Yalta 3

Yalta 3 – La parola d’ordine?
Usciamone

 

Tre domande su Yalta
Cosa avvenne?
E come potremo superare quei patti?
Rispondono Del Noce,
Le Roy Ladurie
e Karl Dietrich Bracher

Yalta 3 – 1. A quarant’anni da Yalta
il mito e la realtà di quell’incontro
sono ancora difficilmente separabili.

Quale fu storicamente
il suo significato politico?

2. Yalta è ormai sinonimo
di spartizione dell’Europa
in due sfere d’influenza.

È possibile superare
questa concezione,
uscire da Yalta,
come disse una volta Mitterrand?

3. Gli Accordi di Helsinki
nel luglio e agosto 1975.
hanno mutato qualcosa
dello spirito di Yalta?

Yalta 3

Augusto Del Noce, filosofo,
già docente all’università di Roma.

1. Yalta è l’esito
di un processo storico
iniziato nel 1914
che pone fine
alla centralità dell’Europa

e dà inizio
al bipolarismo sovietico-americano.

Per un certo aspetto
questo bipolarismo
vorrebbe avere
un carattere ideale

che deriva
da due tradizioni filosofiche
del vecchio continente.

Il marxismo,
con una singolare eterogenesi dei fini,
si realizza proprio
in quella Russia che Marx
vedeva con disprezzo.

Dall’altro lato
lo spirito scientista baconiano
giunge in America
alle conseguenze estreme
dell’empirismo e del pragmatismo.

Oggi,
molto più chiaramente
di quarant’anni fa,
si avverte
che queste due concezioni
sono fallite.

2. Uscire da Yalta non è semplice
ma questo è l’unico compito storico
che ci sta davanti.

Superare Yalta vorrebbe dire
lasciarsi alle spalle
questo stato di «non guerra»
fondato sul principio
dell’equilibrio del terrore
e costruire una pace reale.

Ma per far questo
occorre scoprire
un principio universale
superiore alle due parti
la cui ricerca è fallita
in tutti questi decenni.

***

Yalta 3 – La speranza oggi
ci viene additata
da Giovanni Paolo II

che mette al centro
un principio universale
al di là del totalitarismo
e del consumismo.

3. La logica di Yalta
non è superata
perché ha delle radici filosofiche,
come ho detto all’inizio.

Ad Helsinki invece si son fatti
degli Accordi tecnici,
di tipo politico-giuridico.

Mentre Yalta
ha un valore simbolico,
sbocco e fallimento
delle grandi correnti di pensiero,

Helsinki rimane
un accordo fra diplomatici.

Un accordo che rappresenta
un tentativo lodevole
ma che non rimuove le cause
che han dato origine ai mali
dell’Europa.

Tant’è vero
che quegli stessi accordi
sul rispetto dei diritti umani
vengono continuamente calpestati
all’Est,

mentre all’Ovest
anche i più sacrosanti princìpi
cadono spesso a livello strumentale.

Yalta 3

Emmanuel Le Roy Ladurie,
storico francese.

1. Nonostante le buone intenzioni
siglate nella Dichiarazione finale
sull’Europa liberata,
a Yalta ì leader occidentali
non si resero ben conto
della nuova situazione.

Roosevelt in particolare,
all’epoca fisicamente indebolito,
sottovalutò
le capacità espansionistiche
di Stalin
e il pericolo del comunismo.

Gli dobbiamo essere riconoscenti
per aver contribuito
alla liberazione dell’Europa
ma è difficile perdonargli
la sua ignoranza e stupidità
sui punti che ho appena citato.

Certo, mito e realtà di Yalta
sono frammischiati:
ma il significato mitico,
la divisione dell’Europa,
è diventato purtroppo realtà.

2. Il superamento di Yalta
è augurabile
ma attualmente non è possibile,
almeno fino a quando
l’Unione Sovietica non cambierà.

Occorrerebbe
una forte pressione da parte
dei popoli sottomessi dell’Est
ma una simile prospettiva,
oltre che improbabile,
è anche pericolosa.

***

Yalta 3 – A noi, in Occidente,
resta il dovere
di rivendicare continuamente
i diritti dei popoli
contro uno stato di fatto
che non è uno stato di diritto.

Siamo noi,
uomini del mondo libero,
che dobbiamo
prima di tutto guarire
e liberarci dalla logica di Yalta
sul piano spirituale.

Certi movimenti
come Solidarnosc in Polonia
ce lo testimoniano.

In ogni caso
l’impero sovietico
non è eterno.

Ma,
per dirla con il Vangelo,
non ci è dato di sapere
né il giorno né l’ora
in cui finirà.

3. Da un certo punto di vista
gli Accordi di Helsinki
sono una farsa.

Si è consacrata la Yalta mitica
della divisione dell’Europa
a danno della Yalta reale

che in via di principio
prevedeva che tutti i popoli
scegliessero liberamente
la loro forma di governo.

L’unico risultato di Helsinki
è stata la coesistenza pacifica
fra Est ed Ovest,
certo preferibile alla guerra
ma ancora lontana dalla pace.

Yalta 3

Karl-Dietrich Bracher,
politologo tedesco,
docente all’università di Bonn.

1. Yalta è stata una Conferenza
che ha preso decisioni
affrettate e di corte vedute.

D’altra parte
non va dimenticato

che da Yalta si è sviluppata
una situazione complessa
che non è più leggibile
solo nei termini
di quella Conferenza in Crimea.

Per quanto riguarda
la divisione in due della Germania,
ad esempio,
le decisioni
sono state prese a Potsdam.

A Yalta nessuno ancora
s’immaginava lo sviluppo
di due diversi Stati tedeschi.

Yalta insomma
è uno strumento inadeguato
per capire i problemi di oggi.

2. Uscire da Yalta,
come propongono spesso i francesi
(forse perché non vi hanno partecipato)
è una proposta
interessante e suggestiva
ma la Realpolitik lo impedisce.

Il problema
non è la revisione formale
degli Accordi di Yalta,
come se qualcuno un giorno
li volesse denunciare
unilateralmente.

Questo è impossibile.

Ma forse un giorno
si arriverà
a non tener più conto di Yalta
che apparirà
come un ricordo del passato.

Questo avverrà
quando i princìpi
della democrazia e della libertà
varranno anche
per l’altra metà dell’Europa.

«La parola d’ordine?
Usciamone», in “Il Sabato”
9 – 15 febbraio 1985, p. 12.

Foto: Franklin Delano Roosevelt
in un discorso radiofonico /
lastampa.it

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