Apparizione

Apparizione – XVI Domenica del Tempo Ordinario – Gn 18,1-10a – Anno C

Premessa

Apparizione – Con la prima lettura di oggi (Gn 18,1-10a)
passiamo a una narrazione di grande suggestione,
ambientata sotto le tende del deserto.

Già da Gn 13,18 sappiamo che Abramo risiede
nella zona di Ebron, presso il querceto di Mamre.
È su questo sfondo che adesso la Tradizione Jahvista
sviluppa il nostro episodio che tanta eco
ha avuto nella storia dell’arte cristiana.

L’episodio dell’apparizione alle querce di Mamre
di tre uomini inviati da Dio ad Abramo
ha il suo culmine nell’annuncio
della nascita di un figlio a distanza di un anno:

Abramo che dapprima ha abbandonato la sua terra,
la sua parentela, la casa di suo padre,
ricevendo da Dio la garanzia
di divenire una grande nazione (Gn 12,1),

e certamente ha creduto nel Signore
che gli ha promesso una discendenza
numerosa come le stelle del cielo
e la sabbia del mare (Gn 15,5-6),

attende adesso con impazienza
il compimento dell’impegno
che Dio si è assunto nei suoi confronti,
stabilendo un’alleanza perenne
con lui e con la sua discendenza (Gn 17,7).

Introduzione

«Poi il Signore apparve
ad Abramo alle querce di Mamre» (v. 1).

Il brano inizia con un’apparizione
che diventa ben presto una visita.

Il narratore indica fin dall’inizio
a beneficio del lettore
chi è colui che appare: si tratta di Dio.

Per la verità, l’apparizione dei tre misteriosi personaggi
che si profilano davanti alla tenda di Abramo,
interpretati come figure angeliche
e persino come un simbolo della Trinità
nella tradizione cristiana,
è in realtà un “antropomorfismo”,
cioè una raffigurazione di Dio sotto spoglie umane:

non per nulla Abramo nel v. 3 si rivolge a loro
come se fossero un’unica figura
(«Mio Signore, non passar oltre senza fermarti»).

Il luogo dell’apparizione
è rappresentato dalla Querce di Mamre, ad Ebron.
Abramo, all’inizio, è seduto all’ingresso della tenda,
e sta riposando nell’ora più calda del giorno.
Due versetti prima (Gn 17,26),
il testo sacro nota che egli era stato circonciso.
È dunque “convalescente”.

Apparizione – I tre misteriosi personaggi

L’azione narrativa dell’apparizione inizia
nel mentre Abramo alza gli occhi
e scorge nel frattempo la presenza di tre uomini
che stanno presso di lui;
si dirige subito verso di loro
e si prostra innanzi in segno di accoglienza (v. 2).

È evidente l’incongruenza tra il v. 1 e il v. 2:
i tre uomini sono ambasciatori dell’unico Dio,
ma Abramo, all’inizio, ignora la loro identità,
per conto di chi siano giunti presso di lui
e quale sia la ragione della loro visita.

Il racconto dell’apparizione è davvero ben congegnato
e inoltre pone il lettore in una posizione cognitiva
superiore rispetto al protagonista:
a differenza di Abramo, infatti,
il lettore sa che, attraverso i tre uomini,
è Dio stesso che si presenta
alla tenda del patriarca.

Tuttavia, la curiosità non manca:
perché il Signore sceglie di manifestarsi
in tal modo, pur avendo precedentemente
rivelato apertamente ad Abramo
la nascita di Isacco (Gn 17,19)?

In realtà, Abramo aveva reagito
ridendo a tale notizia,
come accadrà anche a Sara (Gn 18,12):
stentava infatti a ritenere plausibile
che un uomo in tarda età,
coniugato per di più con una donna anziana
e sterile qual era Sara, potesse ottenere un figlio.

Apparizione – L’ospitalità

Abramo non sa dunque chi siano i tre personaggi,
eppure, non appena vede i «tre uomini»
in piedi presso di lui, scatta subito verso di loro,
ordina di portare dell’acqua
perché possano rinfrescarsi i piedi
e li fa sedere sotto l’albero.

Poi coinvolge anche sua moglie Sara
e le ingiunge di cuocere, sollecita, delle focacce (v. 6),
mentre egli stesso corre all’armento,
sceglie un vitello tenero e lo dà al servo
che immediatamente lo prepara,
offrendo poi il tutto unitamente
a latte acido e latte fresco (vv. 7-8).

Va considerato che in questa apparizione
c’è, anzitutto, un crescendo nel rispetto,
reso visibile dalla posizione.

Infatti, se all’inizio Abramo sta seduto
e gli ospiti in arrivo sono ovviamente in piedi,
ora la situazione si capovolge:
gli ospiti stanno seduti alla mensa imbandita
mentre Abramo sta in piedi in segno di rispetto,
e pronto a rispondere a ogni loro bisogno.

I tre uomini dell’apparizione
svelano il motivo della loro visita

Dopo aver consumato il pasto offerto,
chiedono ad Abramo dove è Sara (v. 9);
ella non è presente mentre i tre uomini
si intrattengono sotto l’albero,
ma sta però origliando dietro la tenda.

Per questo motivo, dunque,
non può fare a meno di udire
le parole pronunciate da uno degli ospiti:
«Tornerò sicuramente da te
fra un anno a questa data
e Sara, tua moglie, avrà un figlio» (v. 10a).

Si noti, anzitutto, il passaggio
dal plurale del v. 9 («Poi gli dissero»)
al singolare del v. 10 («Riprese: “Tornerò da te”»);
la traduzione greca dei LXX
riporta il singolare anche al v. 9.

Inoltre, rispetto alla precedente
promessa divina (cf Gn 17,16.19),
in questa apparizione si stabilisce una data certa
in cui Abramo e Sara otterranno
il figlio tanto atteso e desiderato;
sarà certamente la sterile e anziana Sara
a partorire nell’arco di un anno.

Infine, il figlio che nascerà è promesso
come ricompensa per l’ospitalità
(in 17,16.19 lo è in forza dell’Alleanza).

Apparizione – La nascita di Isacco

La traduzione italiana
«Tornerò da te fra un anno a questa data»
dovrebbe essere resa letteralmente
«Tornerò al tempo della vita» (v. 10).

L’apparizione di Dio è certo un canto alla vita,
ovviamente quella che il Signore offre
nella persona del nascituro,
ma anche quella che Abramo ha dimostrato
di saper valorizzare nella persona degli ospiti.

In questo caso,
anche Sara può udire con le sue orecchie
il disegno che il Signore ha su di lei;
non dovrà rassegnarsi perciò a vedere
il figlio della sua schiava, Ismaele,
come erede della promessa
fatta da Dio a suo marito (cfr Gn 16,1-4).

Sarà dunque suo figlio a ottenere in sorte
tutto ciò che è stato garantito ad Abramo.
In effetti, Isacco è il figlio della benedizione divina,
con la quale Dio stabilisce la sua alleanza perenne.

Apparizione – Conclusione

Il nome del figlio, Isacco,
deriva dalla radice semitica shq,
che significa «sorridere»,
alludendo di fatto alla reazione di Abramo e di Sara
alla notizia della nascita di un figlio.

Ciò che appare impossibile al raziocinio umano,
non è impossibile a Dio,
che così dà pieno compimento
all’alleanza stabilita con Abramo;

è certamente il segno della benedizione divina
che fa di un uomo, ormai anziano,
e di una donna, segnata dalla condizione di sterilità,
una grande nazione sulla quale Dio veglia come custode.

Recezione di questa apparizione
nella tradizione cristiana

L’esegesi patristica ha letto nell’apparizione
dei tre misteriosi personaggi
un indizio della Trinità,
anche se è risaputo
che la rivelazione trinitaria
sarà una nota caratteristica del Nuovo Testamento.

In questo caso,
il brano ha ispirato un capolavoro dell’arte universale,
l’icona della Trinità simboleggiata dai tre angeli,
opera del monaco russo Rublev (1370-1430 circa).
Questa icona ha portato ovunque nel mondo
il brano della visita di Dio ad Abramo.

Foto: Andrej Rublëv, La Trinità,
o Ospitalità di Abramo (part.) (1422 ca,),
Galleria statale di Tret’jakov, a Mosca /
it.wikipedia.org

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