Il mistero dell'acqua 1

Il mistero dell’acqua 1 – Prima parte

 

Il mistero dell’acqua 1 – Quello
che narra dell’incontro
di Gesù con la donna samaritana
è uno dei testi più belli
e più ricchi,
anche se non il più facile,
del Vangelo secondo Giovanni.
Cercheremo di introdurci ad esso
pian piano e a più riprese.

Dopo l’incontro nella notte
con l’uomo della legge, Nicodemo,
ecco l’incontro meridiano
(dalla notte al giorno)
con la donna di Samaria.
Non è solo una versione femminile
del medesimo cammino di fede.
Se Nicodemo e il Battista
rappresentano l’itinerario di Israele,
sul piano tipicamente religioso,
la donna rappresenta
il cammino più universale,
quello che parte
dalla sete comune a tutti
e giunge all’acqua
che appaga questa sete.

***

Il mistero dell’acqua 1 – Dopo il prologo
(«In principio…», Gv 1),
ormai il protagonista di fondo
del Vangelo secondo Giovanni
è l’acqua, origine della vita.
Ma c’è acqua e acqua,
c’è vita e vita.
C’è un’acqua stagnante, morta
e c’è un’acqua che è mossa
dal respiro dell’amore,
che zampilla in vita eterna.

C’è uno sviluppo in Giovanni.
Nel capitolo 1 troviamo
l’acqua del battesimo del Battista
e quella del battesimo di Gesù
nello Spirito.
Nel capitolo 2, a Cana,
c’è l’acqua delle idrie della purificazione,
ma anche l’acqua trasformata in vino.
Nel terzo capitolo incontriamo Nicodemo:
è la nascita dall’acqua e dallo Spirito.
Nel capitolo 4 ecco Gesù e la donna,
che parlano di sete e di acqua.
Nel capitolo 5, infine, si arriva
alla famosa piscina di Betzaetà,
nelle cui acque
venivano a immergersi i paralitici.
L’acqua ritorna continuamente.

Il mistero dell’acqua 1

L’incontro tra Gesù e la donna
avviene nella solitudine.
Che Gesù le parli,
crea meraviglia a lei stessa,
oltre che ai discepoli.
Un maestro, un rabbì,
non rivolgeva la parola a una donna,
tanto meno per strada.
La stessa moglie del rabbino
gli parlava solo
nell’intimità della casa.

Al pozzo si va
nelle ore fresche
dell’alba e del tramonto.
Perché questa donna
viene a mezzogiorno,
quando è sicura
di non incontrare le altre donne,
che andavano invece
in orari più consoni?
Che acqua desidera
nell’ora del caldo, della sete?

La domanda che Gesù le rivolge
suona molto strana alla Samaritana.
Sembra una specie di avance
da parte di uno
che vuole abbordarla.
Ha capito bene,
è proprio l’inizio di un corteggiamento.
D’altra parte,
ai bordi del pozzo,
già il padre Giacobbe
aveva corteggiato Rachele.

***

Il mistero dell’acqua 1 – Gesù,
stanco e abbandonato al pozzo,
manifesta la propria debolezza,
ha sete anche lui
come la donna che va ad attingere.

Pure qui ogni parola,
quando non è allusione nascosta,
è un equivoco palese.
M i fraintendimenti
sono fondamentali per intendersi…

Gli equivoci, dopo l’acqua,
riguarderanno i mariti e il marito,
per poi estendersi
ai luoghi di adorazione.
Ogni equivoco
sfocia in un’ulteriore comprensione
dell’uomo Gesù, riconosciuto prima
come colui che dà l’acqua viva (v. 15),
poi come un profeta,
poi come il Messia
e, alla fine,
come il Salvatore del mondo

Questa donna non è solo
la versione femminile del cammino
che porta all’incontro con Dio,
ma è il modello
di ogni esperienza di fede,
come incontro personale d’amore
con l’Altro.

La salvezza del mondo,
che viene data ai giudei,
passa attraverso la Legge e i Profeti ma,
ancor più profondamente
e universalmente,
attraverso la sete e l’acqua.
Questo desiderio di vita piena,
comune a ogni persona,
sfocia in una storia d’amore,
in un dialogo
nel quale Gesù porta la donna
a conoscere il suo dono.

Il mistero dell’acqua 1

Il racconto è un dialogo
tra la Parola e l’ascoltatore
raffigurato da questa donna.

La donna ha cambiato vari mariti,
ma non ha ancora incontrato lo sposo,
di cui pure ha sete.
Lo sposo,
sorgente d’acqua viva,
lo incontra a quel pozzo.

La donna viene al pozzo
e Gesù inizia il dialogo con lei.
La sua sete sarà appagata
quando lei chiederà quell’acqua
che lui le può donare.

Quando essa si apre al dono,
inizia il discorso dei vari mariti
che la donna ha avuto
e che non l’hanno dissetata.
Anche quello che ha ora,
mentre è lì al pozzo,
non è il suo sposo.

Le parole di Gesù
sono un garbato accenno
alle sue delusioni amorose.
L’intento non è di denunciare
ma di evidenziare una sete
che niente è in grado di soddisfare,
se non il dono che Gesù le vuol fare.
La donna lo riconosce profeta
e gli chiede, allora,
come si possa incontrare Dio, lo sposo,
dove lo si possa adorare,
e così via.

Il racconto
è dunque un cammino graduale,
che culmina nel riconoscimento
del Salvatore del mondo.
Si è aperto con Gesù che, solo,
all’ora sesta, affaticato dal viaggio,
assetato, sta seduto alla fonte.
L’ora, la fatica, la sete, il luogo
richiamano anche la sua passione,
al termine della quale,
dal suo fianco,
sgorgheranno sangue e acqua.

Lo sfondo

Il mistero dell’acqua 1 – È importante
lo sfondo che Giovanni disegna,
per capire tutto il suo discorso.

Lo sfondo è costituito
dal pozzo di Giacobbe,
che simbolicamente crea un legame
tra quella vena d’acqua
a cui attingeva l’antico patriarca
e Cristo, «sorgente d’acqua viva»
(Gv 4,14).
Giovanni fa subito
questo collegamento:
non è un caso
che tutto questo avvenga
proprio attorno
al pozzo di Giacobbe.

Tale pozzo è collocato
in uno scenario geografico
ricco di memoria biblica:
ricordi del patriarca che
«donò a Giuseppe suo figlio»
il pozzo in cui bevvero lui,
i suoi figli e il suo bestiame
(«Sei tu forse più grande
del nostro padre Giacobbe
che ci diede questo pozzo?», v.12);
ricordi di Giuseppe,
erede delle terre vicine (v. 5);
ricordi più religiosi
legati a quel monte Garizim,
che domina la regione
e su cui i patriarchi hanno pregato
(«I nostri padri hanno adorato Dio
su questo monte», v. 20).

Quel luogo evoca
tutto un lontano passato.
Il pozzo diviene così simbolo
dell’acqua antica:
Giacobbe è la radice
di tutto Israele
(«Non ti chiamerai Giacobbe,
ma Israele») ed è la sorgente
di tutte le promesse di vita
che sono nascoste
nel popolo dell’antica Alleanza.

***

Il mistero dell’acqua 1 – Il pozzo
è nel territorio di Sicar,
un richiamo all’antica Sichem.
Qui avvenne il primo dialogo
tra Abramo e Dio (cfr. Gn 12,6-7):
Dio fece le prime promesse
e Abramo vi innalzò
il primo altare, il primo tempio
a testimonianza
del primo incontro di salvezza.

Quando Israele,
dopo la peregrinazione
nel deserto,
prende possesso di Canaan,
a Sichem rinnova l’alleanza
(cfr. Gs 8,30-35; 24).
Quindi per la fede ebraica
a quel pozzo c’è una sorgente
di cui l’acqua materiale
è appena un simbolo.

Presso questo pozzo
si incontrano Gesù,
Messia non riconosciuto
del suo popolo,
e una samaritana,
erede di una fede
che i giudei giudicano non pura.

Questo è dunque lo sfondo.
Ecco perché Giovanni
colloca questo incontro
presso il pozzo: perché lì
c’è questo contesto estremamente
significativo e illuminante.
C’è tutta la storia
della salvezza.

A un approccio superficiale
non si pensa a queste cose,
ma se teniamo presente
tutta la Scrittura,
capiamo perché
questo sfondo è importante,
ricco di simboli.
È il simbolo dell’acqua vera,
che dal pozzo di Giacobbe
arriva fino a Gesù.

Teologia dell’Incarnazione

Il mistero dell’acqua 1 – È mezzogiorno.
Gesù, dopo il cammino
di mezza giornata, si riposa
sul parapetto del pozzo.
I discepoli sono andati
a fare provviste.

All’improvviso arriva
una donna ad attingere.
Gesù parla per primo:
«Dammi da bere».

Una richiesta piena di umanità,
apparentemente molto semplice.
Eppure, dietro questa verità
così ordinaria,
c’è il paradosso dell’incarnazione:
il discorso dell’acqua,
come simbolo del dono di Dio,
non procede tanto
dalla sete dell’uomo,
ma da quella di Dio!
Ecco perché è Gesù
che chiede da bere.
Si mostra come colui che ha sete
per darci poi
quello che lui stesso è.

Nell’incarnazione
Dio si fa uno di noi,
s’incarna,
perché noi possiamo dialogare.
Entra dentro di noi
perché noi lo riconosciamo.
Ecco perché è lui che parla
del paradosso dell’incarnazione.

***

Il mistero dell’acqua 1 – È vero
che è la donna
ad attingere acqua,
ma lei non sa di essere lì
per impersonare
qualcosa d’altro:
infatti, quando, alla fine,
tornerà al paese,
lascerà accanto al pozzo
la brocca vuota (Gv 4,28),
quasi a dire
che per la sua sete
ormai ci vuole altro…
e ha intuito di averlo trovato.

Gesù dice espressamente
di avere sete (Gv 4,7),
ma anche lui di tutt’altro
che dell’acqua di quel pozzo.
Giovanni fa dire a Gesù sulla croce
– quando ormai tutto si è compiuto –
«ho sete» (Gv 19,28).
La sete di Dio
è che l’uomo scopra
di avere sete di lui:
il Figlio dell’uomo cerca l’uomo
e lo provoca perché questi lo cerchi.

Per ora a Gesù
basta allacciare un rapporto:
infatti,
la donna risponde con una domanda:
«Come mai tu,
che sei giudeo,
chiedi da bere a me,
che sono samaritana?».

Franco Mosconi, «Il mistero dell’acqua»,
in Paolo Bill Valente (a cura di), «Al pozzo
di Giacobbe. Il dialogo rivoluzionario
tra Gesù e la Samaritana», Casa editrice
Il Margine, Trento, 2013, pp. 29-34.

Foto: Gesù e la Samaritana
al pozzo di Giacobbe, Piatti dipinti
con scene evangeliche, Manifattura Ginori,
Doccia (Firenze) / anticoantico.com

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