Alexander Fleming, scopritore della penicillina
La natura non ha segreti
per chi sa interpretare le sue leggi
Alexander Fleming – Durante
la seconda guerra mondiale
si svolsero due corse,
una verso la realizzazione
di un’arma micidiale
che avrebbe ucciso
centinaia di migliaia
di persone
e l’altra
verso la produzione
di un farmaco portentoso
che avrebbe salvato
milioni di uomini.
Le due corse
si conclusero virtualmente
mezzo secolo fa,
quando furono lanciate
le bombe atomiche
su Hiroshima e Nagasaki
e quando
fu assegnato il premio Nobel
allo scopritore della penicillina,
Alexander Fleming.
Alexander Fleming
Del grande scienziato
sono stati ricordati
l’11 marzo 1995
i quarant’anni della morte.
La storia della scoperta
e della realizzazione
della penicillina
è molto nota
e in certo senso esemplare.
Alexander Fleming
scoprì la famosa muffa
nel 1929,
mentre lavorava
nel suo laboratorio di batteriologia
al St. Mary’s Hospital di Londra.
Tante circostanze casuali
favorirono questa grande scoperta,
di cui Fleming
non riconobbe subito l’importanza
e che fu ripresa e perfezionata
dopo 12 anni da Florey e Chain.
***
Alexander Fleming,
di origine scozzese,
si recò a 13 anni a studiare
in una scuola commerciale
a Londra, dove di trovava già
suo fratello Tom.
Durante la guerra anglo-boera
i due fratelli si arruolarono volontari
nel London Scottish Regiment.
Non andarono in Sud Africa,
ma una volta Fleming,
che era diventato
tiratore scelto,
per caso
fece una partita di pallanuoto
contro la scuola di medicina
del St. Mary’s Hospital.
Questa combinazione,
apparentemente irrilevante,
fu decisiva.
Quando,
qualche tempo dopo,
decise di abbandonare
il suo noioso impiego
per iscriversi a medicina,
andò proprio al St. Mary’s.
Alexander Fleming
Alla fine degli studi,
condotti brillantemente,
avrebbe potuto lavorare
in qualsiasi ospedale di Londra,
ma, se fosse partito,
il Club di Tiratori
del St. Mary’s
avrebbe perso la speranza
di vincere un torneo prestigioso
ed una coppa ambita:
così fu assunto al St. Mary’s
come assistente
al reparto vaccino-terapico.
E ci rimase per 49 anni.
Il direttore del reparto
era Sir Almroth Wright,
che l’aveva creato.
Durante
la prima guerra mondiale
Fleming
si specializzò in batteriologia
e, quando Wright
e i suoi assistenti
furono assegnati
all’ospedale militare
di Boulogne,
lì Fleming fece
il suo primo lavoro importante:
identificò i batteri
che infettano le ferite
e dimostrò che gli antisettici,
come l’acido fenico,
eliminano i globuli bianchi
e lasciano in vita
i batteri annidati nei tessuti.
***
Alexander Fleming – Sulla base
di questi risultati
Wright fece una campagna
perché fosse cambiato
il trattamento delle ferite,
ma la classe medica
non recepì il messaggio
e continuò per anni
con cure prive di efficacia.
Da allora Fleming
cercò spesso,
nei suoi esperimenti,
di trovare un antisettico
che penetrasse nella ferita
uccidendo i batteri
e lasciando in vita
i globuli bianchi.
Tre anni dopo
la fine della guerra,
egli fece la prima
di due osservazioni
che cambiarono
la storia della medicina.
Bisogna dire
che le scoperte
di Alexander Fleming
furono certo propiziate
dal fatto
che non fosse un maniaco
dell’ordine e della pulizia.
Infatti
teneva colture di batteri
su piastre per 2 o 3 settimane,
e, poi,
solo quando tutto il banco
era occupato
da una cinquantina di piastre,
cominciava a scartarle,
dopo averle osservate attentamente
per vedere se si era sviluppato
qualcosa d’insolito.
Alexander Fleming
Fu così che arrivò
alla scoperta della lisozima
e più tardi della penicillina.
Due settimane prima
aveva messo su una piastra
del muco nasale
e la piastra
compariva ormai coperta
da colonie di batteri
color giallo-oro
(provenienti dall’aria
o dalla polvere),
però accanto
alla masserella di muco
non ce n’erano
e appena più in là
c’erano ma ormai
di aspetto vitreo,
senza vita.
Si era diffuso qualcosa
dal muco
che aveva distrutto i batteri.
Fleming scoprì
che anche le lacrime,
la saliva e l’albume d’uovo
uccidevano i batteri,
ma non danneggiavano
i globuli bianchi.
Sperò di aver trovato
l’antisettico efficace
che cercava,
ma si sbagliava.
Infatti il liquido lacrimale,
per esempio,
non danneggiava
i microbi patogeni,
ma dissolveva
solo i batteri innocui
del tipo di quelli entrati
nel laboratorio con l’aria.
Fleming
chiamò quel microrganismo
Bacterium lysodeicticum
e l’agente sconosciuto del muco
lisozima.
Lavorò per anni
sulla lisozima
cercando di scoprire
le sue proprietà terapeutiche,
ma inutilmente, perché,
non conoscendo la biochimica,
non trovò il suo principio attivo.
***
Alexander Fleming – La scoperta
della penicillina fu dovuta
a circostanze fortuite
ancora più incredibili.
Ma
nella comunicazione fatta
da Alexander Fleming nel 1929
al «British Journal
of Experimental Pathology»
non c’è alcun cenno:
«Lavorando
con alcune varietà di stafilococchi,
numerose piastre di coltura
furono accantonate su una parte
del banco di laboratorio
ed esaminate di tanto in tanto.
Nel corso degli esami
queste piastre
venivano necessariamente
esposte all’aria
e furono contaminate
da vari microrganismi.
Su una piastra
si osservò che attorno
a una grossa colonia
di una muffa contaminante
le colonie di stafilococchi
diventavano trasparenti
e andavano evidentemente incontro
a lisi».
Le cose andarono così.
***
Alexander Fleming – L’anno prima
Fleming
doveva scrivere un capitolo
sugli stafilococchi
per un manuale
di microbiologia,
e per ciò coltivò,
sulle famose piastre,
alcuni ceppi batterici anomali.
Poi andò in vacanza,
lasciando la cura delle piastre
ai suoi assistenti,
che a loro volta
dopo poco partirono.
Al rientro
alla fine di agosto
Alexander Fleming osservò
cosa era successo alle piastre
e ne notò una molto interessante.
Era la famosa piastra descritta
nella comunicazione del
«British Journal
of Experimental Pathology».
La spiegazione
di ciò che era avvenuto
non fu né semplice
né immediata,
anche perché,
dopo anni un suo assistente
cercò di ripetere l’esperimento
con la coltura di stafilococchi
contaminata
da quella particolare muffa,
ma non successe niente.
Alexander Fleming
Per ottenere la chiazza chiara
notata da Fleming
dovette mettere
nel brodo di coltura
prima la muffa
degli stafilococchi,
ma la muffa non si sviluppava
a temperatura corporea,
con cui veniva riscaldata la piastra
nel procedimento di coltivazione
degli stafilococchi.
Per ricostruire
ciò che poteva essere successo
si pensò che Alexander Fleming,
prima di andare in vacanza,
invece di mettere
le colture seminate
di stafilococchi
in incubazione
le avesse lasciate sul banco.
Poi,
dalle temperature registrate
nell’agosto 1928 a Londra,
si sa che dapprima oscillarono
tra i 18° C e i 23° C,
utili allo sviluppo della muffa,
e poi tra i 23° C e i 28° C,
favorevoli alla crescita dei cocchi,
che si diffusero
sul terreno di coltura
tranne che
nelle vicinanze della muffa.
***
Alexander Fleming – E la muffa,
di una specie rara,
da dove proveniva?
Anche su questo
si possono fare congetture:
senz’altro
era entrata dalla finestra
e probabilmente
proveniva da un laboratorio
del piano sottostante.
Infatti in quel periodo
Wright aveva dato l’incarico
all’allergologo La Touche
di isolare alcune muffe
prelevate dalle case
di alcuni pazienti asmatici,
per studiarle
e ricavare da esse estratti
per desensibilizzare
i malati stessi.
Siccome in quel laboratorio,
a causa della carenza di fondi,
le coltivazioni di muffe,
che producono migliaia di spore,
non avvenivano
sotto speciali coperture,
senza dubbio
qualche spora
poté volare
fino al piano di sopra.
Lo stesso La Touche
identificò la muffa
di Alexander Fleming
come una muffa appartenente
alla famiglia «Penicillum».
Alexander Fleming
Fleming comincio a studiare
il terreno di coltura
formatosi vicino alla muffa
e stabilì
che inibiva la crescita
degli stafilococchi
e streptococchi
che infettano le ferite,
dei germi
causanti la meningite,
la gonorrea e la difterite,
mentre non impediva
la crescita
di altri agenti patogeni,
come quelli del tifo
e del carbonchio,
ed inoltre era innocuo
per i globuli bianchi.
Inspiegabilmente però
dopo queste osservazioni
Alexander Fleming
si occupò d’altro.
Il passo successivo
fu compiuto solo
dodici anni dopo da Florey,
che aveva letto
la comunicazione
di Alexander Fleming,
e verificò sperimentalmente
le proprietà del brodo di coltura
iniettandolo in topolini
e salvandoli così
da infezioni mortali.
Florey,
assieme al biochimico Chain,
ad Oxford fece quindi
un grande lavoro di ricerca
che portò
all’isolamento
della penicillina
ed alla sua
sperimentazione clinica.
***
Alexander Fleming – Ben presto
i risultati furono spettacolosi
per le grandi proprietà terapeutiche
mostrate dalla penicillina.
Comunque
Alexander Fleming
non fu dimenticato,
anche per merito
dell’ottantenne Wright,
che scrisse al «Times»,
in cui era comparso
un articolo di fondo
sugli esperimenti clinici
effettuati da Florey,
facendo presente
che era stato Alexander Fleming
lo scopritore della penicillina.
I giornalisti
si recarono quindi
al St. Mary’s
e Alexander Fleming
rilasciò di buon grado
molte interviste.
Così non andò con Florey,
che si rifiutò perfino
di vedere i giornalisti.
Quando nel ’45
fu assegnato
il premio Nobel
per la fisiologia e la medicina
ad Alexander Fleming,
Florey e Chain,
la stampa si occupò
a grandi titoli
solo di Alexander Fleming.
***
Alexander Fleming – Certamente
è un po’ riduttivo
concludere dicendo
che la scoperta della penicillina
fu frutto del caso,
perché c’è voluto uno scienziato
con la singolare capacità
di notare ogni fatto insolito,
per soffermarsi
su quella particolare piastra.
Ma, quando si riflette
sulle grandi scoperte scientifiche,
si immagina
il grande pensatore
che lotta per tutta la vita
nel tentativo
di strappare alla natura
i suoi segreti,
e non si pensa
che la soluzione
di molti problemi
possa essere già
sotto i nostri occhi.
Basta vederla!
Maria Maggi, «La natura
non ha segreti per chi
sa interpretare le sue leggi.
Quarant’anni dalla morte
di Alexander Fleming,
scopritore della penicillina»,
in “L’Osservatore Romano”,
giovedì 23 marzo 1995, p. 3.
Foto: Sir Alexander Fleming /
ugle.org.uk