Mt 4-1-11 – Domenica I di Quaresima – Anno A
Contesto
Mt 4-1-11 – Il Vangelo di oggi
costituisce la prima parte del capitolo 4
del Vangelo secondo Matteo.
Cosa c’è nei tre capitoli precedenti?
Il racconto della nascita e
dell’infanzia di Gesù (capp. 1-2)
e poi?
Stando alla struttura narrativa, c’è il cap. 3
con l’inizio della vita pubblica di Gesù,
con il suo battesimo.
In realtà, tra la fine del II capitolo
e l’inizio del terzo
c’è una lunga pausa di silenzio.
Dal tempo dello stanziamento di Gesù
in Galilea, ancora bambino,
non è stato raccontato più nulla.
Una trentina d’anni, passati a Nazaret,
nella ferialità del vivere comune,
ovattati da rispettoso silenzio.
Ora, nel terzo capitolo,
Gesù è un uomo maturo,
pronto per iniziare la sua missione.
Prima, però, di iniziare
a parlare e agire in pubblico,
Gesù è sottoposto a delle prove
o tentazioni (Vangelo di oggi).
L’episodio delle tentazioni di Gesù
è parte di un trittico:
dopo la testimonianza del Battista
e dopo l’autorevole dichiarazione del Padre
al momento del battesimo,
ora è Gesù stesso che manifesta,
con le parole e più ancora
con la sua scelta di vita,
chi effettivamente egli sia,
confermando così
le due precedenti testimonianze
date da Giovanni e dal Padre celeste.
Mt 4-1-11 – Il testo
Quest’anno (Anno A, secondo la liturgia)
il racconto delle tentazioni ci è presentato
nella redazione di Matteo,
che è molto più diffusa dalla scarna redazione di Mc
(1,12-13: appena due versetti!)
e coincide, invece, quasi sostanzialmente
con quella di Luca (4,1-13).
La scena è dominata da Gesù,
indiscusso protagonista.
Gli fa da controfigura colui che è chiamato
per quattro volte «Diavolo»,
una volta «Tentatore» e una volta «Satana».
Il brano è scandito dal dialogo tra i due
e si alterna tre volte
tra la proposta provocatoria di Satana
e la risposta di Gesù (vv. 3-10).
«Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto,
per essere tentato dal diavolo…» (v. 1)
Mt 4-1-11 – Questa introduzione
presenta un terzo personaggio, lo Spirito
che conduce Gesù nel deserto,
precisa l’ambiente in cui si svolge
la prima tentazione, richiama le circostanze
del digiuno di quaranta giorni
e la fame che ne segue (vv. 1-2).
È interessante notare
che è lo «Spirito» di Dio,
da poco disceso su Gesù
«come una colomba» (Mt 3,16),
mentre riceve il battesimo da Giovanni,
che lo «conduce» nel deserto
«per essere tentato».
Ciò sta a dire due cose: prima,
che le «tentazioni» qui descritte
rientrano nel piano di Dio;
in secondo luogo, che è una tentazione
di tipo «messianico», seguendo essa
la testimonianza di Giovanni
e l’autorevole dichiarazione del Padre celeste:
«Questi è il Figlio mio prediletto,
nel quale mi sono compiaciuto» (Mt 3,17).
Alcune osservazioni
Mt 4-1-11 – Prima di passare
ad esaminare le tentazioni alle quali
è stato sottoposto Gesù,
è opportuno premettere due osservazioni.
La prima: le tentazioni non si esauriscono
in questo prologo alla vita pubblica.
Tutta la missione di Cristo sarà attraversata,
contrastata dalle tentazioni.
E i «Tentatori» potranno essere, di volta in volta,
la folla, i capi, certi gruppi, o addirittura
(come nel caso di Pietro, nell’imminenza
della Passione) gli stessi discepoli.
Gesù sarà sempre costretto a chiarire
il significato del suo messianismo,
mettendosi in opposizione
rispetto alle idee correnti
e ai gusti di chi lo circondava.
La fedeltà al progetto del Padre sarà pagata
a prezzo di incomprensioni, lacerazioni, solitudine.
La seconda osservazione riguarda
il significato delle tentazioni di Gesù
Il Diavolo si avvicina a Cristo
cercando di «saggiarlo» per ben due volte
sulla sua identità messianica:
«Se sei Figlio di Dio…» (vv. 3.5).
E non solo di «saggiarlo»,
ma anche di «sollecitarlo»
ad una precisa scelta di messianismo.
Infatti, il Tentatore cerca di separare Gesù
dal progetto del Padre, ossia dalla strada
di un Messia sofferente, umiliato, rifiutato,
per fargli prendere un cammino di facilità,
di successo e di potenza
Il Diavolo, per staccare Gesù
dalla via della croce, gli propone
le varie speranze messianiche
del tempo.
Prima di tutto un messianismo
concepito come speranza terrena,
limitato al benessere economico
(trasformare le pietre in pane).
Ossia ridurre la speranza della salvezza
a un progetto materiale.
«Se tu sei Figlio di Dio,
dì che queste pietre diventino pane» (v. 3)
Mt 4-1-11 – La tentazione
parte sempre dal positivo,
ammantata di bene
e sciorinando un luccichio invitante
che la rende carica di fascino
Infatti, la prima tentazione parte
dal richiamo all’identità precisa e solenne
che il Tentatore riconosce a Gesù:
«Se tu sei Figlio di Dio».
Il Tentatore dice quello che solo
per soprannaturale conoscenza può sapere,
e che non appare all’esterno.
Ma lo dice in modo provocatorio
e sottilmente dubitativo,
per estorcere il consenso.
Doppiamente subdola poi è la scelta della prova,
consistente nella trasformazione delle pietre in pane.
Prima di tutto, perché riguarda una cosa in sé buona,
e, in secondo luogo, perché suggerita
in un momento di fame, dopo un lungo digiuno.
«Gesù rispose: “Sta scritto:
Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (v. 4)
Mt 4-1-11 – Gesù risponde prontamente
con la Parola di Dio.
Il passo citato, tratto da Dt 8,3, mostra
che l’attenzione primaria deve essere riservata a Dio.
Anche se Gesù si trova nel bisogno,
perché sicuramente sta soffrendo la fame,
è attento a quello che Dio vuole.
Un giorno, Cristo moltiplicherà i pani
per sfamare la folla. Ma neppure allora
trasformerà i sassi in pane.
Si servirà, invece, del minuscolo dono,
certo insufficiente, «sproporzionato», di un ragazzo.
Quasi a indicare che il vero miracolo
è il gesto del condividere.
In questa prima scena è identificato e denunciato
il modo sbagliato con cui l’uomo si rapporta
con le realtà materiali.
L’uomo non deve agire per semplice istintività,
né solo per rispondere a bisogni primari,
quale quello della fame.
L’uomo, creato a immagine di Dio,
ha con lui un legame
che lo distingue dagli altri animali.
In altre parole, non c’è solo una vita corporale
da sostentare, ma vi è anche la vita spirituale
che è necessario nutrire e vivere
nell’ubbidienza alle leggi e ai comandi di Dio.
Seconda tentazione
Mt 4-1-11 – Con la seconda tentazione
cambia lo scenario. All’aridità del deserto
subentra lo splendore della città santa
considerata nel suo cuore spirituale, il Tempio.
All’angolo sud-orientale
della gigantesca costruzione di Erode,
autentica meraviglia dell’antichità,
si trovava il punto di maggiore strapiombo
sulla valle del Cedron.
Quella parte della costruzione,
chiamata pinnacolo,
si ergeva per alcune decine di metri
sulla sottostante valle.
Qui, il Diavolo,
per staccare Gesù dalla via della croce,
gli propone un messianismo
all’insegna dello spettacolare
(buttarsi dal pinnacolo del Tempio)
che eviti la strada difficile della fede.
«Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù;
sta scritto infatti: “Ai tuoi angeli…» (v. 6)
Mt 4-1-11 – A Gesù è richiesta nuovamente
una documentazione della sua vera identità,
questa volta con una nota teologica in più.
Il Tentatore, considerato che Gesù ha risposto
appellandosi alla Parola di Dio
con una citazione biblica, fa uso pure lui
di tale Parola e cita un passo del Sal 91
in cui Dio promette assistenza ai suoi eletti,
inviando loro degli angeli in caso di bisogno.
Gesù può tranquillamente gettarsi nel vuoto,
perché Dio gli verrà in aiuto con l’invio
dei suoi angeli e dimostrerà di essere
effettivamente il Figlio di Dio.
«Gesù gli rispose: Sta scritto anche:
“Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”» (v. 7)
Mt 4-1-11 – Sempre sulla linea
delle citazioni bibliche,
Gesù ricorda il testo di Dt 6,16, in cui si chiede
di non mettere alla prova Dio.
Un giorno Cristo sarà innalzato, glorioso.
Non sul pinnacolo del Tempio.
Bensì sulla croce. E non raccoglierà
la sfida di staccarsi e di «scendere».
Salverà gli altri proprio perché
non accetterà di salvare la propria vita,
ma sarà disposto a perderla.
Indicando così qual è il «passaggio» obbligato
anche del discepolo, che non può eliminare
dal proprio itinerario la strada scomoda
del Calvario.
Con questa risposta, Gesù identifica
e denuncia il modo sbagliato con cui l’uomo
si rapporta con Dio.
Il rapporto con Dio si fonda sull’amore,
sul sincero affidamento alla sua bontà,
e non su prove che, se forse
tranquillizzano l’intelligenza,
sicuramente destabilizzano il rapporto.
Terza tentazione
Con la terza tentazione
cambia di nuovo lo scenario.
Il testo parla di sommità di «un monte altissimo»,
senza precisazioni geografiche.
Satana, per staccare Gesù dalla via della croce,
gli propone il messianismo incarnato
dagli Zeloti: quello del potere, della politica,
della reazione violenta.
Non la strada dell’amore e della libertà,
ma la scorciatoia del dominio, della forza
«Tutte queste cose io ti darò, se,
gettatoti ai miei piedi, mi adorerai» (v. 9).
Mt 4-1-11 – A Gesù non mancano le doti per emergere,
per scalare i gradini del potere religioso e politico:
è intelligente, lucido, coraggioso.
Avrebbe certamente successo … ma a condizione
che «adorasse Satana», cioè, che si adeguasse
ai princìpi di questo mondo:
entrare in competizione,
ricorre all’uso della forza
e della sopraffazione,
allearsi con i potenti
e impiegare i loro metodi.
Farà, invece, la scelta opposta:
si farà servo.
Gettata ormai la maschera,
Satana rivela il suo antagonismo con Dio,
di cui si proclama il rivale.
Manifesta la sua pretesa di potere,
di dominio sull’uomo.
Mira a possedere il suo cuore.
E per fare ciò, dà per avere.
Il suo non è un dono gratuito, né disinteressato.
Egli intende far da padrone
nella vita delle persone
e ricevere da loro il massimo onore
che è, appunto, l’adorazione.
«Gesù gli rispose: “Vàttene, Satana!”
Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai;
a lui solo renderai culto”» (v. 10).
Mt 4-1-11 – L’abnormità della richiesta diabolica
è sottolineata dalla risposta di Gesù,
che inizia con un imperioso «Vàttene, Satana!».
Gesù dimostra di conoscere bene
l’identità del Tentatore e gli comanda di andarsene.
Il motivo del netto rifiuto risiede
anche in questo caso, nella Parola di Dio.
Infatti, Gesù cita Dt 6,13, il passo che richiama
la professione di fede del pio ebreo
che ha Dio come unico e incontrastato Signore.
Poco prima di essere innalzato in croce,
troviamo Gesù in ginocchio. Non di fronte a Satana.
In ginocchio davanti agli apostoli,
per lavare loro i piedi. Rovesciando in tal modo
tutti i criteri di grandezza umana.
E mostrandoci che la vera grandezza sta nel servizio.
In questo modo Gesù identifica e denuncia
il modo sbagliato con cui l’uomo
si rapporta con le altre persone.
È un invito a scegliere fra il dominare e servire,
fra competere e divenire solidali,
fra sopraffare e considerarsi a servizio.
«Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco gli angeli
gli si avvicinarono e lo servivano» (v. 11).
Mt 4-1-11 – Questo versetto conclusivo
celebra il trionfo di Gesù.
Prima di tutto c’è l’allontanamento di Satana
che obbedisce alla richiesta di Gesù di andarsene.
In secondo luogo,
si legge nella presenza degli angeli
e nel servizio che rendono
un segno di riconoscimento
della divinità di Gesù.
Essi dimostrano di riconoscerlo
effettivamente come il Figlio di Dio.
Gesù ha dimostrato di esserlo,
non con segni portentosi
che avrebbero colpito l’immaginazione
e suscitato uno stupore momentaneo,
ma con la totale obbedienza al Padre,
dichiarandolo l’unica ragione della sua vita
e il punto incondizionato di riferimento.
Foto: Duccio di Buoninsegna, Tentazione di Cristo,
pannello della Maestà (particolare) 1309-1311,
tempera su legno (43 cm x 46 cm)
Frick Collection, New York / it.wikipedia.org