Mt 1,18-24 – Domenica IV di Avvento – Anno A
Contesto
Mt 1 – Il Vangelo di oggi
fa parte del cosiddetto «Vangelo dell’infanzia»,
che comprende i cc. 1-2 del Vangelo secondo Matteo.
I Vangeli dell’infanzia sono propri di Matteo e Luca;
non si trovano in Marco e in Giovanni.
Oggi vediamo più da vicino la versione fornita da Matteo.
A lui appartengono le narrazioni
del sogno di Giuseppe (Mt 1,18-25, il Vangelo di oggi),
della venuta dei magi (Mt 2,1-12),
della strage dei bambini di Betlemme (Mt 2,16-18)
e della fuga in Egitto (Mt 2,13-15).
Sono narrazioni che si trovano solo in Matteo;
non si trovano già più nel Vangelo secondo Luca.
Perché questa diversa impostazione
del contenuto dei «Vangeli dell’infanzia»?
Perché sono diversi i destinatari dei due evangelisti
ed è diversa l’angolatura
da cui essi presentano la figura di Gesù.
I destinatari di Matteo sono ebrei.
Essi conoscono molto bene le Scritture sacre
e desiderano confrontare sia la persona di Gesù
sia la sua attività con i grandi personaggi dell’AT.
Per questo Matteo si impegna a confrontare
gli avvenimenti della nascita e dell’infanzia di Gesù
con i testi più significativi dell’Antico Testamento.
Nel nostro caso con la profezia di Is 7,14.
L’angolatura dalla quale Mt presenta la figura di Gesù
è perciò squisitamente biblica.
Nel suo Gesù confluiscono le profezie
e i testi messianici più significativi:
per questo il lettore ebreo di Matteo
è guidato alla fede in Gesù riconosciuto come il Messia
atteso e finalmente presente nel suo popolo.
Mt 1 – Importanza data a Giuseppe
Questa angolatura spiega, inoltre,
l’importanza data a Giuseppe nel Vangelo di oggi.
Maria è quasi messa in ombra. Perché?
Perché Matteo vede in Giuseppe
la linea della discendenza davidica
dalla quale sarebbe nato il Messia,
secondo tutta la tradizione biblica.
Giuseppe, «discendente di Davide» che sposa Maria,
inserisce perciò Gesù nella linea delle promesse bibliche
fatte ad Abramo e alla sua discendenza.
Mt 1,18 – «Così fu generato Gesù Cristo»
Inizia così il brano evangelico di oggi,
ma invece di parlare della nascita,
racconta l’annuncio a Giuseppe
della maternità verginale della sua sposa.
Maria, promessa sposa di Giuseppe,
si trova incinta prima che andassero a vivere insieme.
Il lettore è subito informato
che è opera dello Spirito Santo,
ma questo Giuseppe non lo sa.
L’inaspettata maternità di Maria deve avere creato
un terremoto nel cuore di Giuseppe.
Egli è consapevole che il figlio non è suo.
Che fare?
Far finta di niente e accettarla come sposa?
Rimarrebbe l’ombra del tradimento.
Far scattare la legge di Dt 22,20-21:
denunciarla e lapidarla
al fine di estirpare «il male in mezzo a te»?
Matteo dice che Giuseppe è «giusto»
e non vuole ripudiarla.
Nel giudaismo il termine «giusto» designa
chi osserva in modo integro la Legge
o chi è misericordioso.
Giuseppe non vuole esporre Maria
alla condanna a morte.
Esita. In forza del suo affetto,
pensa a una terza soluzione,
che consiste nel licenziare Maria in segreto,
senza spiegare il motivo.
A quel punto Maria non sarebbe più adultera,
ma ripudiata.
Mt 1 – Il matrimonio ebraico
Per comprendere lo stato d’animo di Giuseppe
occorre ricordare le usanze matrimoniali
al tempo di Gesù.
Il matrimonio avveniva in due fasi o momenti.
La prima, ossia fidanzamento-matrimonio,
consisteva nel rito per cui gli sposi,
dopo aver dato il loro consenso
alla presenza dei rispettivi genitori e testimoni
erano dichiarati ufficialmente marito e moglie.
La seconda, ossia nozze,
che consisteva nella festa nuziale
e l’inizio della convivenza coniugale,
che si celebrava circa un anno dopo.
Fu durante questo intervallo che ebbe luogo
l’annunciazione dell’angelo a Maria
e la sua gravidanza per opera di Spirito Santo.
«… Maria, essendo sposa promessa di Giuseppe,
prima che andassero a vivere insieme
si trovò incinta
per opera dello Spirito Santo» (Mt 1,18).
Mt 1,20 – «Mentre però stava considerando queste cose,
gli apparve in sogno un angelo del Signore…»
È la prima volta nel Vangelo secondo Matteo
dove appare questa espressione «angelo del Signore».
Dio, nella cultura ebraica, è lontano dagli uomini e,
quando deve intervenire nella loro vita,
non si presenta mai direttamente nella sua divinità,
ma come «l’angelo del Signore».
«L’angelo del Signore», pertanto,
non significa un angelo inviato da Dio,
ma è Dio stesso quando entra in contatto,
in comunicazione con gli uomini.
E perché in sogno?
Poiché nel mondo ebraico
(si è detto che Mt scrive per una comunità di Giudei)
si evita il contatto diretto tra Dio e gli uomini,
allora Dio interviene in sogno:
«Se ci sarà un vostro profeta, io Jahwè in visione
a lui mi rivelerò, in sogno gli parlerò» (Nm 12,6).
Il sogno, quindi, è il modo con cui Dio
comunica con gli uomini.
Mt 1,20 – «e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide,
non temere di prendere con te Maria, tua sposa»
L’angelo si rivolge a Giuseppe
chiamandolo “figlio di Davide”
perché egli, pur non essendo il padre,
ha un ruolo di primo piano nella nascita di Gesù,
in quanto permette di inserirlo
nella discendenza davidica,
destinataria della promessa messianica.
Giuseppe pensava di allontanare Maria
e Dio gli chiede, invece,
di accoglierla nella sua casa,
Quel «prendere con te» è un chiaro invito
a compiere il secondo momento
del rito matrimoniale, ossia a convivere insieme.
Ed è qui che scatta la grande rivelazione
del mistero che sta compiendosi in Maria:
Mt 1,20 – «Infatti il bambino che è generato in lei
viene dallo Spirito Santo»
C’è qui l’assicurazione di Dio
che Maria non è una donna adultera,
non ha tradito Giuseppe,
ma in lei si è creato qualcosa di nuovo,
è una nuova creazione che in Maria prende forma.
Mt 1,21 – «ella darà alla luce (letteralmente partorirà)
un figlio e tu lo chiamerai Gesù:
egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Essa partorirà un figlio;
non fa un figlio, non lo fa lei
è già fatto, anzi è già concepito.
Se Maria, per un’azione divina, genererà Gesù,
Giuseppe ha il compito di dargli un nome, di educarlo
e di prendersi cura del bambino e della madre.
Notiamo che il figlio di Maria riceverà due nomi.
Questo, nella nostra lingua italiana,
non si può comprendere, ma nell’ebraico sì:
Gesù in ebraico è Jeshuà,
ed il verbo salvare, al futuro, salverà, si dice joshuà;
quindi in ebraico c’è un gioco di parole:
lo chiamerai Jeshuà – Gesù,
egli infatti joshuà, salverà il suo popolo.
Matteo riporta a commento la profezia di Isaia
al fine di spiegare l’inattesa maternità di Maria:
Mt 1,13 – «Ecco, la vergine concepirà
e darà alla luce un figlio:
a lui sarà dato il nome di Emmanuele».
In questo versetto Matteo cita Is 7,14,
rassicurando in questo modo Giuseppe:
l’evento imprevedibile, che egli si trova a vivere,
fa parte di una storia che trova nella parola di Dio
la sua spiegazione ultima.
Giuseppe non chiede di più, a lui basta sapere
che quella storia ha il timbro di Dio.
Questo figlio
che sta per nascere avrà pertanto due nomi:
Gesù, il nome personale, che vuol dire «Dio salva»,
ed Emmanuele, che vuol dire «Dio con noi», ossia
Dio come compagnia, come dono,
come vittoria sulla solitudine, come comunione,
soprattutto come amore.
Allora, se Dio è con noi, non è più un Dio da cercare,
ma da accogliere, e con Lui e, come Lui,
andare verso gli uomini.
Mentre prima l’umanità viveva per Dio,
era orientata verso Dio, il traguardo era Dio,
ora l’umanità con Gesù vive di Dio, e, con Lui e come Lui,
porta questa onda d’amore ad ogni creatura.
Mt 1,24 – «Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece
come gli aveva ordinato l’angelo del Signore
e prese con sé la sua sposa».
Il sonno di Giuseppe si trasforma.
La Parola del Signore trasforma i dubbi e i sogni:
è il segno di un risveglio, di una resurrezione.
E la risurrezione nasce dopo una lunga prova.
L’eccomi di Giuseppe non è fatto di parole ma di gesti,
i dubbi e le domande lasciano il posto all’umile obbedienza.
Giuseppe non rinuncia a comprendere
ma non pretende di misurare la volontà di Dio
con la sua ragione.
Foto: Domenico Guidi, Il sogno di Giuseppe,
Santa Maria della Vittoria, Roma /
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