Mt 3-13-17 – Battesimo di Gesù – Anno A
Premessa
Mt 3-13-17 – Tutti e quattro i Vangeli attestano che Gesù,
prima di intraprendere il suo ministero,
volle ricevere il battesimo da Giovanni Battista
(Mt 3-13-17; Mc 1,9-11; Lc 3,21-22; Gv 1,29-34).
Questo avvenimento imprime un orientamento decisivo
a tutta la missione di Cristo.
Infatti, Egli non si è presentato al mondo
nello splendore del tempio: poteva farlo.
Non si è fatto annunciare da squilli di trombe:
poteva farlo.
E neppure è venuto nelle vesti di un giudice:
poteva farlo.
Invece, dopo trent’anni di vita nascosta a Nazaret,
Gesù si è recato al fiume Giordano,
insieme a tanta gente del suo popolo,
e si è messo in fila con i peccatori.
Mt 3-13-17 – «In quel tempo, Gesù dalla Galilea
venne al Giordano da Giovanni…» (v. 13)
Gesù viene dalla Galilea (v. 13), cioè da Nazaret,
territorio dove la famiglia si era stanziata
al ritorno dall’esilio egiziano (Mt 2,22).
Ma si può scorgere un altro significato in quel “venne”:
dice che l’iniziativa è sua,
risponde alla nostra incapacità di andare a lui.
Lui è il Dio che viene, che è venuto, che verrà
e che viene continuamente.
Un’altra particolarità che emerge da questo versetto
è che il venire di Gesù rappresenta
l’unico caso di incontro diretto
tra Giovanni Battista e Gesù,
sebbene i due siano legati da vincoli strettissimi.
La scena odierna, inoltre, li ritrae insieme,
quasi con il compito di un passaggio di consegne.
Mt 3-13-17 – «…per farsi battezzare da lui» (v. 13)
Lo scopo dell’incontro di Gesù con Giovanni
è di «farsi battezzare da lui».
Battezzare vuol dire andare a fondo, essere immersi.
Gesù viene per andare a fondo nella realtà umana,
per essere come tutti gli uomini, con tutti gli uomini,
in modo che nessun uomo sia più solo,
soprattutto là dove è più solo:
nel limite, nella morte, nel peccato.
E lui viene per essere lì.
Questa è la scelta fondamentale di Dio:
essere con l’uomo, l’Emmanuele,
con un amore più grande di ogni limite.
Dice san Paolo che Lui si fece maledizione
e peccato per noi.
È una scena che non va mai dimenticata,
perché è la chiave di lettura di tutto il Vangelo:
ogni brano mi mostra come Dio entra nella mia vita.
Non entra nella prepotenza, nella potenza, no,
entra con la solidarietà assoluta, con la simpatia,
con la compassione, la condivisione, la solidarietà.
Perché? Perché Lui è il Figlio e se Lui è Figlio
non può non essere solidale con i fratelli,
se no non è più Figlio:
quindi è proprio la natura del Figlio che si rivela in questo.
E ci cambia l’immaginario su Dio.
Quel Dio potente e tremendo
che tutte le religioni hanno, che è giudice,
ma dov’è?
Mt 3-13-17 – Significato del battesimo di Giovanni
È pur vero, però,
che questo «farsi battezzare» da Giovanni
costituisce un’anomalia, che va pertanto spiegata.
Al tempo di Gesù
molte sette religiose praticavano il battesimo.
Il rito aveva molti significati,
ma soprattutto uno era importante:
con l’immersione si indicava la morte di un individuo
(la sua vita passata era cancellata,
quasi fosse trascinata via dalla corrente)
e con l’emersione avveniva la nascita
di un uomo nuovo al quale, naturalmente,
veniva dato un nome nuovo.
Giovanni battezzava chi decideva di cambiare vita
al fine di prepararsi alla venuta del messia,
annunciata come imminente.
La prima condizione per ricevere il battesimo
era pertanto di riconoscersi peccatori;
e per questo che i farisei e i sadducei,
che si ritenevano giusti e senza peccato,
non ne sentivano il bisogno (Lc 7,30).
Se questo era il significato
del battesimo di Giovanni,
non si capisce la ragione
per cui Gesù lo abbia ricevuto;
egli non doveva cambiare vita
e il suo gesto poteva suggerire l’idea
che Giovanni gli fosse superiore.
Per chiarire questa difficoltà,
Matteo introduce nell’episodio il dialogo fra il Battista,
che si rifiuta di battezzare uno superiore a lui,
e Gesù che insiste perché si compia «ogni giustizia».
Mt 3-13-17 – Lo sconcerto di Giovanni
Davanti alla richiesta di Gesù,
Giovanni esplicita il suo sconcerto sia nella volontà
di bloccare l’esecuzione di tale proposito
(«voleva impedirglielo» è espresso al tempo imperfetto
che denota un’azione prolungata nel passato),
sia nelle parole che seguono:
«Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te,
e tu vieni da me?» (v. 14),
dimostrando così che ha riconosciuto in Gesù
colui di cui parlava in modo anonimo nel v. 11:
«Colui che viene dopo di me è più forte di me
e io non sono degno di portare i sandali:
egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Allo stesso tempo esprime
la radicale differenza di Gesù
rispetto ai pellegrini della penitenza
che finora erano sfilati davanti a lui
al fine di ricevere il battesimo.
Mt 3-13-17 – «Lascia fare per ora…» (v.15)
È la reazione e la risposta di Gesù
al tentativo di opposizione di Giovanni
Questo versetto è particolarmente importante
perché riporta le prime parole di Gesù
nel Vangelo secondo Matteo,
sintesi teologica se non addirittura
un programma del suo vangelo.
Anzitutto colpisce molto il fatto che Gesù
usi questo verbo, questa espressione: lascia.
Noi abbiamo la capacità di iniziativa piuttosto ridotta,
però abbiamo una capacità ostativa,
di interdizione quasi infinita; cioè un veto fortissimo
che può valere anche nei confronti di Dio.
Dio è infinitamente capace,
però se io gli dico no è no,
e Lui rispetta il mio no, posso bloccarlo.
Per cui quando sento
che Cristo dice a Giovanni: ”lascia”,
lo sento come una specie di supplica da parte sua,
quasi mendicando il mio consenso
perché se da parte nostra gli diamo il nostro consenso,
si realizza quello che Lui solo può pensare e fare.
Mt 3-13-17 – «…perché conviene
che adempiamo ogni giustizia» (v. 15).
Giovanni è invitato ad adeguarsi
e collaborare alla realizzazione della volontà di Dio,
ossia del suo progetto di salvezza (è questa «la giustizia»),
criterio ultimo e supremo di azione
anche se per lui presenta
aspetti misteriosi e incomprensibili.
Persino una persona spiritualmente matura come il Battista
incontra difficoltà ad accettare il Messia di Dio:
rimane sorpreso quando vede il santo, il giusto,
affiancarsi a quei peccatori che,
stando alla logica degli uomini, andrebbero annientati.
È la nuova, sconcertante «giustizia» di Dio.
É la «giustizia» di colui che «vuole
che tutti gli uomini siano salvati» (1 Tm 2,4).
L’autore della Lettera agli ebrei
richiamerà questa consolante verità
in termini commoventi:
Cristo non si vergogna di chiamare «fratelli»
gli uomini peccatori (Eb 2,11).
Mt 3-13-17 – «Battezzato,
Gesù subito uscì dall’acqua…» (v. 16)
L’atto del battesimo di Gesù
è solamente accennato dall’evangelista
attraverso il participio: «una volta battezzato»,
al fine di dare rilievo
a ciò che il battesimo di Gesù determina,
ossia una teofania dai tratti visivi e uditivi.
Dopo questa introduzione originale,
anche Matteo, come Marco e Luca,
descrive la scena successiva con tre immagini:
l’apertura dei cieli, la colomba, la voce dal cielo.
Mt 3-13-17 – «… si aprirono per lui i cieli…» (v. 16)
Non si tratta di un’informazione meteorologica
Non è che, fra le nubi dense e cupe, improvvisamente
sia filtrato un luminoso raggio di sole.
Se cosi fosse, Matteo ci avrebbe riferito
un dettaglio banale e di nessun interesse per la nostra fede.
Egli sta alludendo, in modo esplicito, a un brano
del profeta Isaia che è necessario richiamare.
Negli ultimi secoli prima di Cristo,
il popolo d’Israele aveva avuto la sensazione
che il cielo si fosse chiuso.
Sdegnato per i peccati e le infedeltà del suo popolo,
Dio si era ritirato nel suo mondo,
aveva smesso di inviare profeti
e sembrava avesse rotto ogni dialogo con l’uomo.
I pii israeliti si chiedevano:
quando avrà fine questo silenzio che tanto ci angoscia?
Il Signore non tornerà a parlarci,
non ci mostrerà più il suo volto sereno,
come nei tempi antichi?
Lo invocavano così:
«Signore, tu sei nostro Padre;
noi siamo l’argilla e tu colui che ci dà forma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.
Non adirarti troppo,
non ricordarti per sempre delle nostre iniquità…
Ah, se tu squarciassi i cieli e scendessi!» (Is 64,7-8; 63,19).
Affermando che, con l’inizio della vita pubblica di Gesù,
i cieli si sono squarciati, Matteo dà ai lettori
una sorprendente notizia:
Dio ha esaudito la supplica del suo, popolo,
ha spalancato il cielo e non lo richiuderà mai più.
È finita per sempre l’inimicizia fra il cielo e la terra.
La porta della casa del Padre
rimarrà eternamente spalancata
al fine di accogliere ogni figlio che desideri entrare,
nessuno sarà escluso.
Mt 3-13-17 – «… egli vide lo Spirito di Dio
discendere come una colomba» (v. 16)
«Egli vide», è un’esperienza di Gesù.
Non è cioè un fenomeno contemplato
da Giovanni o dagli altri presenti.
Matteo, inoltre, non dice che una colomba scese dal cielo,
sarebbe anche questo un dettaglio banale e superfluo,
ma che Gesù vide lo Spirito di Dio scendere dal cielo
«come una colomba e venire su di lui».
Il Battista ricorda certamente che dal cielo
non è scesa solo la manna, ma sono scesi
anche l’acqua distruttrice del diluvio (Gn 7,12),
il fuoco e lo zolfo che hanno incenerito Sodoma
e Gomorra (Gn 19,24).
Probabilmente si aspetta la venuta dello Spirito
come un fuoco divoratore dei malvagi.
Su Gesù lo Spirito si posa invece come una colomba:
è tutto tenerezza, affetto, bontà.
Mosso dallo Spirito, Gesù si accosterà ai peccatori
sempre con la dolcezza e l’amabilità della colomba.
La colomba era anche il simbolo
dell’attaccamento al proprio nido.
Se l’evangelista ha in mente anche questo richiamo,
allora vuole dirci che lo Spirito cerca Gesù,
come la colomba cerca il suo nido.
Gesù è il tempio
dove lo Spirito trova la sua stabile dimora.
Mt 3-13-17 – «…una voce dal cielo che diceva…» (v. 17)
Per la prima volta non è una citazione dell’Antico Testamento,
ma è dalla viva voce di Dio che Gesù
viene proclamato nella sua identità filiale.
Mt 3,13-17 – «Questi è il Figlio mio, il prediletto:
in lui ho posto il mio compiacimento» (v. 17)
Diversamente da Marco e Luca
che riportano: «Tu sei», Matteo scrive:
«Questi è il Figlio mio» come se
la voce del Padre non sia orientata a Gesù,
ma a Giovanni, alle folle e a noi che leggiamo.
Il richiamo è al Sal 2,7.
Nella cultura semitica il termine figlio
non indicava solo la generazione biologica,
implicava anche l’affermazione di una somiglianza.
Presentando Gesù come suo figlio,
Dio garantisce di riconoscersi in lui,
nelle sue parole, nelle sue opere e, soprattutto,
nel suo gesto supremo di amore: il dono della vita.
«Il prediletto».
Il riferimento è al racconto della prova
cui è stato sottoposto Abramo:
gli era stato chiesto di offrire il figlio Isacco,
l’unico, il prediletto (Gn 22,2.12.16).
Applicando a Gesù questo titolo, Dio invita
a non considerarlo un re o un profeta come gli altri,
egli è, come Isacco, l’unico, l’amato.
«In lui ho posto il mio compiacimento».
Conosciamo già quest’espressione
perché si trova in Is 42,1.
Dio dichiara che è Gesù il servo
di cui ha parlato il profeta, è lui l’inviato
a «instaurare il diritto e la giustizia» nel mondo.
Per portare a compimento questa missione offrirà la vita.
La voce dal cielo ribalta dunque il giudizio
pronunciato dagli uomini e smentisce
le attese messianiche del popolo d’Israele
che non poteva concepire un messia umiliato,
sconfitto, giustiziato.
Il modo con cui Dio ha adempiuto le sue promesse
ha costituito per tutti, anche per il Battista, una sorpresa.
Mt 3-13-17 – Conclusione
Da questo vangelo molto denso
possiamo trarre almeno una conclusione.
La differenza tra il Battista e Gesù
si può fissare in questo parallelo:
il Battista predica la conversione
come la condizione imprescindibile
al fine di ottenere il perdono dei peccati,
mentre per Gesù la conversione,
più che una condizione previa,
sarà piuttosto la necessaria conseguenza
del perdono divino.
Il Battista sembra dire:
«Se vi convertite, sarete perdonati».
Gesù invece dirà:
«Il Padre vi ama e vi fa grazia;
accogliete il suo perdono e convertitevi».
Foto: Tintoretto, pseudonimo di Jacopo Robusti,
Il battesimo di Cristo, 1580 ca, olio su tela
(283 x 162 cm), Chiesa di San Silvestro, Venezia /
it.wikipedia.org