Canale di Beagle, Terra del Fuoco

Mt 9-36-10-8

Mt 9-36-10-8 – XI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

 

Premessa

Mt 9-36-10-8 – Il Vangelo di oggi consta di due parti:
la prima (Mt 9-36-38: versetti finali del capitolo 9)
e la seconda (Mt 10,1-8: versetti iniziali del capitolo 10).

La prima parte contiene due anticipazioni di termini
che saranno poi ripresi nel capitolo successivo:
«pecore» (che ritornerà nel nostro brano in 10,6
e, più avanti, in 10,16) e «operai» (che ritroviamo
anche in 10,10), rendendo evidente
che questa prima parte sia pensata
come un’introduzione a ciò che segue.

Con la seconda parte inizia quello
che gli studiosi chiamano
il secondo grande discorso di Gesù
riportato nel Vangelo secondo Matteo.

Ancora: con sapiente pedagogia il nostro brano
comprende la finale del capitolo 9,
che indica l’atteggiamento di Gesù
nei confronti della missione e, conseguentemente,
orienta verso il corretto atteggiamento
che dovrà assumere ogni discepolo che voglia
essere in sintonia con il Maestro che lo ha inviato.

È bello sapere che prima di azioni da compiere
e da evitare sta un atteggiamento
che impregna la missione e il suo significato.

«Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione» (v. 36a)

Mt 9-36-10-8 L’atteggiamento assunto da Gesù
davanti alle folle è quello della compassione.

La traduzione, in sé corretta, di «sentì compassione»,
rischia di rendere un po’ scialbo il verbo greco
splanchnìzomai.

Esso indica un amore
a forte caratterizzazione materna,
fatta di partecipazione alla situazione
che diventa immedesimazione,
condivisione intima:

tale è la compassione di Gesù
davanti alla sofferenza dei malati
(Mt 14,14; 20,34)
e della gente affamata (Mt 15,32).
Il suo diventa un amore che interviene
a trasformare in positivo una situazione
di disagio, di penuria, di deficienza.

«perché erano stanche e sfinite
come pecore che non hanno pastore» (v. 36b)

Mt 9-36-10-8 Il testo offre la motivazione
della compassione di Gesù: «perché erano
come pecore senza pastore».

Riecheggiano reminiscenze bibliche
che ci riportano a immagini
spesso evocate dai profeti.

Nell’universo biblico il gregge rappresenta
spesso Israele (cfr. Is 63,11; Ger 13,20;
Sal 73,1; 76,21) la cui guida era affidata a Dio,
al messia, o anche ai capi del popolo.

Il fatto che qui sia Gesù a sentire compassione
per questo popolo sbandato lascia presagire
che sia lui a prendersene cura e condurlo
a pascoli sicuri e abbondanti.

«Allora disse ai discepoli: “La messe è abbondante,
ma sono pochi gli operai. Pregate dunque il Signore
della messe perché mandi operai nella sua messe»” (vv. 37-38)

Mt 9.36-10-8 – La cura di Gesù non rimane
un fatto isolato, né limitato alla sua persona.
Egli associa, nella compassione per il popolo,
la comunità che egli intende fondare
su nuovi presupposti di partecipazione
e di corresponsabilità.

La constatazione di una manifesta difficoltà,
espressa nell’immagine agricola di tanta messe
a fronte di pochi operai, non inclina
alla scoraggiamento, né alla rassegnazione.
Gesù sollecita a rivolgersi a Dio,
il padrone della messe e il vero pastore.

«Chiamati a sé i Dodici…» (Mt 10,1)

Mt 9-36-10-8 – Se prima Gesù si è rivolto
al discepoli in genere, ora si rivolge
espressamente al gruppo dei Dodici.
Avviene una restrizione di campo,
dovuta alla specificità della missione.

Per la prima – unica – volta sono elencati
i più stretti collaboratori di Gesù,
coloro che sono stati scelti
per un compito speciale.

A differenza degli altri due sinottici,
che presentano la costituzione del gruppo
dei Dodici nel contesto dell’inizio
della missione pubblica di Gesù
(Mc 3,13-15; Lc 6,13) e la lista dei loro nomi
immediatamente dopo (Mc 3,16-19; Lc 6,14-17)

Matteo non parla della loro elezione
e attende fino quasi alla metà del Vangelo
per presentare i loro nomi,
sebbene sia evidente dal brano che tale gruppo
era già costituito. Leggiamo, infatti: «Chiamati
a sé i Dodici discepoli».

***

Mt 9-36-10-8 – Matteo usa esclusivamente qui (10,2)
il termine «apostoli», che assume
un valore etimologico più che tecnico,
in quanto «apostolo» significa appunto «inviato»
e questo è ciò che Gesù sta facendo ora.

Matteo, nel resto del Vangelo che porta il suo nome,
userà, per riferirsi ai Dodici il termine «discepoli»
che, come è facile intuire,
diventerà un termine ambiguo
(e per questo bisogna valutare volta per volta
di chi parli l’evangelista).

«diede loro potere sugli spiriti impuri
per scacciarli e guarire ogni malattia
e ogni infermità» (10,1b)

Mt 9-36-10-8 – Lo scopo dell’esistenza dei Dodici,
che in Marco è quella di «stare con Gesù» (Mc 3,14),
in Matteo è soprattutto quella del ministero
della missione, come verrà ribadito negli ultimi vv.
del Vangelo dove Gesù dà loro un compito missionario
molto esplicito: «Andate, dunque, e fate discepoli
tutti i popoli, battezzandoli… insegnando» (Mt 28,19-20).

Da notare anche come l’espressione
«guarire ogni malattia e ogni infermità»
sia una ripresa della missione di Gesù
espressa in Mt 4,24 e 9,35, come a dire
che lo scopo dei Dodici è quello di continuare
l’opera dello stesso Gesù e di farlo
con il potere che lui stesso conferisce loro:

Gesù, infatti, mentre li invia in missione,
concede loro la sua exusìa (potere, autorità),
quella che nei capitoli precedenti
era stata riconosciuta dalla folla (Mt 8,28b.29a)
e dal centurione (Mt 8,5-13), ma contestata
da alcuni scribi (Mt 9,6-8).

«Il nome dei Dodici apostoli sono» (10,2)

Mt 9-36-10-8 – Due sono le peculiarità
della lista apostolica secondo Matteo:

il fatto che vengano presentati a coppie
(forse questo è un’eco dell’invio in missione
«a due a due» come presentato
nei brani paralleli di Mc 6,7 e Lc 10,1)

e il fatto che, alla menzione
del cambio del nome di Pietro
presente anche negli altri due sinottici
(Mc 3,16; Lc 6,14), Matteo aggiunga
l’indicazione di come questi
sia «primo» tra gli apostoli.

Questa è indubbiamente da intendersi
come un’ulteriore sottolineatura
dell’importanza che Pietro assume
nel Vangelo secondo Matteo,
che diventerà evidente nell’episodio
di Mt 16,16-19: «tu sei Pietro e su
questa pietra edificherò la mia chiesa».

***

Mt 9-36-10-8 – I Dodici sono una squadra
veramente incredibile.
Difficile sceglierli più diversi e per niente adatti.
A pensarci bene, è già un miracolo
essere riusciti a radunarli insieme.

Ci sono quattro pescatori: Simone, chiamato Pietro
e Andrea, suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo e
Giovanni, suo fratello (10,2) che si ritrovano
nella stessa comunità con Matteo, il pubblicano (10,3),
ossia, lo strozzino, al quale, oltre le tasse, dovevano,
con ogni probabilità, pagare anche i diritti di pesca.

Ma per Matteo non è finita.
All’interno di questa comunità, c’è pure Simone,
soprannominato «il Cananeo» (10,4),

per indicare che si tratta di uno «zelota»,
di un «nazionalista», vale a dire uno
il cui sport preferito, prima di incontrare Gesù,
era quello di tagliare la gola ai Romani,
in quanto invasori, e ai loro collaboratori,
come l’esattore Matteo.

Infine, c’è anche Giuda l’Iscariota,
il traditore (10,4).
Non si sa di preciso cosa significhi «Iscariota».
Una delle ipotesi è che volesse dire «sicario»,
uno con il pugnale in tasca e spesso… in mano!

***

Mt 9-36-10-8 – Non c’è che dire. Proprio
un bel assortimento di galantuomini!
Ma il messaggio è chiaro: nella comunità
dei discepoli di Gesù, nessuno è escluso a priori,
c’è posto per tutti.

Si osservi, inoltre, che per quanto importanti
essi possano risultare nell’economia
della storia della salvezza, di questi Dodici
i Vangeli ci raccontano pochissimo, anzi,
di alcuni di loro, come Taddeo e Simone
il Cananeo, proprio nulla: solo il nome.

Per quanto siano importanti, i Dodici
non devono mai distrarci
dall’Unico che conta: Gesù.

Gesù li inviò, «ordinando loro» (10,5)

Mt 9-36-10-8 – Quest’ultima parte del nostro brano,
contiene le istruzioni su coloro a cui i Dodici
devono rivolgersi (vv. 5-6) e sulla duplice natura
della loro missione: predicazione e azione (vv. 7-8).

Il tema dell’invio alle sole «pecore perdute
della casa d’Israele» deve essere letto nell’ottica
dell’intero Vangelo, dove troviamo già
questa preferenza – che talvolta diventa
quasi esclusività – anche riferita
alla missione di Gesù (Mt 1,21; 2,6; 15,24).

Ad essa però si affianca con frequenza
l’apertura della missione anche ai pagani
che cercano Gesù (Mt 4,24-25) e che sono
anche elogiati per la loro fede,
come nel caso del centurione (Mt 8,5-13).

Nel nostro brano, dunque, Gesù non invita
i Dodici ad andare oltre i confini
in cui lui ha operato; più avanti,
come sarà preannunciato in Mt 24,14; 26,13
e realizzato in Mt 29,19-20, la missione
si aprirà al mondo intero.

Ciò che i Dodici sono chiamati a predicare
e compiere sono le cose già proclamate
e compiute da Gesù stesso, e ciò evidenzia
come la missione dei Dodici sia da leggere
in strettissima continuità con quella di Gesù.

«Gratuitamente avete ricevuto,
gratuitamente date» (10,8)

Mt 9-36-10-8 – Questa ingiunzione,
con cui si conclude il nostro brano,
è la richiesta del completo distacco
da qualunque forma di interesse egoistico
nello svolgimento dell’azione apostolica.

Il discepolo non opera per ottenere
qualche vantaggio personale:
per essere conosciuto, stimato,
riverito, o per arricchirsi.

Offre gratuitamente il proprio servizio,
come ha fatto il Maestro.
Unica sua ricompensa sarà la gioia
di aver servito e amato i fratelli
con la generosità con cui ha operato Gesù.

Foto: Canale di Beagle, Terra del Fuoco /
(© mrallen – Adobe Stock)

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