Il mondo allora ignorò il Rwanda
Il mondo allora – Esattamente
30 anni fa in Rwanda
si scriveva
una delle pagine più buie
della storia del XX secolo;
non solo
per l’enormità del massacro
e le modalità
con cui vennero eliminate
800.000 persone inermi
ma anche per l’indifferenza
della Comunità Internazionale
che invece di intervenire
addirittura ritirò
i pochi caschi blu
dell’UNAMIR, la missione ONU
presente nel piccolo Stato africano
al fine di garantire la sicurezza
e calmare le tensioni etniche
tra la maggioranza Hutu
e minoranza Tutsi.
Il mondo allora
Il trentino Fabio Pipinato
(con la moglie Paola Martinelli)
stava prestando servizio
in fisioterapia
nell’ospedale di Rilima,
cittadina a 30 km
dal confine con il Burundi),
ricorda la strana impressione
della mattina del 7 aprile 1994:
la radio
trasmetteva musica classica
e proclami nella lingua locale,
il Kinyarwanda.
Quando,
come tutte le altre mattine
chiese aiuto agli zamu
(i guardiani notturni)
per riempire la cisterna
con l’acqua da distribuire
nel vicino
campo profughi burundese,
notò che questi
rimanevano inerti
confabulando tra loro
con in mano
una radiolina gracchiante.
Non era giornata.
***
Il mondo allora – Era stato
appena ucciso
il presidente Habyarimana.
Era la sera
del 7 aprile del 1994
quando,
con l’abbattimento dell’aereo
su cui viaggiavano i presidenti
di Ruanda e Burundi,
di ritorno dalla firma
degli accordi di pace di Arusha,
iniziò
quello che la storia ricorda
come il genocidio
del Ruanda:
10 mila morti al giorno,
massacrati per lo più
a colpi di machete,
per tre interminabili mesi.
Triste punto di arrivo
di una serie di concause
(che devono anche oggi
suonare come
campanello d’allarme):
disagio sociale,
crisi economiche,
perdita di valori
e punti di riferimento
nelle comunità.
Ma soprattutto
frutto del quotidiano
instillare il seme dell’odio,
far riemergere
antichi risentimenti,
indicare un capro-espiatorio
su cui addossare tutte le colpe.
In quel caso
era l’etnia “Tutsi”
la causa di ogni male
del Ruanda,
il nemico da combattere,
il diverso da eliminare
per la popolazione
maggioritaria “Hutu”.
Il mondo allora
Un genocidio
pianificato su più fasi,
a partire
dalla distribuzione
delle radioline
per “comandare”
la popolazione,
la lista dei Tutsi
e degli Hutu moderati
da eliminare per primi,
la distribuzione
di grandi quantità
di machete,
la formazione
delle bande paramilitari
Interhamve.
Dopo cento giorni,
tre quarti
della popolazione Tutsi
era stata massacrata,
2 milioni di profughi
fuoriusciti dal Paese,
1 milione di sfollati interni,
100.000 mila le persone
in carcere,
il Paese in fiamme.
Era tutto condito
con intrighi internazionali,
interessi
di spietati uomini d’affari
e multinazionali,
realpolitik di potenze straniere,
l’ONU bloccata
e incapace di intervenire,
il termine “genocidio”
accuratamente evitato
nelle sedi istituzionali
e citato coraggiosamente
per la prima volta solo
da papa Giovanni Paolo II.
***
Il mondo allora – Alla fine
l’anglofonia
ebbe allora la meglio
sulla francofonia:
il Fronte Patriottico Rwandese
a guida Tutsi
che scendeva dall’Uganda
con il sostegno e i rifornimenti
di armi di britannici e americani,
prese il sopravvento
sulle FAR, le armate Hutu.
Si invertirono così le parti
e iniziò la caccia agli Hutu,
che scapparono – anche coperti
da una ritardata e ambigua
“Operazione Tourquoise”
condotta dai francesi –
nella confinante
Repubblica Democratica de Congo,
esportando l’instabilità
nelle ricchissime regioni
del Kivu e del Katanga.
Il mondo allora
Ma nella desolazione
emergono anche storie di bene,
di coloro che si adoperarono
come poterono
per arginare l’avanzata del male,
che insegnarono a non arrendersi.
Tra questi Pierantonio Costa,
imprenditore italiano
che viveva a Kigali
e al tempo
era stato nominato
console onorario in Ruanda.
Un moderno Perlasca
che, nonostante
l’isolamento diplomatico,
a rischio della sua vita,
impiegando le risorse economiche
che aveva a disposizione
e soprattutto
le sue capacità di relazionarsi,
trattare e negoziare,
riuscì a mettere in salvo
duemila persone.
Per tutti gli anni a seguire,
mai un vanto;
ha continuato a ripetere:
«Ho solo obbedito
alla mia coscienza».
Giuliano Rizzi, «Il mondo allora
ignorò il Ruanda»,
in “vita trentina”,
settimanale diocesano
di informazione del Trentino,
14 aprile 2024, n. 15, pp. 1-2.
Foto: Il console onorario
Pierantonio Costa,
la cui azione di soccorso
evitò ulteriori vittime
in Rwanda / vitatrentina.it