Cristianesimo, religione civile?

Cristianesimo, religione civile?

 

Cristianesimo, religione civile? – Il
“caso Buttiglione”,
respinto come commissario
dal Parlamento europeo,

e la vittoria elettorale di Bush
avvenuta in misura rilevante
per l’appoggio dei fondamentalisti
protestanti e cattolici,

ha portato
sulle prime pagine dei quotidiani
una questione dibattuta da tempo,
quella della relazione
tra cristianesimo e società civile.

Si tratta di un problema
che ha ragioni profonde
quali il timore
e le domande
poste dalla compattezza
e vitalità dell’Islam,

il vuoto valoriale
creato dalla fine
delle grandi ideologie secolari
del Novecento,

l’insufficienza della risposta
offerta dalla cultura laica
oggi in crisi.

Il vuoto ideale spaventa
perché contribuisce
a sfaldare ancor più la società
in quanto vengono a mancare
valori condivisi
che uniscano i cittadini

e trasforma
il pluralismo culturale
in un atomismo disgregatore.

Cristianesimo, religione civile?

Come, allora,
colmare questo vuoto
e offrire, nel contempo,
un orizzonte di valori
ai musulmani da accogliere
e integrare nella loro fede?

Una risposta
avanzata da una parte
della società laica
è quella del
cristianesimo religione civile,

un cristianesimo
fattore di identità nazionale
che dia coesione, sostegno
e legittimità etica alla società

a cui fornire la forza
e la stabilità
dei “valori cristiani”.

È una risposta
a una domanda
fondata e reale,
ma quanto mai
insidiosa e fuorviante
per il cristianesimo

che verrebbe alterato
e perderebbe la sua anima.

Un cristianesimo-religione civile,
infatti, comporta senza scampo
l’addomesticamento della Parola,
svuotata della sua forza
di interrogazione,
contestazione e creatività orientante,

la confusione
tra fede ed etica
per quanto questa
fosse elevata,

la strumentalizzazione
della dimensione pubblica
della vita cristiana
da questa o quella parte politica,

lo sbocco
in un neo-temporalismo,
alimentando
la tentazione di potenza

realtà che non furono di Gesù
e che non sono le nostre.

E soprattutto
implica addirittura
l’esclusione del Dio di Gesù

perché alla società civile
interessa unicamente
un vago Dio legittimatore
dell’ordine-disordine costituito.

Se non un Dio
che offra ragioni religiose
per difendersi dal nemico
(l’Islam?)
effettivo o creato a bella posta…

***

Cristianesimo, religione civile? – Il
cristianesimo, invece,
è ben altro,
come sappiamo.

È sì una religione
con una sua visibilità
rituale e istituzionale,

che scade però
a guscio vuoto
e ingombrante

se non è alimentata
e purificata
dalla fede personale
dei cristiani,

una fiducia radicale
nel Dio di Gesú
a cui affidare
la propria vita
nel difficile abbandono
alla sua Promessa.

Certo,
il cristiano e la sua Chiesa
hanno a cuore
le sorti della società,

se fedeli al Vangelo
si impegnano nel mondo
per contribuire
alla liberazione dell’uomo,

ma il cristiano
è prima di tutto
un credente, un uomo
che si è lasciato
incontrare da Dio

e che cerca
di rimanere aperto
allo Spirito di Gesù risorto
per lasciarsi trasformare
e pervenire a una “vita nuova”

insieme ai suoi fratelli di fede
con cui crede, spera, ama,
cammina in ascolto
di ogni voce di verità.

Non temano i laici
preoccupati quanto noi
dell’insignificanza valoriale
di oggi.

Fedi abbastanza autentiche
hanno una dimensione pubblica,
un’influenza sociale positiva
in quanto fruttificazione
della fede stessa
e non scopo di potere,

appunto quel sovrappiú
promesso da Gesù
a chi cerca anzitutto il Regno.

Per chi crede la risposta
al vuoto di ideali
non è quindi la religione civile,

ma
una rinnovata esperienza di fede

che con naturalezza
si farà opera e lotta
con e per l’uomo
insieme a tutti gli amici
dell’uomo.

Da “Il Gallo”, gennaio 2005,
N. 1, Anno XXIX (LIX) N. 654,
p. 1

Foto: Una copia de “Il Gallo”,
rivista mensile
d’ispirazione religiosa
che è pubblicata dal 1946
a Genova-Nervi /
libreriadeglistudi.it

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