Carlo da Sezze (1613-1670) –
Religioso dei Frati Minori Riformati
7 gennaio
Carlo da Sezze, al secolo
Giancarlo Marchionne,
nasce il 19 ottobre 1613,
a Sezze, cittadina laziale
sui monti Lepini,
ora in provincia di Latina.
I genitori,
Ruggero Melchiori
(o Marchionne)
e Antonia Maccione,
sono contadini pii
e di buona condizione.
Carlo riceve il battesimo
il 22 dello stesso mese,
come risulta
dal registro dei battesimi
tutt’ora conservato
nell’Archivio capitolare
della Cattedrale.
Verso i tre o quattro anni
la nonna materna
lo vuole tenere a casa sua
nonostante la riluttanza
dei genitori:
è una vecchietta
troppo arrendevole,
sicché il bambino
cresce capriccioso.
A sette anni Giancarlo
viene mandato a scuola,
ma frequenta
con scarso profitto
per la sua vivacità
incontenibile.
Finché un giorno
per una “pinocchiata”
più grave delle altre
viene frustato
così ferocemente
dal maestro
che
non vuole più studiare
e preferisce lavorare
nei campi.
Carlo da Sezze
Quando ancora frequenta
la scuola, accarezza l’idea
di farsi religioso.
Quel pensiero,
dimenticato però
per qualche anno,
riaffiora mentre
lavora in campagna.
Comincia a leggere
libri di carattere spirituale,
come “Le vite
de’ santi Padri dell’eremo”
e il “Leggendario
delle Vergini”:
«in quello dei santi padri»
scrive nell’autobiografia
«m’inanimiva ad esseguire
la vita solitaria,
all’esercizio dell’orazione,
et in far gran penitenza
in sodisfazione
delli miei gravi peccati;
con quello poi delle vite
delle sante Vergini e Martire,
mi risvegliava l’affetto
alla pietà e divozione
verso di tutte loro,
in sentire
sì atrocissimi martirii
e sorte di tormenti
che avevano per amor
di Giesù Cristo
e per sostentare
la fede cattolica,
soportati».
***
Carlo da Sezze
A diciassette anni,
fa voto
di perpetua castità
in onore della Vergine.
Tuttavia,
il suo desiderio di entrare
nell’Ordine dei Minori
non piace affatto
ai genitori
che lo considerano
disdicevole
per tutta la famiglia.
Che si faccia sacerdote!
gli suggeriscono,
anzi l’implorano.
Giancarlo non cede
e alla fine
riesce a spuntarla:
il 12 maggio del 1635
s’incammina
per il noviziato
nel convento
di San Francesco
a Nazzano
dove la sera
del 18 maggio 1635,
a 22 anni,
riceve l’abito
dei Frati
Minori Riformati
(nel 1897 confluiranno
nella famiglia francescana
dei Frati Minori,
grazie all’unione
operata
da Papa Leone XIII).
In questa occasione,
assume il nuovo nome
di fra Cosimo
Carlo da Sezze
Comincia
un periodo difficilissimo
per le prove
cui è sottoposto
dai superiori,
per crisi interne,
tentazioni diaboliche
e infine
per scrupoli eccessivi.
Il 19 maggio 1637,
fra Cosimo
emette
la professione religiosa
durante la quale
gli viene cambiato
per la seconda volta
il nome
che da Cosimo
diviene Carlo da Sezze.
Contro il parere
dei genitori e dei parenti
che lo vogliono sacerdote,
preferisce,
per spirito di umiltà,
rimanere
semplice religioso,
senza accedere
agli ordini sacri.
***
Carlo da Sezze
Da quel momento
comincia
la sua peregrinazione
di convento in convento
secondo quanto
gli comandano i superiori:
dapprima va nel convento
di S. Maria Seconda
in Morlupo,
non molto distante
da Nazzano,
e dove fa prima
l’ortolano
e poi il cuoco.
Qui sperimenta
i primi miracoli,
come ad esempio
la moltiplicazione
del cibo.
Ma non sono tutte rose.
Carlo narra
nella sua autobiografia
che ha le mani
di pastafrolla:
gli cadono
intere pile di piatti,
ma
«quello
che era pegiore,
e che ben spesso
[avveniva, ndr.]
quando serviva
alla santa messa,
imparticolarmente
in giorno
che si faceva
la santa comunione,
rompeva delle imbolline
o vero le versava;
per il che
mi era ripieno
di gran timore
e ne aveva
rossore grandissimo,
coregendomi spesso
il superiore in refettorio
in accusarmi
di questi mancamenti
che facevo;
et davami delle penitenze
facendomi alcune volte
far la disciplina,
portar quelli vasi rotti
al collo
et altre mortificazioni
che sono in uso
alla religione
per tenere mortificati
li giovani».
Carlo da Sezze
È poi trasferito
nel convento
di S. Maria delle Grazie
in Ponticelli,
dove un eccessivo
impegno ascetico
gli causa turbe psichiche
che gli fanno
correre il pericolo
di finire in manicomio,
come narra
nell’autobiografia
dove suggerisce
ottimi consigli
per evitare
simili disavventure.
Nel 1638 è la volta
di un nuovo convento,
San Francesco
in Palestrina,
dove sperimenta
le prime estasi.
Ma
le sue peregrinazioni
non sono finite:
negli anni 1640-1642,
da Palestrina
passa al convento
di San Giovanni Battista
del Piglio,
per supplire
alla mancanza
di un fratello laico,
poi a quello
di San Pietro
a Carpineto.
Di là si reca
a Castel Gandolfo
in un convento-ritiro
nato dal cosiddetto
«movimento
della Riformella».
Fallito il movimento,
torna a Carpineto
da dove, nel 1646,
giunge a Roma,
in San Pietro
in Montorio.
È un periodo difficilissimo
per Carlo,
che deve lottare a lungo
prima di comprendere
e ammettere
l’Immacolata Concezione.
E non gli è facile
vincere la tentazione
di vendicare
gli uccisori di suo zio
don Francesco Maccione
ai quali poi reca
personalmente
il suo perdono.
Carlo da Sezze
Deve anche subire
un’assurda persecuzione
dei suoi confratelli:
a Carpineto ha cominciato
ad annotare
quel che sperimenta.
«Per questo scrivere
che avevo cominciato a fare,
con l’obbedienza
del mio padre confessore,
cominciavi ad aver
qualche contradizione
con li frati,
non perché
mancassi allo officio
che mi dava la religione,
perché quelo che faceva,
et che fino ad ora ho fatto,
è stato la magior parte
la notte, in tempo
che gli altri frati
riposavano,
et il giorno
nel tempo
che era il silenzio
o che ero desicupato,
avendo qualche poca
di vacanza,
e per non star ozioso».
Insomma i confratelli
giudicano il comportamento
di fra Carlo
vera e propria presunzione,
sicché un giorno
il visitatore provinciale
gli proibisce
di continuare a scrivere.
Comincia così un’altalena
di proibizioni e permessi
che dura per qualche anno
finché non si capisce
il valore di quegli scritti.
***
Carlo da Sezze
Il 1° ottobre 1648,
mentre è alla questua
di legna a Roma
dovendo scontare
una punizione,
capita alla chiesa
di San Giuseppe
a Capo le Case
dove
si sta celebrando
la Messa.
Carlo per ascoltarla:
al momento
dell’elevazione
è inginocchiato
sulla soglia
della chiesa quando
«nell’alzare il sacerdote
l’ostia consegrata,
vidi da quella»
– narra poi –
«con gli occhi dell’anima
uscire
come un raggio di luce,
e venire a ferirne il cuore;
et fu con tanta prestezza,
che non gli saprei
assegniar tempo.
L’affetto poi
che mi fece nel cuore
fu come una cosa sensibile
fatta da un ferro materiale,
et fece quel moto appunto
che si vede fare ad un ferro
quando che,
postosi nelle fucine,
che si è convertito
tutto in foco,
et che così arrosito
si pone in un vaso di acqua
et fa quella sorte
di mormorio».
Unico
nella storia della Chiesa,
riceve così
uno stigma al cuore.
Dopo la sua morte
comparirà
sul suo petto
un singolare stigma
a forma di chiodo
riconosciuto
di origine soprannaturale
da una commissione
di medici.
Carlo da Sezze
Durante l’Anno Santo
del 1650
fra Carlo è destinato
come sagrestano
a San Francesco in Ripa,
ma dopo qualche mese
torna a San Pietro
in Montorio.
Da quel momento,
fino alla morte,
la sua vita si svolge
prevalentemente
in quel convento
a parte
qualche breve soggiorno
in San Francesco a Ripa
e qualche viaggio.
Sono gli anni più importanti
nel suo cammino spirituale.
Ma deve subire anche
altre prove difficili:
crisi di aridità
e tentazioni carnali
violentissime.
E nel 1655 lo colpisce
una calunnia infamante
torturandolo per tre anni:
una donna di malaffare
lo accusa
di essere il padre
di un suo bambino.
Quella menzogna,
insieme con
una sequela di rimproveri
da parte dei superiori,
gli provoca
un flusso sanguigno
e una febbre continua
che lo riducono
in uno stato critico.
***
Carlo da Sezze
Ai lavori consueti
del suo stato
unisce un’insospettabile
attività letteraria:
per cui questo
«scrittore senza lettere»,
come si definisce,
scrive molte opere,
in gran parte
recentemente stampate,
altre inedite,
altre andate perdute.
Uno dei primi biografi
di fra Carlo,
il siciliano
p. Angelo Bianchinieri
da Naro,
scrive che
“con la fama
facea gran cose;
principalmente per i libri
che mandò a stampa,
per li quali il medico
et altri secolari e frati
diceano
esser più meraviglia
quei libri,
che tanti miracoli
che aveva fatto”.
Carlo da Sezze
Tra quelle conservate
e pubblicate, si ricordano
il “Trattato delle tre vie”,
composto allo scopo
di indicare
le vie necessarie
per abbandonare il peccato
e ritrovare l’amore di Dio;
i “Canti spirituali”
che raccontano
l’elevazione
dell’anima a Dio
attraverso le varie fasi
dell’esperienza mistica;
il “Canto Spirituale
sopra li misteri
della vita morte
e resurrezione di Giesù”,
riguarda l’incarnazione,
l’infanzia, la passione
e la resurrezione
di Cristo.
Nel “Cammino interno”,
si descrive
il cammino dell’anima
che, attraverso tentazioni
e illuminazioni,
raggiunge gradualmente
“la perfezione
dell’amore unitivo”;
Vi sono delineati
i gradi di orazione,
tredici in tutto.
I “Settenari sacri”
costituiscono
un itinerario mistico
coordinato e progressivo,
tendente alla più alta
perfezione cristiana;
scrive infatti fra Carlo:
“quello che noi pretendiamo
con quest’opera (…)
è la completa riforma
della vita
dell’uomo vecchio”;
e, la sua
«Autobiografia»,
scritta
con serafico candore
per ordine
del suo confessore,
da lui intitolata
“Le Grandezze
misericordie
di Dio”.
Numerose
le sue opere
ancora inedite:
tra di esse, si segnalano
alcuni trattati
sulla passione di Gesù,
sull’amore di Dio,
sulla preghiera
e sulla contemplazione;
di notevole interesse è
L’Essemplare del Cristiano,
poderosa meditazione
sulla vita di Cristo.
***
Carlo da Sezze
si distingue
per umiltà, ubbidienza,
pietà serafica
e amore
verso il prossimo.
Di fatto
riesce ad unire
alla più intensa
vita interiore
e contemplativa
una instancabile
attività caritativa
e apostolica
che lo conduce
a Urbino, Napoli,
Spoleto
e in altre città.
Trascorre
gli ultimi 15 anni
della sua vita
nel Convento
di San Pietro
a Montorio
ma muore
nell’infermeria
del convento
di San Francesco a Ripa
a Roma,
dove è ricoverato
dopo un viaggio
in Umbria,
la mattina
del 6 gennaio 1670,
Carlo da Sezze
I processi
per la definizione canonica
della sua santità,
iniziati
poco dopo la morte,
subiscono
una battuta d’arresto
a causa della condanna
di sua sorella,
monaca clarissa a Sezze,
emessa dalla congregazione
del Sant’Uffizio.
A causa di ciò,
solo il 14 giugno 1772
Clemente XIV
dichiara l’eroicità
delle virtù;
poi Leone XIII,
con un breve
del 1° ottobre 1881,
lo beatifica
il 22 gennaio 1882,
e, infine,
Giovanni XXIII
lo canonizza
il 12 aprile 1959.
Le sue spoglie
sono conservate
nella chiesa romana
di San Francesco a Ripa,
dove è morto,
nella cappella
a lui dedicata.
Insieme a
san Lidano d’Antena
(1026-1118)
è patrono della città
di Sezze e della diocesi
di Latina-Terracina-
Sezze-Priverno.
La sua festa liturgica
si celebra il 7 gennaio
per non farla coincidere
con l’Epifania.
Foto: Antonio Sicurezza,
dipinto di
San Carlo da Sezze,
Chiesa dell’Immacolata,
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