Gesù deposto dalla croce. Tredicesima stazione. Pietà per i vivi
Via Crucis del malato – Cammino di speranza
Gesù deposto dalla croce. Questa scena
è indicata di solito come «la Pietà»,
e protagonista è la Madonna
che accoglie fra le sue braccia il Figlio morto.
Al fine di capire che cosa sia la pietà,
e come si manifesti,
non ho sicuramente bisogno di leggere libri che me la descrivano.
Tengo infatti incisi dentro i suoi lineamenti,
i gesti, gli atteggiamenti.
E, se e solo se ho bisogno di una raffigurazione,
penso a una qualsiasi delle «Pietà»
create da Michelangelo
(è stupefacente infatti che un artista forte come lui
abbia saputo impiegare il suo ruvido scalpello
al fine di cavar fuori dalla pietra tanta dolcezza;
il che sta indubbiamente a indicare che la vera pietà
non ha niente a che vedere con le svenevolezze,
il sentimentalismo, le sdolcinature,
la condiscendenza, la commiserazione, la debolezza,
ma è invece una forza, una potenza).
C’è sicuramente bisogno di pietà, oggi.
Pietà per i vivi, non solo per i morti.
Può essere facile infatti piangere su una bara,
commuoversi a un funerale,
portare fiori davanti a una tomba,
sospirare al ricordo di un defunto.
Ma bisogna certamente portare un fiore a qualcuno
perché non muoia di solitudine.
Inoltre avere il coraggio di posare una carezza
su un volto sfatto dal dolore.
Ancora: asciugare qualche lacrima,
e soprattutto non farne versare.
Infine, coltivare il ricordo dei vivi.
Gesù è deposto dalla croce.
Penso naturalmente
a un grande esperto di pietà cristiana,
san Camillo de Lellis,
che negli ospedali
celebrava una stupefacente liturgia della misericordia,
della tenerezza, della sensibilità,
inoltre pretendeva che coloro che si accostavano al letto di un malato
impiegassero mani e cuore di madre.
La sua testimonianza,
insieme a quella di san Giovanni di Dio,
resta sostanzialmente valida anche oggi,
soprattutto oggi,
perché non abbia ad allargarsi sempre più
l’ombra raggelante della disumanizzazione
sulle sventure degli uomini.
Gesù deposto dalla croce.
Vorrei perciò offrire una specie di Decalogo,
ricavato dalla lezione impartita
e illustrata dagli esempi pratici
forniti da san Camillo de Lellis e san Giovanni di Dio.
Lo dedico soprattutto a coloro che assistono gli infermi.
Resta inteso tuttavia che,
da parte mia,
ci metto tutta la buona volontà
al fine di favorirne l’osservanza,
o almeno non renderla troppo ardua.
Dunque:
Io sono il malato tuo padrone e signore:
1. Onorerai la dignità e la sacralità della mia persona,
immagine del Cristo sofferente nella sua Passione.
2. Mi servirai, come madre affettuosa e tenerissima,
con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza,
con tutta la fantasia, con tutte le forze
e con tutto il tuo tempo.
3. Ricordati inoltre di dimenticare te stesso.
4. Non nominare il nome della carità invano.
Parlerai preferibilmente con i piedi,
le ginocchia
e soprattutto con le mani.
5. Guardati dal commettere distrazioni.
Soprattutto pratica la memoria del cuore.
6. Non uccidere la mia speranza con la fretta,
la ciabattoneria, l’impreparazione;
evita l’indelicatezza, l’irritazione,
come pure l’impazienza, la volgarità.
7. Mi considererai un tutto.
E tu ci sarai tutto in quello che fai.
Perciò non imprigionarmi in una cartella clinica
e non nasconderti dietro il tuo ruolo professionale.
8. Soprattutto non sconsacrare il tuo cuore
con il pensiero dominante del denaro.
9. Desidera fortemente la mia guarigione.
Non dimenticare
che sono entrato all’ospedale per uscirne,
sano, il più presto possibile.
10. Inoltre non esitare a rubare il mio peso,
a impossessarti della mia sofferenza.
Quando non puoi togliermi il dolore,
almeno condividilo.
… E quando avrai fatto tutto quello che devi fare,
allorché sarai stato ciò che devi essere,
quando non ti sarai tirato indietro
di fronte a nessuna incombenza fastidiosa
e a nessun compito ripugnante…
non ti scordare di ringraziarmi.
Questi Dieci Comandamenti non hanno alcun valore,
se restano scolpiti soltanto sulla pietra,
o solo scritti sulla carta.
Infatti di leggi e documenti e libri
ce ne sono anche troppi,
ma non è che migliorino la situazione.
La pietà cerca la superficie morbida del cuore.
Soltanto seminata su quel terreno,
può portare frutto.
Gesù deposto dalla croce.
Preghiera
Gesù,
Ti ringrazio perché, fortunatamente,
anche nel mondo d’oggi
ci sono persone che imitano il gesto di Tua Madre
quando Ti ha accolto tra le sue braccia
dopo che Ti avevano schiodato dalla croce.
E soprattutto lo ripetono nei confronti dei vivi,
non solo dei morti.
La pietà resta infatti l’unica maniera efficace
per schiodare dalla sua croce un povero cristo
che non ce la fa più.
Signore,
da parte mia
ti offro le mie sofferenze,
i tormenti, le umiliazioni,
oltre al malessere, ai bocconi amari
che devo trangugiare inzuppati di lacrime,
le delusioni
perché spuntino dovunque questi fiori delicati
che facciano retrocedere il deserto della disumanizzazione
che ci minaccia,
sconfiggano col loro profumo delicato l’aria avvelenata
che ci soffoca.
Gesù,
fa’ che tutti,
ma soprattutto le persone religiose,
abbiano il coraggio di rischiare il cuore,
non vergognarsi della loro umanità.
E si diffonda la consapevolezza
che un fiore ha il potere di tenere in vita una persona
quando tutto sembra perduto.
È vero: ci si può, e ci si deve
attaccare alla maschera dell’ossigeno.
Ma anche quando questa sembra insufficiente,
resta pur sempre la possibilità
di attaccarsi al colore e al profumo di una rosa.
Cosi sia.
Alessandro Pronzato,
Via Crucis della Speranza. Tre itinerari,
Gribaudi Editore, Milano 1995, pp. 58-62.
Foto: Disegno a matita di Salomoni Fausto