Benedetto XVI visto da Guerriero1

Benedetto XVI visto da Guerriero1
Joseph Ratzinger, il teologo che diventò pastore d’anime

 

Partecipò ai Conclavi del 1978,
e nel 1981 papa Wojtyla lo volle
alla guida della Dottrina della fede

Benedetto XVI visto da Guerriero1 – Era nato
a Marktl sull’Inn in Baviera
il 16 aprile del 1927, Sabato Santo.

Su questa circostanza egli rifletterà a lungo
considerandola segno della Provvidenza
che lo legava in modo particolare
al tempo pasquale, alla morte
e alla Risurrezione di Gesù.

Lo confermava in questo atteggiamento
la convinta partecipazione dei genitori
al cattolicesimo gioioso della Baviera.

Erano gli anni dell’ascesa infausta del nazismo,
ma sulla vita del piccolo Joseph
non influivano le invettive sgraziate del Führer
bensì l’invito di Guardini
a vivere lo Spirito della liturgia,
e a prender parte al risveglio
della Chiesa nelle anime.

Di qui la crescita serena segnata dall’amore
per lo studio e l’attaccamento alla famiglia,
il distacco sempre più cosciente
dagli orientamenti del regime
e la decisione di seguire l’esempio
del fratello Georg
che aveva scelto la via del Seminario.

Anche i primi anni della guerra
non portarono grandi cambiamenti
nella vita quotidiana di Joseph,
mentre negli anni successivi
le pesanti sconfitte dell’armata tedesca
portarono a un brusco risveglio.

Arruolato nel 1944 a 17 anni, il giovane soldato
venne poi fatto prigioniero dagli americani.

Dal conflitto
che segnò la fine dell’epoca moderna,
Joseph ritornò con la coscienza rinnovata
della vocazione sacerdotale
e con l’intenzione di dedicarsi
allo studio della teologia.

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Da subito, però,
fece un’opzione altrettanto ferma:
le risposte della Scolastica
non erano più in grado di far fronte
agli interrogativi sollevati
dal tramonto dell’Europa.

Non era solamente l’uomo moderno
a essere scosso nelle sue certezze,
anche il teologo non poteva sottrarsi
al dubbio che investiva il senso stesso
della creazione e della storia.

L’attenzione si volgeva allora all’esistenza
del singolo, alla filosofia dialogica
nell’accezione che le avevano impresso
il pensatore cattolico Ferdinand Ebner
e il banditore del chassidismo,
l’ebreo Martin Buber.

Il modo per superare la solitudine dell’uomo
chiuso nel suo ego è il dialogo.
Solo il tu dell’altro
libera l’uomo dal solipsismo
e lo inserisce in un dialogo che è via
verso l’amore, la verità e la libertà.

Di più il tu originario
è quello di Dio
da cui viene la parola
che interpella l’uomo
e chiede una risposta.

Così il linguaggio è di origine divina
e tutta la vita spirituale dell’uomo è,
in ultima analisi, un dialogo con Dio
da condurre in responsabilità e libertà.

Queste ultime erano le parole d’ordine
di John Henry Newman
che andava così ad aggiungersi a Ebner e Buber
quali cardini di un pensiero che,
nonostante la giovane età,
prendeva un orientamento già ben definito.

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La formazione del giovane teologo Ratzinger
andava di pari passo con la sua definitiva decisione
di diventare prete,
con la sua ordinazione sacerdotale
e con un intenso anno di vita pastorale.

All’ordinazione, fissata per il 29 giugno del 1951,
assistettero i genitori e la sorella
tanto più commossi perché i Ratzinger ordinati
in quel giorno erano due, Georg e Joseph,
due giovani scampati alla guerra
che ora venivano affidati definitivamente al Signore.

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La famiglia Ratzinger: Joseph (in piedi a destra) e Georg. Seduti la sorella Maria, la mamma Maria e il padre Josef / elmundo.es

Dopo i festeggiamenti a Joseph
venne affidato il primo incarico pastorale
nella parrocchia del Preziosissimo sangue
a Monaco.

Una parrocchia del centro
scelta per consentire al novello sacerdote
di svolgere un anno di cura pastorale
prima di restituirlo alla carriera universitaria
cui egli era ormai destinato.

Da quell’anno di cura pastorale
don Joseph portò con sé il ricordo
dell’amore ardente per Cristo
del parroco Max Blumscein

e una massima del gesuita Alfred Delp,
un martire del nazismo
che aveva operato in una casa dell’ordine
nelle vicinanze della parrocchia.

Diceva, dunque, padre Delp:
«Il pane è importante.
La libertà è più importante.
Ma la cosa più importante
è la fedeltà ininterrotta
e l’adorazione mai tradita».

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La via verso il dottorato e la libera docenza
in vista dell’insegnamento della teologia
nelle università di Stato proseguì
con l’approfondimento del pensiero
di sant’Agostino e san Bonaventura.

L’accostamento al padre africano
era funzionale alla ricerca
sulla natura della Chiesa.
Il pensiero del vescovo di Ippona
portava nuovo sostegno
alla concezione mistica e spirituale
sostenuta dal movimento liturgico.

Nella Chiesa è presente la caritas
che viene dallo Spirito Santo
e nutre la comunione dei santi.

Agostino si sottraeva così alla tentazione,
che fu dei donatisti
ma si ripeterà tante volte nella storia,
di espellere i peccatori dalla comunità cristiana
con il rischio di farne una società
di presunti perfetti e iniziati.

Non meno fecondo
fu l’apporto di san Bonaventura.
Il dottore francescano, secondo Ratzinger,
elaborò un concetto di rivelazione
non statico, non metafisico,
bensì legato agli interventi di Dio
nella storia di Israele e di tutti gli uomini.

L’evento rivelativo centrale e definitivo
è quello di Gesù Cristo,
inviato dal Padre nel mondo
per salvare gli uomini.
Messo a morte dai vignaioli infedeli,
il Figlio è risuscitato a vita nuova
nello Spirito d’amore.

Quest’opera di Dio ebbe dei testimoni
che misero per iscritto la Parola rivelata
affidandola alla comunità dei credenti.

Dopo alcuni anni di insegnamento
nella facoltà ecclesiastica di Frisinga,
l’approdo agognato all’università di Stato
avvenne nel 1959 con una chiamata da parte
della facoltà di teologia cattolica
dell’università di Bonn,
all’epoca la capitale della Germania federale.

Secondo la testimonianza
di uno dei primi allievi,
al suo apparire,
Ratzinger giovanissimo,
con in testa l’immancabile basco,
sembrava il secondo o terzo vicario
di una grande parrocchia della città.

Era, invece,
il nuovo professore ordinario
di teologia fondamentale
che subito si impose
con il suo modo di insegnare.

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Nella prima lezione magistrale dal titolo
«Il Dio della fede e il Dio dei filosofi»,
il giovane professore
esponeva in sintesi il suo pensiero:

la filosofia tende
alla comprensione del mondo
nel quale l’uomo è chiamato a vivere,
la teologia, invece,
secondo la parola dei salmi,
è alla ricerca del volto di Dio
che all’uomo ha rivolto la sua parola.

Le finalità sono diverse
e nello stesso tempo convergenti,
perché Dio come creatore
è all’origine del mondo.

Per questo le due discipline
sono destinate a incontrarsi,
e nessuna può mai dire di aver raggiunto
in via definitiva la propria meta.

La lezione di Ratzinger ebbe un successo
che andò al di là della cerchia
pur autorevole dell’università.

Di conseguenza l’accademia di Bensberg
invitò il professore di Bonn
a tenere una conferenza
sulle prospettive del Concilio
da poco annunciato da san Giovanni XXIII.

Con autorevolezza
Ratzinger riuscì a mettere in risalto il positivo
che poteva derivare da un’assise
nella quale Papa e vescovi
non dovevano entrare in competizione,
bensì dare insieme testimonianza di comunione
al servizio dell’annuncio del Vangelo.

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Alla conferenza di Bensberg,
era presente l’arcivescovo di Colonia,
l’autorevole cardinale Josef Frings,
che rimase talmente colpito
da scegliere il professore bavarese
come suo esperto per il prossimo Concilio.

Nell’immediato
Ratzinger doveva leggere i testi preparatori
e dare il suo giudizio,
poi doveva accompagnare il cardinale a Roma.

Dopo gli anni di preparazione,
cardinale ed esperto
arrivarono nella capitale italiana
per l’ inaugurazione del Concilio
segnalandosi entrambi
per una partecipazione incisiva
e nello stesso tempo responsabile.

L’apporto di Ratzinger fu decisivo
nel dare un’impostazione personalistica
alla costituzione sulla Divina Rivelazione.

Diede inoltre un contributo significativo
alla costituzione sulla Chiesa,
in particolare alla definizione
del collegio apostolico
e della natura sacramentale
dell’ordinazione episcopale.

Altri documenti alla cui elaborazione
Ratzinger prese ugualmente parte
sono il decreto sulle missioni
e la costituzione sulla Chiesa
nel mondo contemporaneo.

Partito come uno dei più decisi innovatori,
già durante le ultime due sessioni
del Vaticano II, Ratzinger divenne più cauto
e responsabile nei suoi giudizi.

Avvertiva con preoccupazione,
come scrisse in Introduzione al Cristianesimo,
il rischio che si perdessero per strada
il contenuto della fede
e anche la fiduciosa disposizione del credente.

Di qui il distacco dalla rivista Concilium
con la fondazione, insieme ad Henri de Lubac
e Hans Urs von Balthasar,
di una nuova rivista teologica, Communio.

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Proseguiva intanto la carriera universitaria
che da Bonn lo portò a Munster,
di qui a Tubinga,
dove esplose con virulenza
il fenomeno della contestazione.

Egli reagì
accettando un incarico a Ratisbona,
una università meno prestigiosa
nella quale, però, ritrovò il tempo
e la gioia di dedicarsi nuovamente
alla teologia.

Qui scrisse un altro dei suoi libri
ancora insuperati: Escatologia.
Morte e vita eterna,
che rispondeva con sapienza
e chiarezza alle domande sulla vita futura.

A Ratisbona
egli pensava di stabilirsi definitivamente,
ma non era questa la volontà di Dio.

Nel 1976
venne improvvisamente a mancare
l’arcivescovo di Monaco,
il cardinale Julius Dupfner.
Non era facile all’epoca
trovare un successore
a un cardinale tanto amato.

Per volontà esplicita
dell’anziano Paolo VI
la scelta si orientò verso Ratzinger,
conosciuto e stimato a Roma
per la sua partecipazione al Concilio
e alla Commissione Teologica Internazionale.

Il passaggio dalla cattedra
del professore a quella del vescovo
portò una svolta decisiva
nella vita del teologo.

Scelse come motto episcopale
“Collaboratori della verità”
perché spiegava:
«Pur con tutte le differenze si trattava
e si tratta sempre della stessa cosa,
seguire la verità, porsi al suo servizio».

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Al centro del suo ministero
pose la cura per la liturgia che voleva
nella linea degli insegnamenti conciliari.
Aggiungeva, tuttavia:

Culmine e fonte della vita cristiana,
la liturgia eucaristica domenicale
ora come sempre si basa sulla fede
nella Risurrezione di Gesù,
essa non può essere il luogo
di sperimentazioni arbitrarie.

Sempre in campo liturgico
il cardinale dedicava grande attenzione
alla predicazione
e raccomandava identica cura ai suoi sacerdoti.

Essi non parlano a nome proprio
ma come rappresentanti della Chiesa
inoltre, sono tenuti ad attenersi alla Sacra Scrittura
e agli insegnamenti del Magistero
come punto di partenza
di ogni predicazione cattolica.

Pari attenzione
egli dedicava anche ai fedeli
per i quali richiedeva stima e rispetto.
Non si può pretendere
che essi cambino repentinamente spiritualità,
non si può disprezzare la devozione popolare
che veicola fede e sapienza.

Attento alla vita spirituale della sua diocesi,
Ratzinger sapeva che, come vescovo,
era responsabile anche della Chiesa universale.

In questo spirito partecipò
nel 1978 al Conclave che,
con svolta clamorosa,
portò all’elezione di Giovanni Paolo II;

fu relatore al Sinodo sulla famiglia del 1980;
prese parte al primo incontro
della commissione di dialogo
tra cattolici e ortodossi istituita per volontà
del patriarca Demetrio I e di Giovanni Paolo II.

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Nel 1981 arrivava una nuova svolta
che l’arcivescovo annunciava ai suoi fedeli
con le parole:
«Non è stato facile per me decidere.
Il Papa mi vuole a Roma».

Il compito che l’attendeva in Vaticano
non era semplice:
prefetto della Congregazione
per la dottrina della fede,

seguendo le indicazioni emerse al Concilio
voleva favorire gli studi miranti
a far crescere l’intelligenza della fede
per dare delle risposte ai problemi
del mondo contemporaneo.

A questo scopo si riproponeva
di mettersi all’ascolto dei vescovi
e dei teologi.
Questo non gli impedì, tuttavia,
di pubblicare nel 1984
un severo rapporto
sulla situazione della Chiesa.

Avendo perso fiducia
nelle proposte della tradizione,
alcuni teologi
facevano propria l’analisi marxista
del mondo e della storia.

Ne derivavano, per il cardinale,
alcuni postulati
che per i cristiani sono inaccettabili:
la lotta di classe
presentata come inevitabile,
l’accettazione della violenza.

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All’epoca impopolare,
la presa di posizione di Ratzinger
si rendeva necessaria
per la fedeltà al mandato petrino
di tutelare l’unità della Chiesa,
per favorire una teologia orante,
e per sostenere la fede dei fedeli.

Del resto anche i vescovi,
secondo Ratzinger,
erano chiamati al coraggio
per difendere la fede dei semplici,
e per essere una guida sicura
verso le fonti dell’acqua viva.

A sostenere i vescovi nel loro ministero,
nel 1985 venne istituita una commissione
per elaborare un nuovo catechismo.

Il prefetto della Dottrina della fede,
nominato presidente, affrontò l’incarico
con competenza e autorevolezza.

Giovanni Paolo II con l’allora cardinale Joseph Ratzinger, che volle come prefetto della Congregazione della Dottrina della fede / lastampa.it

Disse Giovanni Paolo II nel 1992
al momento dell’approvazione:
Il Catechismo della Chiesa Cattolica
«è ben articolato e rispondente
alle indicazioni dei padri sinodali,
rispecchia fedelmente
l’insegnamento del Vaticano II».

Il giudizio del Pontefice venne confermato
dal successo editoriale
che portò il Catechismo del Vaticano II
nelle case di tanti credenti.

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All’inizio degli anni Novanta
il cardinal Ratzinger si lasciava trascinare
dall’entusiasmo di Giovanni Paolo II
per l’edificazione di una nuova Europa.

Tenne dunque diverse conferenze
miranti a individuare gli errori all’ origine
del tramonto del Vecchio Continente,
per individuare i cardini del nuovo edificio.

Le fondamenta da cui ripartire
non potevano essere né il marxismo,
definitivamente sconfitto
con la caduta del muro di Berlino,
né il positivismo materialista
che rendeva sempre più vaga
ed esausta la voce dell’Europa.

Bisognava ritornare
ai valori dello spirito,
alle radici cristiane dell’Europa,
a Socrate, Tommaso Moro e Newman,
difensori della coscienza e della verità.

Anche l’eredità ebraica,
secondo il cardinale,
era importante per i cristiani
e per l’Europa.

Per i primi Ratzinger sosteneva
che vi sono molteplici religioni,
ma un’unica alleanza:
quella stipulata da Dio con Abramo,
rinnovata con Mosè
e portata a pienezza da Gesù Cristo.

Per l’Europa e per il mondo, invece,
egli riteneva che i dieci Comandamenti
sono ancora oggi il fondamento più saldo
per elaborare una morale
rispettosa dell’uomo e della sua dignità.

All’avvento del nuovo millennio
il cardinale, da sempre attento
ai movimenti ecclesiali,
teorizzava per loro
una collocazione ecclesiale.

Essi sono nuove irruzioni dello Spirito
per favorire la comunione
nella vita della Chiesa,
per contribuire alla diffusione del Vangelo.

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Nel 2002 il cardinale compiva 75 anni.
Pensava di potersi ritirare
per dedicarsi allo studio e alla preghiera,
ma Giovanni Paolo II
non volle neppure sentir parlare di dimissioni.

Arrivavano, anzi, altri incarichi
particolarmente onerosi:
dagli Stati Uniti
giungevano sempre più preoccupanti
le notizie di abusi sessuali
commessi da sacerdoti.

A contrastare il fenomeno,
che gettava un discredito generalizzato
sulla gerarchia cattolica, il Papa
chiamava ancora una volta in causa Ratzinger.

Subito dopo la nomina, il cardinale emanava
delle disposizioni più severe,
si rendeva tuttavia conto
che all’origine del fenomeno
vi era una calo di tensione spirituale
sulla quale bisognava intervenire
fin dalla formazione dei nuovi sacerdoti.

Quasi contemporaneamente
giungeva al cardinale una nuova nomina:
decano del Collegio cardinalizio.

Si trattava, per il momento,
di un titolo poco più che onorifico,
che più tardi, tuttavia, si rivelò decisivo
per la sua elezione a Pontefice.

Quasi a recuperare
le indispensabili energie spirituali,
nel mezzo di una vita così onerosa
già da alcuni anni il cardinale
pubblicava dei saggi di cristologia

nei quali sosteneva l’ esigenza
di avvicinarsi a Cristo
non solo con il rigore della ricerca esegetica,
ma anche con gli occhi della fede,
con l’atteggiamento
che portò Pietro a confessare:
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Con queste premesse nel 2004
mise mano a quello
che doveva diventare il primo volume
della sua opera su Gesù di Nazaret.

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Nel frattempo
le condizioni di salute di Giovanni Paolo II
andavano gradualmente peggiorando
e gli impegni connessi con la carica di decano
del collegio dei cardinali
diventavano tutt’altro che onorifici.

Bisognava pensare ai funerali
che si trasformarono
in un ininterrotto pellegrinaggio
per un ultimo saluto all’amato Pontefice,

accogliere i cardinali a Roma,
creare le condizioni per le quali
il Conclave potesse svolgersi
in serena responsabilità.

Ratzinger svolse il compito
con competenza e sensibilità
e questo contribuì
a orientare il voto dei cardinali
sul suo nome.

Venne eletto Papa martedì 19 aprile 2005
e accettò l’incarico da una parte
con il senso di umana inadeguatezza,
dall’altra con gratitudine
e abbandono nelle mani di Dio,

consapevole di essere un
«semplice e umile lavoratore
nella vigna del Signore».

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Benedetto saluta dei fedeli durante una delle udienze generali del mercoledì / ilgiornale.it

Scelse il nome di Benedetto XVI
avendo in mente la figura di san Benedetto,
padre del monachesimo occidentale,
il cui ordinamento di vita
basato sulla preghiera, il lavoro, lo studio
egli intendeva far suo.

Coscientemente, dunque, nel suo governo
egli intendeva anzitutto pregare e meditare
e, a partire da qui, prendere le sue decisioni.

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Mosse i primi passi
dall’eredità del Vaticano II,
l’evento che egli collocava
all’interno della tradizione ecclesiale
prendendo le distanze
dalle teorie della frattura
tra il prima e il dopo Concilio.

Del resto, anche nella visione generale del mondo
Ratzinger era contrario a ogni ipotesi di rottura.
Ne reca traccia la sua prima enciclica,
Deus caritas est (Dio è carità),
in cui l’intera storia dell’ umanità
è considerata un percorso ininterrotto
guidato da luce e amore.

Spinto alla conoscenza dall’amore,
l’uomo può intuire
il senso dell’intera creazione
quale sarà poi svelato pienamente
nell’incarnazione del Figlio di Dio.

Di qui, per papa Benedetto XVI,
la validità della ricerca umana e delle religioni
e la novità della rivelazione cristiana.

Su questa base egli favorì
il dialogo tra le religioni
nonostante la crisi
seguita al discorso di Ratisbona.

Erroneamente accusato
di aver tacciato l’Islam di violenza,
il Papa in realtà invitava tutte le religioni
a non affidarsi esclusivamente
all’elemento mistico,

le esortava invece
a restar fedeli alla ragione,
ad allontanare da sé qualsiasi pulsione
e sospetto di violenza.

In ambito cristiano
egli favorì l’ecumenismo
esteso anche alla fraternità san Pio X
fondata dal vescovo Marcel Lefebvre.

Su questo punto, tuttavia,
numerose furono le resistenze
all’interno della Chiesa
da parte di quanti consideravano eccessive
le concessioni fatte ai lefebvriani
in ambito liturgico.

Altro motivo di resistenza
fu la decisione del Papa tedesco
di metter mano alla riforma della Curia Romana.
Da qui la decisione
di affidare la carica di segretario di Stato
un suo antico collaboratore,
il cardinal Tarcisio Bertone.

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Altra grave difficoltà
legata al pontificato di Benedetto XVI
fu lo scandalo dei preti pedofili.

Su questo punto
il Pontefice agì su un duplice fronte.
Invitò i vescovi
a denunciare i responsabili alle autorità civili,
soprattutto li esortò a prendersi cura delle vittime.

Egli stesso diede l’esempio
incontrando ogni volta nei suoi viaggi
le vittime e i loro familiari,
soffrendo con loro,
invitandoli, tuttavia,
a non perdere la fede e la speranza.

Ritornando al clero
egli cercò di trasmettere ai vescovi
e ai sacerdoti nuovo entusiasmo,
nuova gioia nella loro missione.

Per questo indisse l’Anno paolino
(dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009)
per imparare da san Paolo
sia l’importanza di un rapporto personale con Gesù,
come l’adesione convinta alla Chiesa,
sia l’importanza della predicazione cristiana.

Più esplicita ancora
la finalità dell’Anno sacerdotale
(dal 19 giugno 2009 all’11 giugno 2010)
durante il quale
i preti venivano invitati a partecipare
a convegni di studio, a giornate di riflessione
e di esercizi spirituali.

Naturalmente il Papa aveva in mente
anche l’intero popolo cristiano
per il quale, a rendere concreto l’invito
all’universale vocazione alla santità nella Chiesa
proposto dal Vaticano II,

nelle sue catechesi del mercoledì
espose le vite dei santi dall’epoca apostolica
al Medioevo come un percorso ininterrotto,
come un modo sempre nuovo
di leggere e interpretare il Vangelo,
di accostarsi a Cristo e al suo insegnamento.

Convinto sostenitore
dell’annuncio del Vangelo,
Benedetto XVI non mancò
di intraprendere dei viaggi

per portare la sua parola di incoraggiamento
ai cattolici dell’America Latina,
dell’Africa, degli Stati Uniti
levando la sua voce a difesa dei poveri,
richiedendo agli stati d’Europa
un più corretto atteggiamento
soprattutto nei confronti degli africani.

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Una particolare attenzione
il Papa rivolse anche ai cattolici cinesi

coinvolti nella preparazione di una lettera
che doveva essere la base di partenza
per il superamento di una Chiesa patriottica
e una fedele a Roma,
per la loro collaborazione alla vita
del loro grande paese.

All’Europa
il Papa rivolse un messaggio epocale
in un famoso discorso
tenuto al collegio dei bernardini a Parigi.

Prendendo lo spunto dal luogo dell’incontro
il Papa parlò del desiderio dei monaci
di incontrare Dio.

Nella loro ricerca essi avevano, però, scoperto
che il Dio che essi desideravano incontrare
aveva già rivolto all’uomo la sua parola.

Di qui l’amore alla parola,
più in generale alla cultura
la quale, a sua volta,
ha una dimensione sociale,
genera condivisione e comunione.

In breve da Parigi, la capitale dei lumi,
Benedetto XVI proponeva
un nuovo umanesimo per il 2000,

una visione del mondo
che non escludesse Dio dalla vita pubblica,
ma ne tenesse conto
per dare fondamento a una nuova civiltà
edificata sul rispetto dell’uomo,
della sua dimensione spirituale.

Nel 2012 il Papa indiceva
un Anno straordinario della fede
(dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013)
per sfuggire alla stanchezza dell’ Europa,
e per recuperare la gioia
dell’adesione al cristianesimo.

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Nel frattempo, però,
si manifestavano delle difficoltà
nel governo della Chiesa.

La crisi divenne palese
quando un collaboratore della Casa Pontificia,
l’aiutante di camera Paolo Gabriele,
decise di render pubblico
lo scontento di settori della Curia

portando a conoscenza della stampa
alcuni documenti riservati
sottratti dalla scrivania del Papa.

Quasi in contemporanea
con il cosiddetto Vatileaks,
si verificava un significativo deterioramento
delle condizioni di salute del Pontefice.

Nel marzo del 2012
egli intraprese un viaggio in Messico e a Cuba
che portò a dei risultati significativi.
Al ritorno a Roma, tuttavia, il Pontefice
cadde in uno stato di prostrazione fisica
dovuta soprattutto al fuso orario.

Da quel momento
Benedetto XVI si confrontò seriamente
con il pensiero delle dimissioni.

Nell’estate a Castel Gandolfo
portò a termine il terzo volume
del libro su Gesù,
il riposo estivo, tuttavia
non portò il recupero necessario
al governo della Chiesa.

Di qui la decisione delle dimissioni
che vennero rese note
l’11 febbraio del 2013.
Esse diventarono poi esecutive
il 28 dello stesso mese
quando Benedetto XVI lasciò Roma
per un periodo di riposo a Castel Gandolfo.

Benedetto XVI visto da Guerriero1

Per la prima volta in epoca moderna
un Papa rinunciava all’esercizio
dell’autorità connessa
con il mandato di successore di Pietro.

Benedetto XVI visto da Guerriero1
Il Papa emerito e Francesco all’ingresso del monastero in cui Ratzinger ha vissuto gli ultimi anni di vita / ansa.it

Decideva nello stesso tempo
di rimanere nel recinto di Pietro
prendendo alloggio nel monastero
Mater Ecclesiae in Vaticano
per sottolineare la comunione
con il suo successore, l’obbedienza
cui non è mai venuto meno.

La successiva storia di amicizia,
di vicinanza tra Benedetto XVI
e papa Francesco
fa parte dell’eredità spirituale
lasciata alla Chiesa, un modello
che apre orizzonti di speranza per il futuro.

Elio Guerriero, «Joseph Ratzinger,
il teologo che diventò pastore d’anime»,
in “Avvenire” sabato 31 dicembre 2022,
Edizione digitale straordinaria,
pp. IV-V.

Foto: Benedetto XVI (Joseph Aloisius Ratzinger) /
insiemenews.it

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