesco d’Assisi
che, prostrato ai piedi di Cristo, prega che gli venga concessa Coleta
per porre rimedio a tutti i mali e i peccati
che affliggono la Chiesa e il mondo
attraverso la riforma dei tre ordini francescani.
La prima reazione di Coleta è di rigetto
e anche a mente fredda non riesce ad accettare quell’idea;
solo dopo molto tempo accetta incondizionatamente
quella che percepisce essere la volontà di Dio;
le è anche detto che per l’opera che l’aspetta
avrà un aiuto e una guida.
Aiuto e guida che si materializza in padre Enrico de Baume,
un francescano di stretta osservanza.
Guidato da una serie di episodi straordinari, fa visita a Coletta,
con la quale si accorda per collaborare nell’intento di riformare i francescani.
L’accompagna allora a Nizza dall’antipapa Pietro de Luna (Benedetto XIII),
ritenuto dai francesi papa legittimo.
Siamo ai tempi dello scisma d’Occidente,
con papi e antipapi eletti da gruppi diversi di cardinali
e ciascuno riconosciuto da una parte degli Stati europei.
Dopo la morte di Gregorio XI (1378),
a Roma si sono succeduti Urbano VI (Bartolomeo Prignano),
Bonifacio IX (Pietro Tomacelli),
Innocenzo VII (Cosimo Migliorati)
e infine Gregorio XII (Angelo Correr).
E a lui si oppone da Avignone lo spagnolo Pedro de Luna (Benedetto XIII),
successore dell’altro antipapa avignonese,
Roberto di Ginevra, chiamato Clemente VI.
(In qualche momento saranno addirittura in tre a chiamarsi papa,
finché al Concilio di Costanza,
grazie alla rinuncia di Gregorio XII,
verrà eletto unico pontefice Martino V, Oddone Colonna).
Ci saranno perfino futuri santi che parteggeranno per una parte o per altra:
Caterina da Siena e Caterina di Svezia stanno col papa di Roma,
mentre ai due avignonesi aderiscono Vincenzo Ferreri e appunto Coleta.
A Benedetto XIII Coleta chiede la grazia
di praticare integralmente la regola di santa Chiara
e in particolare la povertà, non solo personale ma comunitaria,
abbandonata da quasi tutti i monasteri delle Clarisse.
Benedetto XIII sottoscrive la sua richiesta e il 14 ottobre 1406
celebra la funzione in cui Coleta emette i voti
secondo la regola di Santa Chiara,
e le consente di fondare un monastero
e di ammettervi tutte le religiose che lo desiderino.
Secondo Pietro di Vaux – e tutti i biografi sosterranno la stessa cosa –
Coleta riceve il titolo di “madre e badessa” della riforma.
Padre Enrico è nominato suo assistente.
Di ritorno a Corbie, Coleta s’imbatte in un’opposizione così vivace
da dover rinunciare a insediarvi una comunità.
Insieme alle sue prime compagne,
si accontenta allora di alloggi di fortuna fino al 1410,
quando può prendere possesso del monastero delle clarisse di Besançon
rimaste fedeli alla Chiesa di Roma, e nel quale restano soltanto due religiose.
Ne fa la culla della sua riforma.
Molto rapidamente la comunità si sviluppa
e la sua fama di santità si diffonde:
i grandi sollecitano Coleta a promuovere nuove fondazioni.
Ormai Coleta conduce contemporaneamente un’ardente vita contemplativa
e un’intensa attività in cui manifesta tutti gli aspetti
di una personalità dotata, ricca ed equilibrata.
È continuamente costretta a interrompere la vita di reclusa
e a uscire per le strade, a negoziare con le autorità locali
le condizioni dell’insediamento,
a subire e a cercare di vincere le accanite opposizioni
provenienti soprattutto dal clero regolare e da quello secolare,
preoccupati da una possibile diminuzione delle proprie rendite.
Ogni fondazione esige da lei molti viaggi, in un periodo di guerra
in cui gli spostamenti sono lenti, scomodi e pericolosi.
In quarant’anni fonda o riforma diciassette monasteri,
fra cui Auxonne, Poligny (1417), Seurre,
dietro invito della duchessa di Borgogna;
sollecitata da Bona d’Artois, introduce la riforma a Decize.
Rispondendo all’appello di Maria di Berry, duchessa di Borbone,
fonda case a Moulins e ad Aigueperse (1421-1425).
Qui è raggiunta da Isabella de la Marche,
la figlia maggiore dell’ex re di Napoli Giacomo II:
sarà il suo primo contatto con questa grande e potente famiglia
che le rimarrà assai devota
e che ben presto le aprirà le porte della Linguadoca.
Anche la contessa di Polignac la invita a Le Puy-en-Velay,
dove la fondazione incontra una resistenza particolarmente dura
e può essere condotta a compimento solo nel 1432.
Ormai, grazie al duca di Savoia,
sono nate due comunità a Vevey e a Orbe;
poco dopo, rispondendo all’appello di Giacomo II,
Coleta si reca a Castres (1432) e a Lézignan (1434);
riforma inoltre la comunità di Béziers.
In questi anni particolarmente densi Coleta,
nel pieno della maturità e ormai ricca di una grande esperienza,
riflette a lungo sulla regola di santa Chiara
e mette a punto le sue Costituzioni, approvate nel 1434
dal ministro generale Guglielmo da Casale
e dai padri del concilio di Basilea.
Questi commentari adattati alla regola
danno alla sua riforma una solidità e una forza
che le permetteranno di durare dopo la sua morte e di diffondersi.
Le Costituzioni di Coleta saranno poi assunte anche dalle Cappuccine nel 1538.
Nel 1434 Coleta ha 53 anni:
comincia a perdere i suoi primi amici e compagni di strada:
Margherita di Borgogna, Bianca di Savoia (1435-1436),
l’ex re Giacomo II (1438), padre Enrico de Baume (1439).
Nel 1439 non riesce a impedire
che il suo vecchio amico Amedeo VIII di Savoia
accetti di essere eletto al concilio scismatico di Pisa
e di diventare l’antipapa Felice V; in seguito a ciò rompe con lui.
Con un’energia poco comune,
Coleta prosegue instancabilmente nella sua missione;
nel 1437, dietro invito di Mahaut di Savoia, sposa di Ludovico di Baviera,
fonda il monastero di Haidelberg.
Più o meno nello stesso periodo,
tenta nuovamente di stabilirsi a Corbie,
ma fallisce ancora una volta.
Fonda peraltro delle case in Piccardia, a Hesdin e ben presto ad Armens;
e anche il piccolo monastero di Bethléem nelle Fiandre, a Gand (1442).
In questo periodo la sua influenza si diffonde in Borgogna
attraverso i frati minori riformati e l’esempio dei suoi monasteri.
Così, anche senza intervenire direttamente,
grazie alla sua influenza, Coleta opera la riforma di numerose comunità.
Quella di Coleta è riforma nel senso più antico ed etimologico del termine:
non si tratta, infatti, per lei, di innovare qualcosa,
ma di ritornare allo spirito del francescanesimo primitivo,
riflesso nella Regola di S. Chiara di Assisi.
Da qui l’importanza attribuita non solo all’austerità personale,
ma anche alla povertà vissuta dell’istituzione.
Ma, al contrario di Chiara d’Assisi,
Coletta, a lungo a contatto con i benedettini
dà molta importanza alla preghiera liturgica e corale.
Attorno al 1446, dopo quarant’anni di attività, Coletta comincia ad ammalarsi:
gli ultimi sei mesi di vita che le rimangono li trascorre lontano dalla vita attiva.
Sorella morte la coglie nel monastero di Gand il 6 marzo 1447 a 66 anni.
Molti re e principi fanno petizioni presso la Santa Sede
perché sia proclamata santa:
Carlo il Temerario nel 1478,
Massimiliano d’Austria, Renato di Lorena, Carlo VIII nel 1496,
Enrico VIII d’Inghilterra nel 1513.
Per diversi motivi,
tra cui le divisioni interne all’ordine francescano,
la Riforma e la Rivoluzione francese,
la sua canonizzazione arriverà solo il 24 maggio 1807
da parte di Pio VII, trecentosessant’anni dopo la sua morte.
Il suo corpo è spesso traslato per garantirne la sicurezza
e poi posto definitivamente a Poligny nel Giura.
La sua festa liturgica si celebra il 7 febbraio.
Foto: Santa Coleta di Corbie / santacolette.com