Ad Deir, Giordania

La mia anima?

La mia anima? Un deserto sassoso

 

La mia anima? – Il tema del dolore
rappresenta una costante
nella vita di ogni uomo.

Il Cristianesimo è storia di dolore!

Il Cristo stesso,
pur avendo smentito
la convinzione antica
che il dolore fosse solo frutto della colpa,
non ha voluto darci la soluzione
del problema del dolore,
che rimane lì, nella storia, nel Crocifisso.

Come conciliare
il dolore dell’uomo
con la bontà di Dio?
Cosa rispondere
a chi drammaticamente si chiede:
«Perché? Perché Dio?…»?

È sufficiente indicare la rassegnazione,
la permissione di Dio
– che ha i suoi fini reconditi
per ricavarne il bene –
invitare a pensare al dolore degli altri?

È onesto fornire a chi soffre
risposte accademiche sul dolore
come: il dolore è condizione per la gioia,
il chiaroscuro per il quadro,
l’ispirazione per il genio,
lo stimolo per ogni ricerca,
l’affinamento dello spirito?

***

La mia anima? – Acutamente,
il francescano padre Osvaldo Lemme,
nei suoi numerosi studi sul tema,
parla di diffidenza
circa quelle teorie sul dolore
che passano per la testa,
ma non sfiorano il cuore.

Il «senso» del dolore infatti
non è riconducibile
ad analisi razionali,
né può rinvenirsi
nel mondo dei concetti.

Sicché parlare
e ragionare del dolore
a chi soffre,
spesso, irrita e offende.

Il dolore
è da rapportare ad una consolazione
più che ad una spiegazione,
perché la sua esperienza
non tocca la conoscenza,
bensì la struttura dell’esistenza,
la vita.

***

La mia anima? – Gesù assume il dolore,
senza fare una teoria del dolore.
In Lui è possibile trovare consolazione.

Certo, l’assurdità della Croce
fu già da allora notata dagli Ebrei
come «scandalo»
e dai pagani come «pazzia».

Ma san Paolo si ostina
a non voler conoscere altro
che Gesù Cristo,
e Gesù Cristo Crocifisso,
potenza e sapienza di Dio.

***

La mia anima? – Un Crocifisso,
però, non rimane tale.
Il credente lo sa Risorto.

In Gesù comprendo
che il dolore ha valore escatologico:
saprò quel che ora
non mi è dato di sapere.

Il dolore, quindi,
non poggia su una spiegazione,
ma su una speranza, su un’attesa.

Il sofferente
può trovare consolazione
nel Crocifisso,
non solo perché
può sapersi compreso
da chi ha sofferto come lui,

ma anche nell’esperienza
che è Lui ad aiutarlo
nella sofferenza.

Nel Suo patire
si consola il patire dell’uomo.

Dio si manifesta sofferente
a noi che soffriamo.
E, come sofferente,
chiede la nostra comprensione
garantendoci la Sua.

Copre il nostro dolore
col Suo dolore smisurato.

***

La mia anima? Un Dio che soffre
non è causa di alcuna sofferenza.

Con il patire
l’uomo attinge
il valore della sofferenza.

Dovrà pure averlo un valore,
se Dio ha patito!

Solo che la sua spiegazione è differita:
in futuro saprò quel che oggi non so.

***

La mia anima? – E la speranza non può deludere,
perché è radicata sulla verità
della sofferenza e della risurrezione di Lui.

Ogni «perché»,
che l’uomo si pone
quando il dolore lo sconvolge,
non avrà risposta né spiegazione,

ma potrà avere la sua consolazione
fondata sulla sicurezza che Dio,
in Gesù Cristo,
ha scelto la condizione di dolore.

Ecco perché
nel Cristo che soffre con me,
dopo che ha sofferto per me,
posso identificarmi solo
tramite il mio dolore.

p. Quirino Salomone,
da «La Perdonanza»,
L’Aquila,
gennaio-marzo 1991, p. 20

***

La mia anima? – Mi trovo
in uno stato d’animo
che non so descrivere.

Sento terribilmente la tentazione
di rinchiudermi in me stessa,
nel mio dolore.

So che è il nemico,
e so che non devo farlo
e mi sforzo di sorridere.

Ma il cuore è pieno di amarezza,
e l’anima la vedo
come un deserto sassoso.

suor Maria Rosa Pellesi,
da «Il sentiero della gioia:
suor Maria Rosa Pellesi»,
di Oscar Pellesi,
ed. Laurenziane,
Padova, 1982, p. 109.

Pensieri tratti da «Il Seme.
Rassegna di brani scelti,
d’ogni paese e d’ogni tempo»,
n. 125 «La vita è interminabile»,
luglio-settembre 1991, pp. 12-13.

Foto: Ad Deir, Giordania
(© Ratnakorn Piyasirisorost –
Moment – Getty Images)

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