Giovanni Paolo I visto da Ossola

Giovanni Paolo I visto da Ossola
Catechesi in briciole: la gioia della fede

 

Giovanni Paolo I visto da Ossola – Nel 1948
Albino Luciani fu chiamato dal vescovo di Belluno
Girolamo Bartolomeo Bortignon (1905-1992)
ad animare e dirigere
l’Ufficio catechistico diocesano,
nel momento importante in cui veniva indetto
il Congresso catechistico
delle diocesi di Belluno e Feltre (1948-1949).

La Catechetica in briciole,
stampata la prima volta nel 1949,
dalla Tipografia Vescovile di Belluno,
e ristampata dalle Edizioni Paoline
nel 1953, 1956, 1958, 1962 e 1988,
tradotta in spagnolo (Bogotá 1961)
e tedesco (Graz 1992),

è certamente l’opera alla quale
Albino Luciani è rimasto più fedele: l’Archivio
della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I
conserva numerosi faldoni preparatori
alla editio princeps e anche, più numerosi,
appunti, articoli di giornale, recensioni,
note bibliografiche,

in vista di una riedizione
che doveva avvalersi delle novità pastorali
introdotte dal Concilio Vaticano II,
e dalle sue Costituzioni.

In effetti, come ha osservato Vittore Branca,
«Scienza di Dio e scienza dell’uomo,
cioè teologia e pedagogia,
sono le travi portanti
della cultura di Albino Luciani,

uno dei più efficaci specialisti
di catechesi per l’infanzia,
uno dei divulgatori più affabili
delle grandi indagini teologiche».

Giovanni Paolo I visto da Ossola

Il titolo riporta, con consapevole humilitas,
alla parabola evangelica del povero Lazzaro
e del ricco Epulone, e alle briciole che cadevano
da quella mensa (Luca, 16,19-31)
alla quale allude la premessa della prima edizione:

Giuseppe Bartolomeo Chiari, Gesù e i fanciulli, olio su tela. Riverdale-on-Hudson, Collezione Moss Stanley (Scala)

«Il presente opuscolo
è destinato ai catechisti
delle scuole parrocchiali.

S’intitola Catechetica in briciole,
perché le nozioni che contiene sono poche,
messe giù con stile molto piano
e, per di più, cadono
da quella lauta mensa imbandita
che sono le lezioni ed i libri
di fratel Leone delle Scuole cristiane,

i testi di fratel Anselmo
delle Scuole cristiane,
di Silvio Riva e degli altri
riportati nella bibliografia».

Giovanni Paolo I visto da Ossola

La definizione di “catechismo”
proposta da Albino Luciani
ingloba tutto ciò che della Chiesa
– come aveva scritto in quegli stessi anni
Oscar Cullmann nel saggio Cristo e il tempo
(1946) – è verità oltre il tempo
e umana parola nel tempo.

Nel paragrafo incipitario del volumetto
si legge: «Catechismo è parola greca
che significa: parlo dall’alto.

Oggi questa parola
viene adoperata in tre sensi:

a) insegnamento a viva voce
della religione (frequentare il “catechismo”);

b) libro che contiene le verità religiose
in forma semplice e piana
(comperare un “catechismo”);

c) le verità stesse contenute nel libro
o esposte nell’insegnamento
(il “catechismo” ci insegna che…)».

Giovanni Paolo I visto da Ossola

Subito precisando: «Nessuna meraviglia quindi
che le leggi divine e umane
abbiano imposto e regolato
lo studio del catechismo. […]
Le leggi umane
hanno precisato le leggi divine.

Le principali sono:
l’enciclica Acerbo nimis di san Pio X,
il Codice di diritto canonico (cann. 1329-1336),
il motu proprio Orbem catholicum di Pio XI,
il decreto Provido sane,
altri documenti pontifici,
circolari del ministero
della pubblica istruzione […]».

Non è solo la coscienza
che, nella scuola, i «documenti pontifici»
debbano commisurarsi con il “peso”
delle «circolari del ministero
della pubblica istruzione»,

ma soprattutto la convinzione che
«le leggi umane
hanno precisato le leggi divine»:
posizione nuova e libera,

che rinuncia alle sottigliezze dottrinali,
alle definizioni dogmatiche, per calarsi
nel mondo quotidiano dell’uomo,
nella dinamica dell’insegnamento,

nel compito costante
di una Chiesa “ermeneuta”
del lascito del kerygma,
come vorrà il Concilio Vaticano II.

Giovanni Paolo I visto da Ossola

Per questo ai contenuti
antecedono «le doti del catechista»;
Albino Luciani ricorre al modello
– che seguirà e farà proprio –
di san Filippo Neri,
e al ruolo primario delle doti
di umana autorevolezza:

«Dipende soprattutto dal catechista
che la sua missione riesca o no.
San Filippo Neri e san Giovanni Bosco
catechizzavano i ragazzi
in qualche angolo di sacrestia,
perfino sulla strada,
senza lusso di ambienti, senza mezzi,
eppure incantavano come maghi
e trasformavano».

Giovanni Paolo I visto da Ossola

Le verità della fede sono presenti ed eminenti,
ma gli accenti più nitidi sono dedicati
all’attenzione dei piccoli
al «senso della giustizia», all’equità,
e al «rispetto della verità»,
quella minuscola,
nel dovere di «essere uomini di parola».

Soprattutto troviamo già, in nuce,
il valore della chiarezza e della semplicità,
che caratterizzeranno tanto la pastorale
del vescovo che del patriarca e del pontefice:

«La chiarezza: idee poche,
ma colorite e incisive;
meglio poco e bene che tanto e confuso;
parole facili,
che i fanciulli già conoscono e capiscono,
concrete e, se possibile,
accompagnate da immagini.

Non si dirà: “La sapienza divina”,
ma “Dio che è tanto bravo”.
Non si dirà: “Pierino si vergognò”,
ma “Pierino è diventato tutto rosso
per la vergogna”. Meglio ancora:
“Pierino per la vergogna
è diventato rosso come un galletto”».

Giovanni Paolo I visto da Ossola

Questa vigilanza sulla parola
si estende ai gesti, allo sguardo, alla voce:
«Sorvegli lo guardo.
Ai fanciulli parla più l’occhio
che la bocca del catechista:
nell’occhio essi vedono
le sfumature della parola. […]

Sorvegli il gesto.
Un gesto naturale, sobrio
rende più vivace e attraente la parola,
soprattutto coi piccoli,

che sono abituati a supplire
i vocaboli che mancano
con la vivacissima mimica,
mettendo in moto occhi, mani,
persona, tono di voce, testa, tutto».

Siffatta attenzione
ai tratti della conversazione
e del comportamento interpersonale
(che ricorda non poche pagine
del Libro del Cortegiano o del Galateo)
è tipica della tradizione
di “affabilità” del cristianesimo veneto,

così bene incarnata, nel secolo XVIII,
da Giambattista Roberti nel suo
Trattatello sopra le virtù piccole, 1765,
e qui ripresa nell’evocare le «bravure»
di uno stile sciolto e, non meno,
le «perluzze» dell’affettazione.

Giovanni Paolo I visto da Ossola

Albino Luciani cercava
non tanto la “materia” del credere
ma l’uomo cui il messaggio era indirizzato.
Così, inaugurando la terza sezione
della Catechetica, dedicava tutto il preambolo
alla necessità di «conoscere il fanciullo»:

«Cosa deve conoscere un maestro
per insegnare il latino a un ragazzo?
– Il latino! –
risponderebbe un tedesco.
– Il ragazzo! –
rispose l’americano Stanley Hall.

E noi diciamo:
deve conoscere l’uno e l’altro:
il latino, ma anche il ragazzo».

Questo è il nocciolo, sin dal 1949,
del pensiero di Albino Luciani:
il desiderio di accogliere l’uomo
nella sua quotidianità,
che non è eroica,
ma presto affaticata,
anche nei fanciulli.

Giovanni Paolo I visto da Ossola

Afferma: «Il catechista deve tener presente
che il fanciullo non ha solo un’anima,
ma anche un corpo
che continuamente sta stancandosi» (III.5).

Il fanciullo insomma «è tutto sensi.
Ha occhi, mani, orecchie, lingua, gola,
che vogliono intensamente vedere,
parlare, toccare, udire, gustare. […]
Il fanciullo è tutto movimento e gioco. […]
Quindi: mobilitare a catechismo
le energie motorie del fanciullo […]».

E quelle della fantasia:
la storia sacra è una magnifica collana di perle,
di racconti meravigliosi
e di parabole che vanno «raccontati bene […]
facendo vivere e parlare fra di loro
i personaggi del racconto,
drammatizzando e sceneggiando».

Così del resto aveva insegnato
il pastore e scrittore
(amatissimo da Kafka e Ernst Bloch,
Benjamin e Scholem, Adorno e Canetti)
Johann Peter Hebel, nelle sue
Storie bibliche (Biblische Geschichten
für die Jugend, 1824, tradotte in italiano
nel 1828-1829).

E dunque, sceneggiando, bisogna
«mobilitare mani e piedi»,
attivando un «lavoro a squadre».

Giovanni Paolo I visto da Ossola

Solo a questo punto
inizia il percorso
del «far pregare bene»,
non come promessa,
ma come compimento:

«pregare vuol dire parlare con il Signore:
e non solo del paradiso, dell’anima,
ma di qualunque cosa,
proprio “chiacchierare”
come si fa con un amico;
si può parlargli del papà, della mamma,
del compito, del gioco».

È questa la quieta
e quotidiana “familiarità” con Dio
che, iniziata con la Catechetica in briciole,
porterà Albino Luciani a suggellarla
nella formula sintetica, e inobliabile,
che Dio è padre e madre.

Carlo Ossola (filologo, Collège de France),
«Catechesi in briciole: la gioia della fede», in
“Luoghi dell’Infinito”, Mensile di Itinerari
Arte e Cultura di “Avvenire”, settembre 2022,
n. 275, pp. 27-28.

Foto di apertura: Giovanni Paolo I, in
“S.S. Giovanni Paolo I – Albino Luciani” /
facebook.com

Lascia un commento