Comandi

Comandi – XV Domenica del Tempo Ordinario – Dt 30,10-14 – Anno C

Contesto

Comandi – La prima lettura di oggi è inserita
nel terzo discorso (Dt 28,69-30,20),
pronunciato da Mosè
all’indirizzo del popolo presso Moab,
alla vigilia dell’ingresso nella terra promessa.

Si tratta di un secondo patto,
allo scopo di attualizzare nel tempo presente
la relazione tra Dio e il popolo
che Mosè ha condotto attraverso il deserto
alle soglie del territorio di Canaan.

L’enfasi è posta soprattutto
sulle esigenze e sulle conseguenze
che vincolano i contraenti dell’alleanza,
vale a dire il Signore e il suo popolo.

Appare necessario, pertanto,
rinnovare il vincolo di fedeltà,
più volte infranto dalla generazione del deserto;

solo chi si impegna ad accogliere
e mettere in pratica tutte le norme
che il Signore ha dettato
per mezzo del suo servo Mosè
potrà infatti accedere al luogo
che è stato promesso agli antichi padri.

In particolare, il brano odierno
rappresenta la perorazione finale
del discorso di Mosè incentrato sul pentimento
e sul ristabilimento di Israele (Dt 29,28-30,14);

Mosè si rivolge all’assemblea
adunata di fronte a lui, esortandola dapprima a pentirsi
e poi a prestare ascolto alla voce del Signore,
mettendo in pratica tutti i suoi comandi (Dt 30,8).

Alla conversione del popolo
corrisponde la volontà di Dio,
che si volge ai suoi eletti
e gioisce per ciascuno di essi
in vista del bene (v. 9).

Testo – Prima parte

È precisamente a questo punto
che si aggancia l’invito di Mosè
ad obbedire alla voce del Signore (v. 10a);

il verbo šm` significa
porsi in atteggiamento di ascolto,
come presupposto inderogabile
per maturare uno stile obbediente
nei confronti del Signore.

Il richiamo all’ascolto,
così come la formula «Signore tuo Dio»,
echeggia la professione di fede di Dt 6,4:
«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio,
unico è il Signore».

La fede nasce perciò dall’ascolto:
l’Israelita, infatti, impara a credere
non solo perché si sforza di udire
la parola del Signore,
ma anche perché la fede è trasmessa
di padre in figlio mediante il racconto;

nell’esperienza dell’esodo dalla schiavitù d’Egitto,
il Signore si è rivelato come l’unico Dio,
che ha sbaragliato le divinità egiziane
e ha condotto il popolo fino alla terra promessa.

Testo – Seconda parte

Tuttavia, non basta ascoltare;
è altrettanto necessario osservare i suoi comandi
e i suoi decreti scritti nel libro della legge (v. 10b).

Il verbo šmr presenta un’interessante assonanza con šm`,
che denota l’atto di ascoltare,
quasi a voler significare
che l’ascolto è autentico solo
se approda all’osservanza
e disciplina la prassi dell’esistenza quotidiana.

Testo – Terza parte

Ascoltare e osservare i precetti divini
consentono inoltre di convertirsi al Signore (v. 10c).
la conversione è espressa con il verbo šûbh
che esprime l’idea del ritorno:

in effetti, se il peccato e l’infedeltà
allontanano da Dio,
il pentimento è l’unica strada percorribile
per tornare a Dio.

Perché il pentimento sia sincero
e possa maturare frutti di autentica conversione,
è necessario inoltre coinvolgersi
«con tutto il cuore e con tutta l’anima».

Il cuore è la sede della volontà e della decisione,
mentre l’anima indica l’essere umano nella sua interiorità:
nella sua relazione con Dio, l’uomo deve coinvolgersi
senza riserve, nella sua dimensione
emotiva, intellettiva e volitiva.

Testo – Quarta parte

Il comando che il Signore porge al suo popolo
non è tuttavia irraggiungibile né inaccessibile (v. 11);
non è posto nell’alto dei cieli,
né è nascosto negli abissi marini.

Nessuno potrà esimersi dall’eseguirlo,
perché nessuno dovrà salire in cielo
o attraversare i mari
per afferrarlo e renderlo udibile (vv. 12-13).

La parola che il Signore pronuncia
è di per sé efficace,
perché realizza ciò che annuncia
ed è vicina a chiunque è disposto
ad accoglierla e a praticarla (v. 14);

è sulla bocca,
perché possa essere proclamata;
è sul cuore,
perché possa essere realizzata.

Comandi – Commento1

Sembra che il grande maestro (Moshé morenu,
«Mosè nostro maestro» è il titolo abituale
con il quale i rabbini chiamano Mosè),
raccolga qui, alla fine, le idee salienti,
quelle che devono imprimersi a fuoco
nella mente degli uditori.

Anche se la prima lettura di oggi
non contiene esplicitamente la parola “amore”,
la sua collocazione autorizza a farla emergere.

Il nostro testo infatti è incastonato
dopo la richiesta di osservanza della legge e
di conversione a Dio «con tutto il cuore
e con tutta l’anima» (v. 9)
Subito dopo il nostro testo, si legge:

«Vedi, io pongo oggi davanti a te
la vita e il bene, la morte e il male;
perché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio,
di camminare per le sue vie, di osservare
i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme,
perché tu viva…» (vv. 15-16).

L’osservanza della legge del Signore
diventa quindi manifestazione dell’amore per Lui.
E la legge del Signore è il “comando” del v. 11
e la “parola” del v. 14.

Comandi – Commento2

Potrebbe sembrare un impegno soverchiante,
praticamente impossibile,
se il Signore non assicurasse che tale comando
non è «troppo alto per te,
né troppo lontano da te»,

anzi, «questa parola è molto vicina a te,
è nella tua bocca e nel tuo cuore».
Viene così delegittimato
ogni tentativo di fuga o di esonero.

Non si dice perché e come tale comando-parola
abbia possibilità di attuazione.

La risposta verrà in parte dal profeta Geremia,
che parla di una legge scritta nel cuore
che crea comunione con Dio (cfr Ger 31,33-34)
e dal profeta Ezechiele
che parla del dono dello spirito divino
per l’osservanza delle leggi (cfr Ez 36,27).

Tutti, comunque, concordano nell’affermazione
che Dio stimola a fare il bene.
L’amore di Dio mette l’uomo
in condizione di rispondere:
l’Amore chiama amore.

Quando nel cuore canta una passione,
lo sforzo non viene certo eliminato,
però è ridotto sensibilmente e talora trasformato.
Per questo il vero amore conduce verso il dono di sé,
spingendosi anche nelle regioni impervie dell’eroismo.

Foto: Visione di Trento
dalla Casa di Riposo Civica San Bartolameo /
Foto personale

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