Povertà Lavoro Spiritualità

Povertà Lavoro Spiritualità – Tre benedizioni per il nuovo anno

 

Povertà Lavoro Spiritualità – «Giano bifronte,
origine silenziosa dell’anno che scorre…
Oggi evitate parole e pensieri di mal augurio!
In questo momento
bisogna pronunciare parole positive
in un giorno buono» (Ovidio, Fasti, 65-75).

Nella cultura latina
l’inizio del nuovo anno era affidato a Giano,
il dio italico degli inizi e dei passaggi (iauna: porta),
il padre dei mattini.

Quell’antica saggezza sapeva
che il nuovo è profondamente inscritto nel vecchio
(Giano è bifronte).

Lo sappiamo anche noi,
eppure ogni volta che inizia un anno nuovo
speriamo tenacemente che accada qualcosa di migliore,
che saremo capaci di liberarci dalla necessità del passato
e mostrarci diversi,
che nostro figlio sarà quella bellezza
e quella pace che noi non siamo riusciti a diventare.

Da qui il senso degli auguri,
di bene-dire il tempo che sta per iniziare,
perché le parole buone pronunciate nel principio
hanno una speciale capacità performativa,
migliorano ciò che bene-diciamo,
danno ali alle nostre promesse.

Povertà Lavoro Spiritualità

Pensando al nostro tempo di passaggio,
la prima parola da dire diversamente è povertà.

La povertà è parte essenziale
della condizione umana di tutti.

L’Europa, grazie soprattutto a Cristo,
aveva generato una civiltà che,
mentre lottava contro la miseria,
non disprezzava i poveri in carne e ossa,
non li malediceva,

perché Gesù li aveva chiamati “beati”
e perché Francesco
per l’«ignota ricchezza» della povertà
aveva lasciato le altre ricchezze note.

Da questo umanesimo sono nati gli ospedali,
le scuole, i Monti di pietà, e poi lo Stato sociale,
che non trattavano i poveri come maledetti
ma solo come sventurati.

Oggi la prima povertà di cui soffrono i poveri
è la mancanza di stima,
è sentirsi considerati colpevoli,
guardati solo come portatori di bisogni
e non di talenti e virtù pur dentro le loro indigenze.

Perché ci siamo dimenticati
che a coloro che chiamiamo “poveri”
manca molto ma non manca tutto
– e la dignità si situa nella differenza
tra il “tutto” e il “molto”,
e lì dove si alimenta anche la reciprocità.

L’ultimo brano di welfare sarà cancellato
quando convinceremo l’ultima persona
che i poveri sono colpevoli della propria povertà.

Povertà Lavoro Spiritualità

Poi c’è il lavoro.
Attorno al lavoro
si sono sempre dette e scritte molte parole,
non tutte buone e vere.

Lo abbiamo scritto
nell’incipit della nostra Costituzione,
e abbiamo fatto bene.

Ma non dobbiamo dimenticare
cosa fosse nel dopoguerra veramente il lavoro
in Italia e nel mondo.

Se a scrivere quell’articolo 1
non fossero stati professori, politici e giuristi
ma lavoratori della terra, delle fabbriche, dei cantieri,
le lavoratrici delle filande e delle risaie,
difficilmente avrebbero fondato il nuovo patto sociale
su quel loro lavoro concreto – il lavoro ha sempre sofferto
per narrative scritte da non-lavoratori.

Perché le parole dei lavoratori veri
erano ‘“schiene incurvate”, “miseria e fame”,
“padrone e servo”, “travaglio”.

Il lavoro è stato quasi sempre
esperienza non troppo diversa dalla servitù,
se si eccettuano poche élite di artisti,
di artigiani e di professioni liberali.

La Bibbia, espertissima di umanità
prima di essere esperta di Dio,
quando pensava al lavoro
andava subito alla produzione forzata
di mattoni in Egitto.

E quando quegli uomini e donne scrissero
«L’Italia è una Repubblica democratica
fondata sul lavoro» guardarono, profeticamente,
al lavoro di domani.

Guardarono negli occhi
il lavoro del loro tempo e gli dissero:
“Diventa quello che non sei ancora,
lo puoi diventare”.
E fu come una preghiera.

Oggi le profezie della Costituzione
sono sempre più lontane,
e torna minacciosa all’orizzonte l’ombra
del lavoro per umiliare i deboli e i poveri,
e i mattoni d’Egitto, invece, cercano ogni giorno
di riprendere il posto del lavoro degno e congruo.

L’articolo 1 è l’articolo dell’inizio,
è il padre del mattino del giorno
che non c’è ancora
ma che deve arrivare.

Povertà Lavoro Spiritualità

Infine, spiritualità.
Siamo dentro una immensa carestia di spiritualità.

Abbiamo ottenuto risultati straordinari
nel “foro esterno” della nostra civiltà
– tecnica, economia, scienza -,
ma nel “foro interno” siamo regrediti di secoli,
se non di millenni.

L’homo sapiens post-moderno
è un analfabeta spirituale di ritorno.

Anche il capitalismo
è nato da uno spirito, cristiano e biblico,
poi il figlio (capitalismo)
ha divorato suo padre (spirito).

Ma senza spiritualità
la depressione diventa pandemia globale,
le persone non riescono a cooperare,
le imprese a produrre,
la democrazia a funzionare.

È sempre più urgente che le Chiese
e le religioni lascino i loro recinti
e le loro “comfort zone”
di consumo sacro e opere sociali
e aiutino il mondo a ricostituire
un nuovo capitale spirituale.

Il capitale spirituale
è la “casa” di tutti i capitali di una società:
senza di esso tutti gli altri vagano nomadi,
esposti a ogni pericolo.

Povertà Lavoro Spiritualità

Per ricreare capitale spirituale
c’è bisogno di un coraggio che ancora non c’è,
lasciare il basso cabotaggio
delle certezze teologiche e religiose di ieri
e inoltrarsi nel mare aperto e ignoto
delle nuove narrazioni,

perché quelle che abbiamo
sono troppo legate a registri simbolici premoderni
e quindi incomprensibili
dalla quasi totalità della popolazione.

Certo, ci possiamo accontentare
di custodire ciò che resta,
trasformando la fede
in un mausoleo di cose venerate e morte.

Ma possiamo anche fare molto di più e di diverso,
perché ogni fede è viva
se crede nello Spirito di domani
almeno quanto ha creduto in quello di ieri.

I giovani stanno facendo cose splendide.
Stanno già scrivendo brani
del nuovo capitale spirituale,
ma da soli non ce la faranno.

Hanno un bisogno vitale
anche dell’eredità spirituale delle civiltà,
dalla quale rischiano seriamente di essere esclusi
per mancanza di adeguati codici interpretativi.

Le parole, le emozioni, le lacrime, le indignazioni,
le speranze del loro mondo
sono sempre più distanti dalle nostre.

C’è un bisogno urgente
di una rivoluzione narrativa delle religioni
e della spiritualità:
è ora di mettersi a lavoro.
Buon anno!

Luigino Bruni, «La rivoluzione è un’eredità»,
in “Avvenire”, martedì 3 gennaio 2023, pp. 1.3.

Foto: Orchidee catasetum della Guyana francese
Viaggiando Attraverso le Meraviglie della Natura /
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